Feste barocche in Sicilia: l’esaltazione della città di Palermo attraverso il festino di Santa Rosalia

Urna argentea di S. Rosalia, Palermo, cattedrale (foto di Emanuele Riccobene)

Nei giorni che vanno dal 10 al 15 luglio è festa grande a Palermo. È il periodo in cui la città celebra S. Rosalia (u Fistinu come lo chiamano i palermitani, con la loro tipica tendenza a ironizzare sulle grandi cose).

Non si tratta, però, della festa patronale, della ricorrenza liturgica di S. Rosalia – quella viene celebrata il 4 settembre – ma dell’anniversario del ritrovamento delle ossa (o ‘invenzione delle reliquie’) avvenuto nel 1624 e della conseguente liberazione dal morbo della peste.

Festa grande dunque, a discapito del nome, attraverso la quale il popolo tutto ritorna a manifestare il proprio attaccamento alla sua patrona; ma anche una celebrazione dai tanti influssi barocchi, tipici delle celebrazioni e delle più importanti manifestazioni e ricorrenze seicentesche.

Cosa significa, dunque, questa festa in queste date? Procediamo con ordine.

Storia e leggenda si intrecciano. Nel 1624 la città di Palermo fu colpita dalla peste, portata da un’imbarcazione mercantile attraccata ‘clandestinamente’. Nonostante i diversi tentativi di arginare il contagio vi fu poco da fare. La gente cominciò allora ad implorare anche l’aiuto divino ma nulla poterono le quattro sante compatrone della città (S. Ninfa, S. Cristina, S. Agata e S. Oliva). Finché un giorno una donna, in preda al delirio a causa di febbri, riferì di aver avuto la visione di S. Rosalia che le avrebbe indicato il luogo ove erano seppellite le sue ossa sul monte Pellegrino; la santa aggiunse anche che, una volta portate le reliquie in processione per la città, il morbo sarebbe cessato. Così venne fatto: le ossa furono trovate ove indicato e portate al palazzo arcivescovile dall’allora cardinale Giannettino Doria. Il cardinale, in attesa di farle analizzare da un’apposita commissione, dispose che esse venissero conservate nel palazzo arcivescovile, all’interno di una cassa di legno; poi, nel febbraio 1625, grazie anche alla confessione di un tal Vincenzo Bonello, che venne messa per iscritto da un notaio, si giunse al riconoscimento dei resti come appartenenti alla santa. Le ossa vennero successivamente trasferite in cattedrale. Nel frattempo, per miracolo, la peste sparì. E a Palermo fu Fistinu.

In particolare le feste furono due: una religiosa, organizzata dal clero palermitano, e l’altra laica, preparata dal Senato cittadino (l’amministrazione comunale di allora) che già dal Cinquecento aveva la completa gestione di tutti gli eventi e manifestazioni in città [1].

Culmine della celebrazione religiosa era la processione dell’urna contenente le reliquie della santa, che si svolgeva – e si svolge ancora oggi – il 15 luglio. Due furono le urne, commissionate dal Senato: la prima, nel 1625, in argento e cristalli, venne poi sostituita a partire dal 1631 – ed è oggi collocata in cattedrale, nella cappella delle reliquie – quando venne realizzata l’attuale urna argentea su disegno dell’architetto del Senato Mariano Smiriglio [2]. Essa riflette appieno il nuovo gusto barocco che, in quegli anni, si stava affermando in città e in tutta Europa.

Urna argentea di S. Rosalia, Palermo, cattedrale (foto di Emanuele Riccobene)

Sullo svolgimento del primo Festino abbiamo una descrizione completa tramandataci da Onofrio Paruta, figlio di Francesco che fu l’ideatore dell’arco trionfale voluto dal Senato e allestito in piazza Vigliena (i Quattro Canti) [3]. Dalla lettura della relazione emerge una festa che vuole essere anche esaltazione della città: l’enorme corteo, che partì dalla cattedrale, era predisposto tenendo conto della suddivisione gerarchica della società palermitana. L’itinerario andava dalla cattedrale fino alla Porta Felice – attraversando tutto il Cassaro (attuale corso Vittorio Emanuele II) parato a festa – per poi proseguire per la via Colonna (attuale Foro Italico) e attraverso vie interne tornare in cattedrale. E lungo il percorso, ad omaggiare le reliquie poste nell’urna, collocata al termine del corteo e seguita dall’arcivescovo, dal pretore di Palermo, dal nobile più anziano della città e, in ultimo, dal popolo, vi erano una serie di archi trionfali, allestiti da ciascuna delle ‘nazioni’ (comunità ‘straniere’) che abitavano Palermo, e altari preparati dalle congregazioni religiose e ricchi di tessuti damascati, frange argentate, velluti, sete, ricami oltre che preziosi arredi sacri; lo stesso Cassaro – palcoscenico della città – era addobbato con altre decorazioni che adornavano i vari palazzi nobiliari. Al termine della processione, sul piano della cattedrale, vi fu poi lo sparo dei fuochi artificiali, anch’essi preparati in modo tale da meravigliare con le loro scenografie legate all’esaltazione della santa.

Il festino si configurava, dunque, come il trionfo dello sfarzo e delle architetture effimere, tutto abilmente orchestrato dal Senato che, con ciò, ricercava il consenso delle masse.

Al Festino del 1625 non ne seguirono altri fino al 1649. Quest’ultimo venne organizzato, sempre a cura del Senato, dando ampio spazio sia alle celebrazioni laiche che a quelle religiose. Vi furono alcuni elementi in comune col primo e alcune ‘innovazioni’: in cattedrale non solo venne mantenuto l’apparato decorativo per l’altare maggiore, ma furono anche allestite decorazioni per tutta la chiesa, volte ad istruire il popolo attraverso il significato allegorico delle loro immagini; il corteo processionale prevedeva ancora gli archi trionfali lungo il Cassaro; da quest’anno il Senato aumentò il numero dei giorni festivi, portandoli a cinque. Ma la novità più importante fu l’introduzione del carro trionfale, nel 1686, realizzato su disegno di Paolo Amato. L’introduzione del carro voleva richiamare alla mente gli ingressi trionfali, in città, dei vari viceré o altre personalità di rilievo; ma con S. Rosalia si voleva trasmettere soprattutto un messaggio allegorico molto chiaro: da un lato la santa che predomina sulla città, raffigurata, nella macchina decorativa del carro, dall’aquila simbolo del Senato; dall’altro lato la ‘magnificazione di Palermo’, l’esaltazione della città – e delle sue gerarchie – definita «città ‘felice’ perché fedele alla monarchia»[4]. Da questo punto di vista, allora, il Festino diviene semplicemente uno strumento funzionale all’obiettivo del Senato e perpetrato attraverso l’utilizzo delle decorazioni barocche, del ricorso all’effimero e dello stesso riassetto urbanistico della città (infatti tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento venne dato l’avvio ai tanti cantieri che trasformarono il volto di Palermo in senso barocco – tra tutti si ricordano il taglio della via Maqueda, con la conseguente realizzazione della croce di strade ai Quattro Canti, e la costruzione, nello stesso punto, delle quattro grandi facciate concave del Teatro del Sole – operazione ricordata come la costruzione di ‘Palermo capitale’).

Cosa resta oggi di tutto ciò? Sono spariti gli effimeri archi trionfali delle varie nazioni (sostituiti dalle attuali luminarie, in particolare quelle montate a chiusura dell’ottagono dei Quattro Canti); la cattedrale non è più addobbata come un tempo; è sparito il corteo, suddiviso nelle sue pompose gerarchie. Il Festino ha assunto un carattere più ‘popolare’ ma sempre festoso. I festeggiamenti durano sempre cinque giorni (dal 10 al 15 luglio). La sera del 14 luglio si ha la festa ‘laica’: il grande carro trionfale, ancora allestito seguendo le indicazioni del direttore artistico (cui l’amministrazione comunale affida la preparazione dei festeggiamenti), parte dal piano del Palazzo Reale – o Palazzo dei Normanni –, giunge in cattedrale sul cui piano viene messo in scena uno spettacolo che ripropone le vicende della santa e del suo ritrovamento. Al termine il carro prosegue lungo il corso Vittorio Emanuele, attorniato da una folla esultante e tra un tripudio di luci, suoni, colori, festa. Al centro dei Quattro Canti avviene l’omaggio alla santa da parte dell’amministrazione comunale, con il sindaco di Palermo che sale sul carro, depone una corona di rose e per ben tre volte grida «Viva Palermo e Santa Rosalia!». Il corteo prosegue, allora, verso la marina (attuale Foro Italico) ove la gente potrà assistere al maestoso spettacolo pirotecnico.

Il giorno successivo è quello dedicato alla processione liturgica, con l’urna argentea che, accompagnata dall’arcivescovo, dal clero, dai seminaristi, dalle confraternite, dai rappresentanti dell’amministrazione e dal popolo in festa, effettua lo stesso percorso nel centro storico (dalla cattedrale percorre tutto corso Vittorio Emanuele II – passando per i Quattro Canti – fino a piazza Marina; da qui torna indietro sullo stesso itinerario, poi, all’altezza del Teatro del Sole, imbocca via Maqueda e si addentra nelle viuzze del mandamento ‘Monte di Pietà’ fino a fare ritorno in cattedrale) riproponendo, in tal modo, quanto avvenuto nel lontano 1625.

Palermo, due delle facciate dei Quattro Canti in piazza Vigliena; al centro corso Vittorio Emanuele II con, sullo sfondo, Porta Nuova (foto di Emanuele Riccobene)

Occorre anche dire, per concludere, che il Festino è riconosciuto come patrimonio immateriale d’Italia da parte dell’Istituto centrale per il patrimonio immateriale (ex Istituto centrale per la demoetnoantropologia).


[1] Cfr. M.S. Di Fede, La festa barocca a Palermo: città, architetture, istituzioni, in UNED, Espacio, Tiempo y Forma, serie VII, Ha del Arte, t. 18-19, 2005-2006, pp. 49-75.

[2] Sull’attuale urna argentea di S. Rosalia si veda M.C. Di Natale, S. Rosaliae patriae servatrici, Cattedrale, Palermo 1994; cfr. anche <http://www.oadi.it/larca-dargento/> (URL consultato in data 3/5/2022) e C. Lomonte, L’urna argentea di S. Rosalia. Paradigma della storia di Palermo, in G. Santoro (a cura di), Sogni d’oro. Criticità ed eccellenze nella Sicilia post-industriale, Arces, Palermo 2014, pp. 29-61.

[3] Per una descrizione completa del primo Festino si rimanda a O. Paruta, Relatione delle feste fatte in Palermo nel MDCXXV per lo trionfo delle Gloriose Reliquie di S. Rosalia Vergine palermitana, Palermo 1651; cfr. anche M. Vitella, Il primo Festino, in «Nuove effemeridi. Rassegna trimestrale di cultura», anno XI, n. 42, pp. 22-33 (disponibile anche all’URL <http://www.oadi.it/il-primo-festino/>). Sui Quattro Canti di Palermo si rimanda all’articolo di Emanuele Riccobene per il blog LaTpc disponibile al seguente URL: <https://latpc.altervista.org/reporter-per-latpc-i-quattro-canti-di-palermo-o-teatro-del-sole/>.

[4] Cfr. M.S. Di Fede, La festa barocca a Palermo: città, architettura, istituzioni, cit., p. 66.

Bibliografia essenziale:

  • M. S. Di Fede, La festa barocca a Palermo: città, architetture, istituzioni, in UNED, Espacio, Tiempo y Forma, serie VII, Ha del Arte, t. 18-19, 2005-2006, pp. 49-75.
  • M. C. Di Natale, S. Rosaliae patriae servatrici, Cattedrale, Palermo 1994.
  • C. Lomonte, L’urna argentea di S. Rosalia. Paradigma della storia di Palermo, in G. Santoro (a cura di), Sogni d’oro. Criticità ed eccellenze nella Sicilia post-industriale, Arces, Palermo 2014, pp. 29-61.
  • M. Vitella, Il primo Festino, in «Nuove effemeridi. Rassegna trimestrale di cultura», anno XI, n. 42, pp. 22-33.

Sitografia:

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Emanuele Riccobene

Scritto in data: 29 maggio 2022

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Foto di Emanuele Riccobene. Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autore e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

La nostra attività sul blog e sui social viene effettuata volontariamente e gratuitamente. Se vuoi sostenerci, puoi fare una donazione. Anche un piccolo gesto per noi è importante.

Ti ringraziamo in anticipo!

Admin. Cristina Cumbo e #LaTPC team

Puoi inquadrare il QR-code tramite l’app di PayPal, oppure cliccare su:

Sostieni #LaTPC blog

About Emanuele Riccobene 21 Articles
Storico. Ha conseguito il master I° livello in "Esperti nella tutela del patrimonio culturale" presso l'Università "Roma Tre". Ha all'attivo pubblicazioni sulla storia politica, militare, economica e sociale della Sicilia. Sta inventariando il patrimonio culturale immateriale del Comune di Delia (CL).