I poteri di ispezione sui beni culturali

Chiudiamo prima della pausa estiva con un intervento riguardante un argomento che ha delle forti implicazioni sul piano pratico.

Come è nel nostro stile, partiamo da una domanda: quali poteri hanno gli organi preposti alla tutela che dovessero avere notizia dell’esistenza di un bene culturale non catalogato presso un privato? Possono recarsi presso il luogo dove il bene è detenuto, visionarlo e studiarlo?

Nella realtà può accadere che la Soprintendenza apprenda, anche da fonti non ufficiali, un articolo di stampa per esempio, che presso l’abitazione di Tizio venga custodito un dipinto attribuito a Von Gogh (link) del quale il soggetto che lo possiede ne ignora il valore culturale e quindi si pone l’esigenza di accertarne l’essenza.

Ovviamente stiamo parlando sia di beni culturali dei quali la Soprintendenza non ha conoscenza, sia di beni conosciuti in quanto vincolati perché è intervenuta la dichiarazione di interesse culturale ai sensi dell’art. 13 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Sicuramente, però, parliamo di beni culturali di proprietà privata con esclusione di quelli di natura archeologica in quanto per legge appartenenti allo Stato.

Vediamo cosa dice la legge in materia.

L’art. 19 del Codice dei beni culturali e del paesaggio afferma che: «I soprintendenti possono procedere in ogni tempo, con preavviso non inferiore a cinque giorni, fatti salvi i casi di estrema urgenza, ad ispezioni volte ad accertare l’esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni culturali».

Nella realtà quindi il Soprintendente, avuta notizia dell’esistenza di un bene culturale presso un privato, gli invia una comunicazione con la quale lo informa che verrà lì inviato il personale per verificare anzitutto l’esistenza del bene stesso e poi il suo stato di conservazione.

Si tratta in sostanza di una ispezione la cui esecuzione deve essere effettuata con un preavviso di almeno cinque giorni.

Accertata l’esistenza del bene, potrebbe porsi la necessità di studiarlo al fine di adottare la dichiarazione di interesse culturale, ai sensi dell’art. 13 del Codice, e tuttavia il privato potrebbe nutrire interessi diversi, quali per esempio vendere il bene oppure restaurarlo, con grave pregiudizio dell’interesse pubblico.

Soccorre in tale caso l’art. 28 del Codice, in cui viene previsto che il Soprintendente è legittimato a adottare ogni misura cautelare e preventiva perché il bene non si disperda o venga alienato a terzi oppure ancora danneggiato.

È interessante notare che l’art. 19, che disciplina il potere di ispezione del Soprintendente, è contenuto nel capo II del Titolo I del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nel quale sono contenute le disposizioni che disciplinano, per l’appunto la tutela dei beni culturali, e immediatamente dopo, nel capo III, troviamo le norme dedicate alla loro conservazione.

Non è affatto un caso se si legge il Codice predisponendo anche mentalmente alcune propedeuticità: propedeutica alla tutela è l’attività conoscitiva; alla conservazione, la tutela e alla fruizione, la conservazione.

Un concetto deve però essere chiaro: non vi può essere conservazione se prima non vi è tutela; e non vi può essere tutela senza l’attività di studio.

Vediamo insieme questi concetti di tutela, conservazione e valorizzazione.

Ai sensi dell’art. 3 del Codice la tutela consiste: «nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione» e, inoltre, «L’esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale».

La norma non ha bisogno di particolari spiegazioni: il presupposto della tutela è l’attività conoscitiva.

Se il bene oggetto di attività conoscitiva si trova nella sola disponibilità del privato, allora occorre un provvedimento che legittimi le autorità a porre in essere ogni attività che ne consenta lo studio. Ed ecco allora che l’art. 19, attraverso il potere ispettivo, legittima gli organi preposti di ispezionare il bene al fine di verificare la sua essenza culturale e di adottare i conseguenti provvedimenti di tutela.

L’art. 29 del Codice, con riguardo alla conservazione, così recita: «La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro … Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto … Per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti».

Sebbene il Codice non fornisca una definizione del concetto di conservazione, si può agevolmente giungere al suo significato attraverso una lettura indiretta dell’art. 29.

Per conservazione devono intendersi in sostanza tutte quelle attività che hanno come ratio quella di proteggere il bene e la sua integrità, attraverso opere di manutenzione, prevenzione e restauro.

Le opere di prevenzione possono ben trovare facile attuazione anche attraverso l’art. 19 del Codice, laddove con l’ispezione si accerti le condizioni del bene culturale.

Infine il concetto di valorizzazione, il quale, ai sensi dell’art. 6 del Codice, consiste «nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati».

La valorizzazione è preordinata alla fruizione, alla utilizzazione pubblica per favorire la conoscenza della nostra identità.

E non sarà certo un caso se nei principi generali del Codice, all’art. 1, viene sancito che «In attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale» e … «La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura».

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 8 luglio 2021

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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