Il delitto di appropriazione indebita di beni culturali

Foto di Shvets Anna (da: https://www.pexels.com/)

Un noto gallerista decide di allestire una mostra pittorica di alcune opere di proprietà della fondazione di un famoso artista, sottoposte a vincolo in quanto beni culturali.

Gli accordi prevedono che la fondazione metta le opere nella disponibilità del gallerista e questi, una volta terminata la mostra, le riconsegni al legittimo proprietario. Accade invece che il gallerista, allo scopo di consentire ad alcuni soggetti privati di poter eseguire, dietro pagamento, fotografie sulle opere, le trattenga presso di sé, rifiutandosi di riconsegnarle.

Gli avvocati della fondazione sporgono denuncia presso l’autorità di polizia, chiedendo il sequestro delle opere e la restituzione al proprietario.   

La questione qui sommariamente riportata rappresenta, ovviamente, un caso di scuola che serve ad introdurre il tema che andremo a trattare questo mese, ossia il delitto di appropriazione indebita di beni culturali, da poco previsto all’art. 518-ter del codice penale.

L’articolo fa parte, infatti, della riforma apportata con la legge 9 marzo 2022, n. 22, che ha inserito nel codice penale l’intero titolo VIII-bis, rubricato “Dei delitti contro il patrimonio culturale”, nel quale trova collocazione appunto l’art. 518-ter.

Per comprendere la portata della norma in esame, occorre compararla con quella contenuta all’art. 646, c.p., là dove è previsto il delitto di “appropriazione indebita”.

Recita l’art. 646, c.p.: “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000.”

Mentre l’art. 518-ter, c.p., così dispone: “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 516 a euro 1.500. Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.”

Balza subito agli occhi una prima ed essenziale differenza tra le due norme.

Nell’appropriazione indebita prevista all’art. 646 del codice penale, che impropriamente definiremo ordinaria, viene fatto riferimento al denaro o altra cosa mobile altrui, quale oggetto materiale del reato (tecnicamente la cosa o l’entità sulla quale ricade la condotta dell’autore del reato).

Mentre nel delitto di appropriazione indebita di bene culturale previsto all’art. 518-ter, l’autore del reato deve indebitamente appropriarsi di un bene culturale perché possa risponderne.

Per tali essenziali differenze quest’ultima norma è da ritenersi speciale e, quindi, essa trova preminente applicazione in presenza di una condotta appropriativa di bene culturale. Inoltre, vi è un’altra importante differenza, che riguarda la c.d. “procedibilità”.

Occorre fare alcune preliminari precisazioni di carattere generale.

Il nostro ordinamento giuridico-penale stabilisce che per alcuni reati, per così dire, di minore allarme sociale la persona offesa possa scegliere di chiedere o meno che si proceda nei confronti dell’autore. È un diritto e al tempo stesso una facoltà riconosciuta alla parte offesa del reato, che lo esercita attraverso la presentazione della querela, che consiste in una dichiarazione di volontà affinché proceda nei confronti dell’autore del reato, in mancanza della quale l’Autorità Giudiziaria non può proseguire oltre, appunto per “mancanza di condizione di procedibilità”.

Un caso tipico in cui la legge richiede la presentazione della querela è proprio quello dell’appropriazione indebita ordinaria, ma non anche per l’appropriazione indebita di bene culturale.

In questo caso, infatti, la scelta non può essere demandata alla persona offesa del reato per l’evidente maggiore tutela che lo Stato ha deciso di assegnare alla tutela del patrimonio culturale, preferendo di procedere d’imperio, senza la presentazione della querela.

Abbiamo quindi visto che le differenze essenziali delle due fattispecie consistono nella natura del bene oggetto della condotta di appropriazione e nella procedibilità, strutturalmente non vi sono altre differenze e, dunque, l’analisi della fattispecie di cui all’art. 518-ter può proseguire con la spiegazione degli elementi costitutivi del reato.

Dal punto di vista oggettivo, occorre che l’autore del reato abbia anzitutto il possesso – a qualsiasi titolo – del bene culturale.

Avere il possesso del bene culturale, significa per il soggetto manifestare un potere di fatto su di esso, che dia luogo ad una signoria, comportandosi cioè alla stessa stregua del proprietario: disporne in tutti i sensi. Non occorre, per la sussistenza del possesso ai fini del reato in questione, una ragione specifica perché l’autore possegga il bene; può ricorrervi qualsiasi motivo o ragione (a qualsiasi titolo).

Sotto il profilo soggettivo è richiesto il c.d. dolo specifico, ossia la specifica volontà dell’autore del reato di voler conseguire utili, profitti per sé stesso o per altri.

Il caso del nostro gallerista cui si è fatto cenno all’inizio calza alla perfezione. Egli, infatti, aveva ricevuto le opere dalla fondazione alla quale avrebbe dovuto restituirle, ma ha preferito trattenerle presso di sé, permettendo ad altri di acquisire diritti (consentire di fare le foto dell’opera), e quindi si è comportato come se ne fosse stato il proprietario.

In mancanza dei suddetti elementi, o anche di uno solo di essi la persona non potrà essere chiamata a rispondere del reato di appropriazione indebita di bene culturale.

A margine della disquisizione, appare utile dire che la norma deve essere salutata con estremo favore per la risposta che darà a tutte quelle situazioni nelle quali, prima della riforma, il patrimonio culturale rischiava di divenire oggetto di mercificazione senza che potesse essere previsto un intervento incisivo da parte dello Stato.

È una norma che, in definitiva, tutela ulteriormente il nostro patrimonio culturale anche quando si tratta di beni culturali che appartengono a soggetti privati.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 5 giugno 2022

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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About Leonardo Miucci 48 Articles
Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa