Il Museo Stibbert a Firenze e le sue collezioni

Museo Stibbert, Sala della Cavalcata (foto di: I, Sailko, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22174705)

Nella città di Firenze, fuori dal centro storico e poco distante dai convenzionali circuiti del turismo fiorentino, sulle pendici del colle di Montughi si trova un piccolo ‘tesoro’ che racchiude al suo interno tanti altri piccoli capolavori di arte decorativa. Stiamo parlando del Museo Stibbert, il più importante museo d’arte decorativa in tutta Italia.

Il museo nasce nel XIX secolo grazie allo spirito collezionistico del suo proprietario, Frederick Stibbert, nato a Firenze nel 1838 da un ufficiale inglese (Thomas Stibbert) e da madre fiorentina (Giulia Cafaggi). Poco incline allo studio – per quanto abbia frequentato, a Cambridge, i corsi in fine-arts (come venivano allora definite le discipline umanistiche) –, Stibbert non prese alcun diploma (la sua fu una formazione da autodidatta) e, approfittando anche delle sue origini facoltose, passò la vita a collezionare oggetti di vario tipo che conservava poi nella sua abitazione – nel 1874 fu anche costretto ad ampliarla attraverso l’acquisto della vicina villa dei Bombicci, visto che il nucleo originario, villa Cafaggi, non era più sufficiente a raccogliere tutti gli oggetti acquisiti. Fu in questa occasione che Stibbert decise di tramutare in museo la propria abitazione. La giovinezza di Frederick fu vissuta nel pieno del Risorgimento italiano e negli anni di Firenze capitale. In quest’ultimo contesto, diversi furono gli ospiti, nazionali e non, che nel corso degli anni, presenti a Firenze per diversi motivi, ebbero modo di visitare la sua villa e le sue collezioni; tra questi anche la regina Vittoria nel 1894. Alla sua morte, avvenuta nel 1906, Stibbert lasciò per testamento la propria abitazione e le sue collezioni al Governo inglese e, qualora quest’ultimo avesse rifiutato, alla città di Firenze cui tutt’ora appartiene, dal 1908.

Il museo nasce dunque dallo spirito collezionistico a sua volta intriso dal Romanticismo ottocentesco.

Esso è costituito dall’abitazione originaria (villa Cafaggi appunto, acquistata da Giulia nel 1849), sviluppantesi in piano terreno e primo piano, e dalla villa Bombicci, anch’essa a due piani, unite dal corridoio edificato nel 1874. Numerosi gli ambienti, ciascuno dei quali con una propria decorazione, autonoma rispetto alle altre, realizzata dai vari architetti e decoratori che vi lavorarono su incarico dello stesso Stibbert – fra tutti, degni di particolare menzione sono Gaetano Bianchi e Michele Piovano –. Completa la villa un ampio giardino anch’esso arricchito da laghetti, riproduzioni di elementi architettonici antichi, una limonaia e addirittura un tempietto ellenistico.

L’intera collezione museale è costituita da diversi nuclei: armeria, a sua volta suddivisa in europea, islamica e giapponese, costumi, quadreria, porcellane.

Il primo, quello relativo all’armeria, è in nucleo principale, che trova posto nelle varie sale della villa originaria, a partire dall’ingresso per poi proseguire nelle contigue sale ‘della Malachite’ (che ospita pure la quadreria), ‘del Condottiere’ – così chiamata per la presenza di un uomo d’arme a cavallo raffigurato sul modello dell’affresco di Giovanni Acuto nella basilica di S. Maria del Fiore – e nella famosa ‘Sala della Cavalcata’ ossia il corridoio che collega la villa originaria con la villa Bombicci.

Nelle sale a piano terra del nucleo originario è custodita l’Armeria europea, della quale la Cavalcata’ è la punta di diamante. Essa è costituita da dodici manichini a cavallo rivestiti con armature di diversa tipologia. Si tratta di armi e armature che Stibbert raccolse nel corso degli anni con l’intento di mostrare ai suoi visitatori come dovesse apparire il tipico cavaliere medievale (vi era dunque uno scopo didattico nelle sue intenzioni, ma i pezzi sono tutti risalenti alle epoche successive, XV-XVII secolo).

I pezzi dell’armeria europea sono di varia provenienza, sia italiana sia europea e, relativamente alla tipologia – armature d’uso, delle élites militari, da parata [1] – vi sono, nella collezione stibbertiana, pochissimi pezzi dell’ultima tipologia, quali l’elmetto da cavallo di origine francese o le gambiere dorate di provenienza olandese, entrambi pezzi del XVI secolo. Va inoltre segnalata la presenza di molte armature fatte costruire appositamente da Stibbert per compensare la mancanza di pezzi di lusso – che, per quanto facoltoso, non poteva permettersi – o per completarne altri. Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, se queste ultime armature possano o no essere considerate falsi storici. In ultimo si vuole segnalare la presenza, tra i tantissimi pezzi facenti parte della collezione, del corsaletto funebre di Giovanni dalle Bande Nere (capitano dell’armata pontificia che, nel 1526, a Governolo (MN), venne ferito mortalmente da un colpo di archibugio mentre cercava di arginare l’avanzata dei Lanzichenecchi verso Roma).

Al piano terra, accanto alla ‘Sala del Condottiere’, vi sono la ‘Sala della cavalcata islamica’ e la seconda ‘Sala islamica’. Esse custodiscono più di 1850 oggetti di origine araba, ottomana, persiana, moghul, indiana ecc. Gli armamenti sono più leggeri rispetto a quelli europei – e in tal senso il museo ci offre anche un confronto fra le diverse culture –.

Al piano superiore è, a sua volta, conservata la collezione giapponese, che costituisce la più importante raccolta di armi e armature nipponiche fuori dal Giappone. Uno dei pezzi più pregiati è un manichino del 1870 raffigurante un arciere in posa marziale (‘ikiningyō’). Di questi manichini ne esistono solo dodici al mondo ma la peculiarità di quest’ultimo è proprio quella di essere stato eseguito in posa marziale.

Ma oltre ad armi e armature, molte delle quali acquistate dopo l’esposizione internazionale di Parigi del 1867 e altre addirittura in Giappone, vi sono tanti altri oggetti, tutti risalenti al periodo compreso fra il XVI e il XIX secolo, quali selle, una statua di Buddha Amida del XV secolo, un’altra statua lignea raffigurante una sposa con l’abito tradizionale della Cina settentrionale della fine del XIX secolo, lacche, piattini e coppette per il sakè, ecc.

Tornando al pianoterra, un’altra importante collezione che si può ammirare è la quadreria, ospitata presso la ‘Sala della Malachite’ – cosi definita per via del tavolo al centro dell’ambiente –. In essa, definita anche come ‘Sala della quadreria antica’ le tele sono esposte su tutte le pareti, completando la collezione di armi. Le opere comprendono sia dipinti dinastici della famiglia Medici, sia opere di Luca Giordano (Susanna e i Vecchioni e Lot e le figlie), Pieter Brueghel il Giovane (La festa di carnevale), Domenico Beccafumi (Il miracolo della mula), Carlo Crivelli (San Domenico e Santa Caterina), Agnolo Bronzino (Francesco I), un’allegoria del Tiepolo e un Trionfo di Diana attribuito a Francesco di Giorgio Martini, per non citarne che alcune.

La seconda ala del museo, oltrepassando la ‘Sala della Cavalcata’, ospita gli ambienti privati dell’intero complesso. Qui, su due piani, trovano collocazione diverse sale quali la ‘Loggia degli Stucchi’, la ‘Sala dell’Ottocento’, il ‘Salotto di Giulia’ (madre di Stibbert, N.d.A.), la ‘Libreria’, il ‘Salone delle feste’, la ‘Sala da pranzo’, la ‘Sala delle bandiere’ – cosi chiamata per via delle bandiere al soffitto che sono esatte riproduzioni fotografiche delle originali del Palio di Siena, acquistate da Stibbert nel 1884 [2] –, lo ‘Studiolo di Stibbert’, la ‘Loggia Impero’, la ‘Camera dell’Impero’, la ‘Camera di Frederick Stibbert’, il ‘Salotto dell’Ademollo’, la ‘Sala dei tessuti’, la ‘Sala della piatteria antica’, le quattro ‘Sale delle porcellane’.

Sarebbe troppo lungo descrivere tutti gli oggetti conservati; ci si limiterà allora ad alcuni di essi custoditi in questa seconda sezione del museo, tra i quali spiccano le bandiere che decorano il soffitto della sala omonima, gli abiti conservati nella ‘Sala dei tessuti’ e le porcellane.

La collezione di abiti è degna di nota in quanto si tratta di tessuti databili dal XV al XVIII secolo; tra questi è degno di nota, per interesse storico e valore collezionistico, il Petit Costume d’Italie vale a dire l’abito indossato da Napoleone Bonaparte quando venne incoronato Re d’Italia nel 1805, e che Stibbert acquistò nel 1873. Esso è costituito da «mantello, gilet, calzoni e calze (manca la marsina che lo completava) in seta e velluto di seta ricamato in oro, porta le decorazioni imperiali e la placca in oro e smalto di Gran Maestro dell’Ordine della Corona di Ferro.» [3].

La collezione di porcellane, infine, è costituita da due sotto-collezioni: quella di Eugenia di Tschudy – moglie di Marzio, noto diplomatico svizzero alla corte dei Borboni a Napoli. Egli si trasferì a Firenze al seguito di Maria Antonia di Borbone per il matrimonio di quest’ultima con Leopoldo II, Granduca di Toscana –, costituita da pezzi settecenteschi di origine italiana (Ginori, Napoli, Capodimonte) ed estera (Meissen, Vienna, Frankenthal, Sèvres)[4], e le porcellane utilizzate dalla stessa famiglia Stibbert.

Tra i pezzi notevoli della collezione Tschudy vale la pena ricordare una tazzina a doppia parete di manifattura napoletana (Ginori), la lattiera in forma di borgognotta rovesciata, di manifattura francese (1800 ca.), oppure una zuccheriera ottagonale con coperchio (Meissen, 1710-1713 ca.), il mortaio da punch (Sèvres, 1785), altre porcellane di origine napoletana raffiguranti personaggi carnascialeschi oppure ancora l’alzata di un servito da frutta (Copeland, 1863).

Tutti gli oggetti fin qui menzionati sono solo una parte dei moltissimi esempi che si potrebbero citare e che testimoniano non solo la ricchezza di Stibbert ma anche il suo eclettismo, essendo una figura piuttosto anomala per la Firenze ottocentesca, ma comunque figlio del suo tempo. Occorre essere grati a questo collezionista proprio perché, attraverso la sua opera, ha messo su uno dei più noti e ricchi musei d’arte decorativa in Italia, un museo che, ancora oggi, offre ai suoi visitatori non soltanto la fruizione delle sue collezioni, ma anche una serie di iniziative collaterali quali convegni, mostre tematiche –  a tal proposito, fino al 2 ottobre, si è svolta la mostra ‘Giallo allo Stibbert. Storie di furti e recuperi’ organizzata in collaborazione con i Carabinieri del Nucleo TPC di Firenze –, ma anche iniziative editoriali e di promozione tramite la TV e i social (si ricorda, in questo caso, che il museo fu tra le location che ospitarono alcune riprese della trasmissione RAI ‘Stanotte a Firenze’ nel 2016; senza dimenticare la pagina ufficiale su Instagram: ‘museostibbertofficial’).

Tutto ciò contribuisce a far sì che il museo non sia semplicemente un qualcosa di statico, un mero contenitore di beni culturali all’interno della città di Firenze, bensì un’istituzione in continuo dialogo con la città – e non solo con essa – e che risponda bene alla nuova definizione di Museo stabilita dall’ICOM, nella sessione di Praga del 24 agosto 2022, e che qui si riporta a chiusura del presente contributo:

«Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano eticamente e professionalmente e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze»[5].

Bibliografia:

K.A. Piacenti (a cura di), Museo Stibbert. Guida alla visita del museo, Edizioni Polistampa, Firenze 2011.

E. Riccobene, L’evoluzione del costume militare nel XVI secolo attraverso la collezione di Armeria Europea del Museo Stibbert di Firenze, Tesi di Master presso l’Università degli Studi ‘Roma Tre’, A.A. 2015-2016, Rel.: prof. Riccardo Franci.

Sitografia:

https://www.icom-italia.org/definizione-di-museo-di-icom/

http://www.museostibbert.it/

Didascalia e fonti immagini

Foto di copertina: Sala della cavalcata (I, Sailko, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons)

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Emanuele Riccobene

Scritto in data: 9 ottobre 2022

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.


[1] Cfr. per queste definizioni E. Riccobene, L’evoluzione del costume militare nel XVI secolo attraverso la collezione di Armeria Europea del Museo Stibbert di Firenze, Tesi di Master presso l’Università degli Studi ‘Roma Tre’, A.A. 2015-2016, Rel.: prof. Riccardo Franci.

[2] Dopo un restauro le bandiere originali sono state trasferite a Siena, presso il complesso espositivo di S. Maria della Scala e allo Stibbert sono state collocate le copie fotografiche su tessuto.

[3] K.A. Piacenti (a cura di), Museo Stibbert. Guida alla visita del museo, Edizioni Polistampa, Firenze 2011, p. 124.

[4] Questa sotto-collezione non appartenne mai a Stibbert; venne lasciata al Comune di Firenze da Marzio de Tschudy nel 1891 e collocata nel museo dopo il 1914.

[5] Cfr.: <https://www.icom-italia.org/definizione-di-museo-di-icom/>. URL consultato in data 04/09/2022.

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About Emanuele Riccobene 21 Articles
Storico. Ha conseguito il master I° livello in "Esperti nella tutela del patrimonio culturale" presso l'Università "Roma Tre". Ha all'attivo pubblicazioni sulla storia politica, militare, economica e sociale della Sicilia. Sta inventariando il patrimonio culturale immateriale del Comune di Delia (CL).