Il riciclaggio di beni culturali

Foto di Sora Shimazaki (da: https://www.pexels.com)

In questo intervento parleremo del reato di riciclaggio di beni culturali, un illecito che nella realtà trova la sua massima manifestazione nell’ambito delle organizzazioni mafiose il cui scopo, come è noto, è propriamente quello di “lavare” i capitali illecitamente conseguiti, sostituendoli con attività legali.

Il panorama dei beni culturali non è purtroppo immune da tali reati e, anzi, in virtù di una maggiore duttilità del dinamismo illecito che ruota attorno ad esso, appare maggiormente realizzabile sul piano sostanziale compierne attività di riciclaggio.

Il delitto di riciclaggio di beni culturali è ora previsto all’articolo 518-sexies del codice penale, nel quale è stato inserito a seguito della riforma apportata con la L. 9 marzo 2022, n. 22, che ha introdotto l’intero titolo VIII-bis «Dei delitti contro il patrimonio culturale».

Prima di analizzare il reato nella sua impostazione, è bene fornire il significato del termine «riciclare» dal punto di vista linguistico.

Il dizionario della lingua italiana chiarisce il termine «riciclare», ossia: «Nella tecnica, riportare nel ciclo di lavorazione … Più genericamente, riutilizzare materiali di scarto o di rifiuto di precedenti processi produttivi … Rimettere in uso qualcosa di vecchio, reimpiegare, riproporre, ecc…»[1].

La definizione, com’è facilmente intuibile, rimanda a qualcosa che può venire riutilizzato per attività diverse ed ulteriori da quelle per le quali era stato in origine concepito o prodotto.

Il riutilizzo di materie di scarto, provenienti da un qualsiasi ciclo produttivo, non solo non costituisce motivo di preoccupazione, ma è fortemente incentivato in alcuni ambiti, quali per esempio quello del riciclo delle plastiche, condotto anche a salvaguardia dell’ambiente. Il problema si pone quando l’attività di riciclo, qualunque essa sia, viene eseguita in modo fraudolento ed occulto, tale da ostacolare la provenienza delittuosa del bene generalmente considerato.

L’art. 518-sexies c.p. così recita: «Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce beni culturali provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da cinque a quattordici anni e con la multa da euro 6.000 a euro 30.000. La pena è diminuita se i beni culturali provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto».

Anzitutto occorre premettere alcune considerazioni essenziali.

La norma in questione può ben definirsi «fattispecie penale speciale» in ragione del fatto che il bene oggetto del reato deve consistere in un bene culturale secondo i parametri indicati nell’art. 10 del D.Lgs.vo n. 42 del 2004.

Inoltre, il bene culturale deve provenire da un precedente delitto (c.d. reato presupposto) e non un semplice reato.

Infine, il soggetto che ricicla il bene culturale non deve aver commesso, ovvero aver concorso a commettere il precedente delitto.

Fatta questa premessa, scomponiamo ora la fattispecie per spiegarne la portata dal punto di vista oggettivo, per poi analizzarne l’ambito soggettivo.

La condotta del soggetto attivo del reato di riciclaggio deve consistere nel sostituire o trasferire beni culturali, ovvero compiere in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Attraverso la sostituzione, il bene culturale subisce un rimpiazzamento, ossia viene scambiato con altra cosa al fine di separarlo da ogni collegamento con il reato presupposto (nel caso prospettato, dal furto). Ad esempio: Caio, avendo ricevuto l’opera d’arte rubata (in tal caso egli verserebbe nel reato di ricettazione: acquista, riceve, occulta… afferma il reato di ricettazione) la cede a Sempronio ricevendo in cambio da questi valuta in denaro di provenienza lecita.

La condotta di trasferimento consiste in un’attività di movimentazione del bene culturale da un soggetto ad altro soggetto o da un luogo ad un altro, ai fini di una sua «ripulitura» tale da rendere difficoltosa l’identificazione dell’origine illecita.

In sostanza, nel complesso possiamo dire che la disposizione penale mira, da un punto di vista oggettivo, a sanzionare tutte quelle attività, anche in apparenza lecite, che fanno perdere le tracce della provenienza delittuosa del bene culturale.

Sotto il profilo soggettivo, la norma richiede la sussistenza del dolo nella sua forma generica, ossia la mera coscienza e volontà da parte del soggetto di sostituire, trasferire o compiere operazioni tali da rendere difficoltosa l’identificazione della provenienza delittuosa.

In altri termini al soggetto attivo non è richiesto, ai fini della sussistenza del reato, che questi abbia previsto di agire in virtù di una propria utilità, ma è sufficiente che egli abbia avuto consapevolezza di aver agito sostituendo o trasferendo il bene culturale, ovvero aver compiuto in relazione ad esso altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

L’attività illecita deve essere tesa ad ostacolare l’identificazione della provenienza illecita del bene perché è esattamente questa peculiarità che la norma mira a sanzionare.

Peraltro, il profilo soggettivo del delitto di riciclaggio è ciò che differenzia questa fattispecie da quella di ricettazione, laddove è richiesto, ai fini della sussistenza del reato, il dolo specifico, ossia che il soggetto attivo del reato abbia agito in vista di un suo o altrui profitto, requisito che non è, invece, richiesto per il reato di riciclaggio.

L’art. 518-sexies afferma inoltre che «La pena è diminuita se i beni culturali provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni».

Il legislatore ha voluto dare un significato diverso, in termini sanzionatori, prendendo a riferimento il c.d. reato presupposto. Infatti non potrebbe essere attuata la stessa risposta sanzionatoria nei confronti dell’autore del reato di riciclaggio se il bene culturale provenisse dal compimento di una rapina piuttosto che da un furto. Va da sé che la pena dovrà essere commisurata anche rispetto a questo aspetto e, pertanto, rispetto ad un reato presupposto che prevede una pena minore (entro i cinque anni), corrisponderà una correlata diminuzione della sanzione per il reato di riciclaggio di beni culturali.

Per ultimo la disposizione afferma ancora che «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto».

Tale disposizione deve essere letta in un’ottica di salvaguardia incondizionata del patrimonio culturale. Provate a pensare cosa potrebbe accadere alle opere d’arte di provenienza delittuosa se, per esempio, per perseguire il c.d. delitto presupposto (il furto nella sua forma semplice e non aggravata) occorresse la presentazione della querela e il titolare di tale diritto non intendesse esercitarlo. L’autorità giudiziaria verserebbe nell’impossibilità di perseguirlo. Oppure, provate a pensare se a commettere il c.d. reato presupposto fosse un ragazzino di dodici anni che, nel commetterlo, ha agito senza alcuna consapevolezza (mancanza di dolo): secondo la legge penale, non è punibile per mancanza di dolo e, comunque, non è imputabile perché non ha raggiunto l’età di quattordici anni, quale limite minimo per rispondere in sede penale; in sintesi, non può essere perseguito.

La disposizione mira a proteggere il patrimonio culturale cui il legislatore, nella sua lungimiranza, ha voluto porre un baluardo, affidandone la tutela a forme di salvaguardia più incisive, sottolineando così il valore e la testimonianza della nostra identità.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 23 ottobre 2022

Il contributo è scaricabile in pdf al seguente link.


[1] www.treccani.it

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Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa