Il significato giuridico di bene culturale e le sue implicazioni sul piano sostanziale

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In termini generali la parola “bene” assume una valenza diversa dal punto di vista giuridico rispetto al significato che le viene comunemente attribuito. Secondo il diritto, infatti, non tutte le res hanno un significato, ma, secondo l’art. 810 c.c., soltanto quelle che “possono formare oggetto di diritti”. Cosa vuol dire? Cerchiamo di spiegare meglio questa affermazione, a prima vista ridondante. Per farlo, partiremo da alcuni esempi.

L’aria che respiriamo può essere considerata un bene, nel senso di cosa, res? E il mare? La montagna? La penna stilografica regalatami dalla mia famiglia per il mio compleanno? La mia macchina? La mia abitazione? E, infine, il libro abbandonato su una panchina del parco che nessuno reclamerà più? Tutte queste “cose” possono essere considerate “beni”?

Si è visto come l’art. 810 c.c. affermi che sono beni, in senso giuridico, solo le cose che possono costituire oggetto di diritti. Ma quand’è che la cosa può formare oggetto di diritti?

Se sono proprietario della penna stilografica, posso, in relazione alla stessa, disporne come meglio credo: potrei venderla, donarla ai miei eredi, o anche decidere di non usarla. Se decidessi di venderla, ecco allora che quella penna diventerebbe oggetto di diritti: a fronte del mio diritto di venderla e conseguire il prezzo della vendita, vi è il diritto del compratore di conseguirne invece la proprietà. Affinché una cosa possa formare, quindi, oggetto di diritti – ossia diventare motivo di contesa tra diversi pretendenti, per dirla in modo figurato –, è necessario che quella cosa sia, ovvero, possa divenire, oggetto di scambio. Nel caso di vendita, lo scambio è dato tra la penna ed il prezzo.  

Ciò detto, va da sé che se quella cosa fosse presente in quantità illimitate nel mondo naturale, come per esempio l’aria, o il mare, essa non potrebbe divenire oggetto di diritti, in quanto non sarebbe possibile che lo scambio della stessa tra diversi pretendenti abbia luogo.
Riuscireste a immaginare Tizio che vende a Caio dieci bottiglie di acqua di mare? Sarebbe pura follia!

Come abbiamo visto, il motivo che ci permette di individuare se una res possa essere definita un bene in senso giuridico, risiede essenzialmente nella sua capacità di poter essere oggetto di appropriazione e di utilizzo da parte di terzi; con l’appropriazione, il soggetto in questione fa sua la “cosa” diventandone, per l’appunto, proprietario e disponendone come meglio crede.

Vi starete domandando, dunque, cosa nasconda tutta questa disquisizione, peraltro piuttosto noiosa, in riferimento al bene di natura culturale. La risposta, invero, è alquanto semplice, ma implica, a sua volta, un’ulteriore domanda: può un bene culturale diventare oggetto di appropriazione? E soprattutto: che cos’è un bene culturale?

Proviamo a rispondere partendo dal secondo quesito: che cos’è un bene culturale.

Nel nostro ordinamento giuridico la definizione di bene culturale è data dalla legge e in particolare dall’art. 10, D.Lgs.vo 22 gennaio 2004, n. 42, recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. La norma in questione, che si caratterizza per la sua complessità, prevede un sistema di tutela misto, nel senso che l’ordinamento appresta la propria tutela ai beni culturali sia di proprietà pubblica sia di proprietà privata.

Esaminiamo da vicino questa norma, che conviene qui riportare per comprenderne la portata:

1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.

2. Sono inoltre beni culturali:
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico …

3. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13:
a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1;
b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;
c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose. Se le cose … omissis …;
d-bis) le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione;
e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricomprese fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse;

4. Sono comprese tra le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettera a):
a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio
c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio;
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio;
e) le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;
f) le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;
g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
h) i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;
i) le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico;
l) le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale.

5. Salvo quanto disposto dagli articoli 64 e 178, non sono soggette alla disciplina del presente titolo le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettere a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni, nonché le cose indicate al comma 3, lettera d-bis), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni.

La norma, come si diceva, è abbastanza complessa.
Il primo ed il secondo comma fanno riferimento a beni, dettagliatamente elencati, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologicoomissis … e che sono di proprietà dello Stato; delle Regioni; degli enti pubblici; degli enti ecclesiastici riconosciuti.
Il terzo comma si riferisce a beni, anche in questo caso dettagliatamente elencati (sostanzialmente si tratta dei medesimi beni di cui ai commi precedenti) che presentano un interesseparticolarmente importantedi proprietà di privati ovvero di chiunque, previa dichiarazione di interesse culturale, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs.vo n. 42 del 2004.

Ne consegue che, affinché un bene appartenente a soggetti diversi da quelli pubblici possa rivestire il requisito della culturalità, occorre che sia previamente intervenuta la dichiarazione di interesse culturale, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs.vo n. 42 del 2004, in mancanza della quale quel bene non può essere assoggettato alla disciplina di tutela prevista dal medesimo codice.

Non è necessaria invece la dichiarazione di interesse culturale qualora il bene, che, presentando un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, appartenga ad uno dei soggetti pubblici indicati al comma 1.
Per tali beni interviene invece la verifica dell’interesse culturale, ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs.vo n. 42 del 2004, istituto che, attraverso uno studio scientifico sul e del bene, determina se lo stesso possa o meno considerarsi culturale.

La ratio dei due istituti, quello della dichiarazione di interesse culturale e quello della verifica dell’interesse culturale, differisce per i motivi che vedremo in un prossimo contributo, in cui si espliciteranno le differenze e le implicazioni sia sul piano procedurale (in entrambi i casi si tratta di attivare un procedimento amministrativo che conduce a provvedimenti ed effetti diversi), sia sul piano sostanziale.

Il quarto comma dell’art. 10 del D.Lgv.vo n. 42 del 2004 precisa alcune peculiarità che i beni culturali devono necessariamente possedere affinché ad essi possano applicarsi le disposizioni del Codice. In particolare, e a titolo di mero esempio, è importante qui richiamare che i beni numismatici (rectius: monete antiche) possono essere considerati beni culturali solo se, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, essi abbiano carattere di rarità o di pregio. Il numismatico che è un archeologo specializzato in numismatica (quindi uno studioso dell’antichità, un professionista, e non un appassionato di monete antiche!), attraverso un’expertise, ricostruisce la datazione, il genere, il contesto di appartenenza del bene numismatico e, quindi, ne dichiara la rarità ed il pregio. Torneremo in modo specifico su questi aspetti quando parleremo del reato di impossessamento illecito di bene culturale (e nella fattispecie di monete antiche), mostrando quale effetto nefasto provochino i c.d. «tombaroli» nel momento in cui devastano letteralmente le aree archeologiche in cerca di reperti.

Infine, passiamo il comma quinto che, per poter essere compreso, merita una lettura, per così dire, “al contrario”. In altri termini: se ci troviamo di fronte ad un’opera (di proprietà privata) riconducibile ad autore non più vivente o la cui esecuzione risalga ad oltre 70 anni, ovvero, nei casi contemplati dalla norma, ad oltre 50 anni, si applicano le norme del codice. Diversamente tale opera non potrà essere assoggetta alle disposizioni del Codice.

In termini più pratici e a titolo di esempio: un’opera pittorica di un autore vivente non potrà mai essere dichiarata di interesse culturale e quindi non potrà assurgere a bene culturale.

In definitiva, è dunque possibile affermare che i beni culturali (verificati come tali) che si attestano alla proprietà pubblica godono sempre della tutela apprestata dal “Codice dei beni culturali e del paesaggio”; al contrario, quelli che si attestano alla proprietà privata (dichiarati culturali) ne godono solo nel caso in cui su quegli stessi beni sia intervenuta una dichiarazione di interesse culturale adottata dagli organi individuati dalla legge.

Chiarita la domanda riguardante cosa sia un bene culturale, rimane da spiegare se tale bene possa essere oggetto di appropriazione. In realtà non può esservi una risposta precisa. Dipende dallo stesso bene, se esso è di proprietà pubblica o privata. Ma questo è un altro argomento, che sarà approfondito all’interno di prossimi contributi.

Terminiamo, perciò, tornando al titolo. Il significato giuridico di bene culturale è sostanzialmente differente da quello che può attribuirsi ad un qualsiasi altro bene, perché la stessa ratio è completamente diversa.
Attribuire la culturalità ad un bene significa anzitutto riconoscerlo e quindi apprestargli – in ogni momento della sua esistenza – la tutela finalizzata alla sua conservazione e fruizione per la collettività, secondo le disposizioni del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e delle altre leggi speciali.
La conservazione e la fruizione del bene culturale fanno parte di quella volontà tesa a mantenere ferma l’identità di un popolo, di una Nazione.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 14 aprile 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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About Leonardo Miucci 48 Articles
Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa