La falsificazione dei beni culturali

Foto di Steve Johnson (da: https://www.pexels.com/)

La falsificazione dei beni culturali e delle opere d’arte in particolare rappresenta una buona parte degli illeciti in materia di reati contro il patrimonio culturale.

La rete criminale dedita a questo specifico delitto non si ferma, ovviamente, solo alla realizzazione del falso in sé, ma estende la propria attività illecita sino all’acquisizione di fette di mercato illegale. Sovente, infatti, la filiera è normalmente costituita sia da soggetti che di fatto contraffanno, alterano o riproducono l’opera, sia da soggetti che ne certificano l’autenticità – spesso si tratta di persone titolate o che comunque hanno o hanno avuto rapporti di collaborazione con le fondazioni dell’artista riprodotto e quindi autorizzate a rilasciare il certificato di autenticità –, sia da soggetti che, consapevoli della falsità dell’opera, si pongono quali intermediari per l’acquisto da parte di terzi interessati. Il più delle volte si è in presenza di associazioni per delinquere la cui attività illecita è finalizzata alla commercializzazione di opere d’arte contraffatte, alterate o riprodotte.

Da un punto di vista normativo, va detto che il nostro ordinamento ha previsto per la prima volta il reato di falso delle opere d’arte con la L. 20 novembre 1971 n. 1062, che aveva ad oggetto «Norme penali sulla contraffazione ed alterazione di opere d’arte» e prima di questa legge l’ordinamento non prevedeva alcuna sanzione per il reato in questione. La tutela veniva assicurata dalla giurisprudenza, che riteneva di poter estendere alle condotte di falso le sanzioni previste in materia di diritto d’autore. Attualmente le norme penali che sanzionano la fattispecie di falso sono contenute nel D.lgs. 42/2004 che all’art. 178 prevede, appunto, il reato di contraffazione di opere d’arte.

Vediamo, in concreto, cosa afferma l’art. 178, D.Lgs.vo n. 42 del 2004, rubricato «Contraffazione di opere d’arte».

È punito con la reclusione da tre mesi fino a quattro anni e con la multa da euro 103 a euro 3.099:

a) chiunque, al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un’opera di  pittura, scultura o grafica, ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico od archeologico;

b) chiunque, anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, o detiene per farne commercio, o introduce a questo fine nel territorio dello Stato, o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura, grafica o di oggetti di antichità, o di oggetti di interesse storico od archeologico;

c) chiunque, conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti, indicati alle lettere a) e b) contraffatti, alterati o riprodotti;

d) chiunque mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri od etichette o con qualsiasi altro mezzo accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti indicati alle lettere a) e b) contraffatti, alterati o riprodotti.

La lettera a) dell’art. 178 prevede tre condotte alternative: la contraffazione; l’alterazione; la riproduzione.

Con la contraffazione l’autore del reato realizza una imitazione fedele dell’opera per spacciarla come originale e venderla. Si è in presenza del reato di falso nella sua manifestazione più classica.

L’alterazione consiste, invece, nell’apporre modifiche ad un’opera originale attraverso interventi specifici sulla stessa. L’alterazione comporta sempre una modificazione dell’originale.

Infine la riproduzione, che consiste nella duplicazione di copie di opere originali, poi vendute per autentiche.

Nell’ambito delle condotte illecite sopra descritte, quella della riproduzione è forse quella che statisticamente viene realizzata con maggiore frequenza, che si avvale della compiacenza di esperti dell’artista, che ne certificano fraudolentemente l’autenticità.

La lettera b) dell’art. 178 sanziona la condotta del soggetto che, senza aver concorso in una delle condotte di contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, o detiene per farne commercio, o introduce a questo fine nel territorio dello Stato, o comunque pone in circolazione … le opere …

Occorre qui precisare che l’art. 178, nelle sue fattispecie previste alle lettere a), b) e c), richiede per la sussistenza del reato il dolo specifico; occorre, cioè, che l’autore del reato agisca nell’intento di trarre profitto o porre in commercio l’opera. Il legislatore ha voluto così sanzionare non tanto e non solo il falso in sé, quanto piuttosto il fine sotteso alla condotta illecita. Ne consegue che in mancanza di dolo specifico il soggetto non può rispondere del reato. Ecco un esempio chiarificatore: Tizio che realizza (duplica) un dipinto attribuito a Caravaggio e lo espone nella sua abitazione, e quindi non lo pone in vendita, non risponde del reato.

La lettera c) dell’art. 178 punisce i soggetti certificatori.

È notorio che le Fondazioni di alcuni artisti abbiano al loro interno esperti che certificano la autenticità delle opere. Si tratta il più delle volte di critici d’arte, docenti universitari, storici dell’arte o più semplicemente persone esperte che hanno avuto un relazione diretta con l’artista e che quindi ne conoscono le caratteristiche artistiche.

Ecco allora che la norma in questione sanziona la condotta di coloro i quali certificano l’autenticità di opere sapendole false.

Va da sé che la condotta illecita di tali soggetti apporta un valore aggiunto alla realizzazione del reato, soprattutto nella dimensione economica, in quanto, possedendo l’opera il certificato di autenticità, troverà un sicuro e più facile acquirente disposto a sborsare anche una cifra considerevole.

Infine la lettera d) dell’art. 178, che punisce i soggetti che, diversamente dai certificatori, accreditano l’opera come autentica, sapendola falsa.

È una norma di chiusura nel senso che, laddove non trovasse applicazione la fattispecie di cui alla lettera c), si applica la sanzione di cui alla lettera d). Essa si riferisce, in particolare, a tutti quei soggetti che accreditano l’opera come autentica mediante una semplice scrittura.

L’ordinamento prevede poi alcune ipotesi di non punibilità.

Si tratta di casi in cui specifiche condotte non possono essere assoggettate a sanzione penale.

Una prima ipotesi è di rango normativo ed è indicata all’art. 179 del D.Lgs.vo n. 42 del 2004, là dove è disposto che l’applicazione della sanzione penale è sicuramente esclusa quando le opere siano espressamente dichiarate non autentiche all’atto dell’esposizione o della vendita mediante atto scritto o mediante dichiarazione rilasciata al momento dell’esposizione o della vendita.

In tal caso, venendo meno l’intento doloso da parte del soggetto, il reato non sussiste. Un esempio di tale ipotesi è rappresentata dai cosiddetti “falsi d’autore”, cioè le repliche di opere d’arte realizzate da artisti “specializzati”, che le mettono in mostra e le commercializzano affermando espressamente che si tratta di riproduzioni di opere originali.

Una seconda ipotesi è invece di rango giurisprudenziale e si riferisce ad un orientamento della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha affermato che la punibilità è esclusa quando il falso è di natura grossolana, ossia risulti così evidente in ragione appunto della grossolanità della contraffazione al punto che l’opera venga riconosciuta come falsa non già da un esperto d’arte, ma da un normale aspirante compratore (cfr Cass. Sez. III Pen., Sent. n. 26710 del 24.03.2011).

Infine occorre dare atto di alcune pene accessorie e aggravamenti di pena previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di falso di opere d’arte.

Dispone, infatti, l’art. 178 che la pena è aumentata e la condanna comporta l’applicazione della interdizione dalla professione qualora i fatti sono commessi nell’esercizio di una attività commerciale. È inoltre disposta la pubblicazione della sentenza su tre quotidiani a diffusione nazionale e in tre località diverse, nonché la confisca delle opere false.

L’esperienza ha insegnato che i reati di falso delle opere d’arte vengono perpetrati o comunque agevolati da soggetti che spesso appartengono al mondo culturale e d’altronde non potrebbe essere diversamente se il mercato illegale dei falsi risulta costituito da una rilevante domanda e altrettanto rilevante offerta: è l’attestazione (fraudolenta) di autenticità dell’opera a conferire valore alla stessa e quindi ad alimentare il mercato.

Occorre quindi ribadire che la tutela del patrimonio artistico passa necessariamente attraverso la cultura della legalità, la quale non ammette che le opere d’arte possano diventare oggetto di mercimonio e di profitti illeciti a vantaggio di soggetti spregiudicati.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 16 settembre 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link

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Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa