La ricettazione dei beni culturali

Foto di Yarennur BABALIK (da: https://www.pexels.com/)

Un noto mercante d’arte, conosciuto alle forze dell’ordine per i suoi trascorsi giudiziari, riceve da un “tombarolo” un’anfora e alcune monete antiche, frutto di uno scavo clandestino perpetrato in un’area archeologica. Il mercante d’arte consegna al tombarolo una somma di denaro a fronte di quanto ricevuto.

A seguito di perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine rivengono i beni nella disponibilità del mercante d’arte, il quale, non riuscendo a fornire alcuna giustificazione del loro possesso giacché si tratta di beni archeologici appartenenti allo Stato, viene deferito in stato di libertà e gli stessi beni sottoposti a sequestro. Più tardi, l’expertise del funzionario della Soprintendenza certificherà che sia l’anfora sia le monete appartengono all’epoca greca, databili attorno all’VIII sec. a.C.

Il mercante d’arte, tratto in giudizio, dovrà difendersi dall’accusa di ricettazione di beni culturali, in violazione dell’art. 518-quater del codice penale.

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Il breve racconto qui tratto è un chiaro esempio delle responsabilità cui si espongono i ricettatori di beni culturali, figura delittuosa fino a qualche mese fa inesistente nel nostro ordinamento penale ed invero assolutamente utile per il contrasto dei reati in materia di patrimonio culturale.

Come è ormai noto la L. 9 marzo 2022, n. 22, ha inserito nel codice penale l’intero titolo VIII-bis, rubricato «Dei delitti contro il patrimonio culturale», che, all’art. 518-quater, contempla la fattispecie delittuosa della «Ricettazione di beni culturali», che ora passeremo in rassegna.

È, però, necessario fare prima un breve cenno al delitto di ricettazione generale, previsto all’art. 648, c.p., per comprendere la portata della ricettazione di beni culturali.

L’art. 648, c.p., così recita:

«Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione …».

Intanto qualche chiarimento sulla parola ricettazione: receptare, dare il ricetto, assicurare il ricovero, il rifugio, la custodia.

Ai fini della sussistenza del reato di ricettazione, questa attività è concretizzata attraverso tre condotte, alternative o concorrenti: acquista, riceve, occulta.

L’acquisto è l’esito di uno scambio (do ut des) con la cosa e il denaro; la ricezione presuppone il possesso del bene nella materiale disponibilità del soggetto; l’occultazione consiste in un’opera di nascondimento della cosa di provenienza illecita.

Per concretizzare il reato di ricettazione basta una delle tre condotte tipiche, ovvero anche tutte assieme: chi acquista una cosa di provenienza delittuosa, oltre a riceverla materialmente, normalmente la occulta al fine di non farla rinvenire per poi piazzarla a sua volta sul mercato illecito. Ovviamente può ben valere anche solo la mera ricezione della cosa. Aspetto importante, però, è che il soggetto-ricettatore, oltre a non avere partecipato (concorso) nel delitto presupposto (furto/rapina/ecc… della cosa), deve avere conoscenza personale della provenienza delittuosa della cosa, ossia deve sapere che la cosa che sta ricevendo, acquistando o occultando proviene da un precedente delitto (c.d. delitto presupposto); e in difetto di tale conoscenza egli non potrebbe essere chiamato a rispondere di ricettazione. Inoltre la provenienza della cosa deve essere delittuosa, ossia l’accaparramento della res deve essere frutto di un delitto e non anche di una contravvenzione.

Una precisazione è forse d’obbligo.

Il codice penale è costituito da tre libri:

1° Libro Dei reati in generale (dove si prevedono i principi e gli istituti in generale);

2° Libro Dei delitti in particolare (dove sono previsti tutti i delitti che offendono beni giuridici di particolare interessi e in quanto ciò puniscono con pene più severe: reclusione, multa);

3° Libro Delle contravvenzioni in particolare (dove sono previsti reati di minore gravità per la società e quindi puniti con pene meno severe: arresto e ammenda).

Per la sussistenza del delitto di ricettazione occorre che la cosa sia di provenienza esclusivamente delittuosa, quindi relativa ad uno dei delitti previsti nel 2° Libro del codice penale, e non anche contravvenzionale.

Tralasciamo di considerare le circostanze aggravanti del delitto perché identiche a quelle previste per la ricettazione di beni culturali di cui ora dobbiamo occuparci.

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Il delitto di ricettazione di beni culturali, previsto all’art. 518-quater, c.p., così recita:

«Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta beni culturali provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione …».

Se confrontiamo questa fattispecie con quella ordinaria ci accorgiamo che esistono ben poche differenze, anzi solo una: nel delitto in esame la cosa di provenienza illecita deve trattarsi di un bene culturale.

Abbiamo già detto molte volte cosa è un bene culturale secondo la legge e quindi ci limitiamo a rimandare all’art. 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgsv.vo n. 42 del 2004), laddove per l’appunto ne vengono definite le caratteristiche.

Quindi, dal punto di vista oggettivo, occorre che: l’agente non abbia concorso nel delitto presupposto (furto/rapina/appropriazione indebita/ecc…); abbia acquistato, o ricevuto o comunque occultato il bene culturale, secondo quanto sopra detto; o che si sia intromesso nell’acquisto, nella ricezione o nell’occultamento (al pari della ricettazione ordinaria). È punita quindi anche un’attività di intermediazione.

Sotto il profilo soggettivo, è necessario che l’agente sia determinato a conseguire un profitto, per sé o per altri. Si è in presenza di un dolo specifico, il quale, anche secondo la giurisprudenza di legittimità, si intende conseguito già con l’impossibilità da parte del soggetto di fornire una legittima giustificazione circa il possesso del bene culturale.

La norma prevede, inoltre, un aumento di pena se il bene culturale proviene dal delitto di rapina o estorsione aggravate.

Un ultimo riferimento deve essere fatto alla possibilità per la polizia giudiziaria di procedere all’arresto facoltativo del soggetto colto nella flagranza del delitto. Dichiara, infatti, l’art. 381, c.p.p., che «Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni …».

Il delitto di ricettazione di beni culturali è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.000, pertanto rientra a pieno titolo nella suddetta possibilità. Tuttavia occorre precisare che tale possibilità è strettamente legata alla «gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto», quindi si tratta di una facoltà strettamente ancorata alla legge e non è rimessa a valutazioni soggettive della polizia giudiziaria operante.

La gravità del fatto è valutata in relazione alla condotta posta in essere dal soggetto, al danno arrecato e ad altri elementi oggettivi del fatto in sé; mentre la pericolosità del soggetto è desunta oltre che dalle circostanze, anche dai suoi precedenti giudiziari dai quali è possibile dimostrare una certa propensione al delinquere.

Con riguardo al caso di cui si è parlato in apertura, occorre rassegnare alcune riflessioni, anzitutto con riguardo ai beni dei quali il soggetto è stato trovato in possesso. Essi sono, a tutti gli effetti di legge, beni culturali ai sensi dell’art. 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e più precisamente di ordine archeologico, perché provenienti dal sottosuolo o dai fondali marini, e per ciò stesso appartenenti ope legis allo Stato, ai sensi dell’art. 91 dello stesso Codice.

Ne consegue che nel caso di specie non può che trovare applicazione l’art. 518-quater, c.p., che sanziona con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.000 chiunque ricetta (acquista, riceve, occulta) beni culturali.

Per tale motivo, inoltre, la polizia giudiziaria– in presenza di tutti i presupposti di legge innanzi citati – avrebbe potuto trarre in arresto il soggetto.

Difatti il fatto e le relative circostanze appaiono alquanto gravi, trattandosi, per esempio, di beni archeologici provenienti sicuramente da una mirata attività di ricerca clandestina, la quale presuppone una tipica organizzazione di persone ben addestrate e avvezze allo scopo; inoltre, il soggetto, come si è detto, annovera sul suo conto un passato giudiziario che lo ha fatto conoscere alle forze di polizia, tutti elementi che potrebbero deporre a favore di un suo arresto nella flagranza del delitto.

Anche questa fattispecie deve essere salutata con estremo favore perché va a colpire un fenomeno delittuoso, quello della mercificazione e della commercializzazione illecite dei beni culturali, alquanto remunerativo, soprattutto per contesti criminali di spessore come la criminalità organizzata, e molto preoccupante nel panorama dei reati in materia di patrimonio culturale, perché priva la collettività di beni che sono e devono rimanere nella sua disponibilità e fruizione quale fonte della nostra identità.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 3 luglio 2022

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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About Leonardo Miucci 48 Articles
Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa