La verifica e la dichiarazione dell’interesse culturale: una breve esegesi degli artt. 12 e 13 del Codice dei beni culturali e del paesaggio

Foto di Alberto Sanchez da Pixabay (https://pixabay.com/it/users/morgan4uall-422050/)

Motivo di questo nostro intervento è quello di fornire una lettura del diverso significato giuridico-sostanziale sussistente tra la «verifica dell’interesse culturale» e la «dichiarazione dell’interesse culturale», istituti rispettivamente contemplati agli artt. 12 e 13 del D.Lgs.vo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio».

I due istituti costituiscono, insieme con altri, il baluardo del sistema di tutela dei beni culturali, siano essi di proprietà pubblica o privata.

Ricorderete, infatti, che in uno degli ultimi interventi abbiamo parlato del diverso modo di concepire i beni culturali in relazione al titolo di proprietà, e ricorderete anche che la norma di riferimento è contenuta nell’art. 10 del D.Lgs.vo 22 gennaio 2004, n. 42.

La disposizione in argomento ci dice quali siano i beni culturali, anche in relazione alla loro proprietà; il fatto che essi siano di proprietà privata, non toglie il fatto che non possano o debbano essere sottoposti a tutela e, quindi, resi fruibili alla collettività

Detto ciò, vediamo ora come si atteggia l’ordinamento giuridico nell’apprestare tutela ai beni culturali di proprietà pubblica e privata.

I beni culturali di proprietà pubblica sono quelli indicati all’art. 10, commi 1° e 2°, del D.Lgs.vo 22 gennaio 2004, n. 42.

Occorre qui una precisazione: tali beni assumono la relativa culturalità solo dopo la verifica dell’interesse culturale, adottata ai sensi dell’art. 12 del citato decreto legislativo. Infatti, opportunamente il codice chiama tali beni con il nome di cose proprio perché, prima della verifica dell’interesse culturale, non si può parlare di bene culturale:

«Le cose indicate all’articolo 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, sono sottoposte alle disposizioni della presente Parte fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2».

In sostanza, e nella prassi sviluppatasi nella realtà, l’organo preposto alla tutela (Ministero, Soprintendenza) espleta un’indagine scientifica, prendendo in esame anzitutto la storicità del bene. Una volta accertato l’interesse culturale l’Organo deputato assume un provvedimento amministrativo con il quale se ne decreta la sussistenza. Occorre precisare, inoltre, che per l’adozione della verifica dell’interesse culturale è necessario che l’opera sia riconducibile ad autore non più vivente la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni.  

Dall’adozione del provvedimento di verifica dell’interesse culturale il bene è di natura culturale e quindi sottoposto alle disposizioni di tutela previste dal Codice.

Quali sono le conseguenze sul piano giuridico-sostanziale una volta adottato il provvedimento?

È chiaro che sul bene culturale in questione, essendo questo di proprietà pubblica, non si nutrano dubbi sulla sua circolazione: semplicemente non può essere oggetto di trasferimento della proprietà in favore di terzi privati, né può essere oggetto di costituzione di qualsivoglia diritto reale.

Ma, in particolare, ogni intervento manutentivo deve essere previamente autorizzato dall’organo preposto alla tutela, in genere, dalla competente Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali.

Per rendere il tutto più chiaro, facciamo un esempio.

Si dia il caso che il Comune di Roma decida di fare eseguire opere manutentive su un bene immobile di interesse culturale, come un palazzo del ‘700. Supponiamo che si ponga la necessità di dover sostituire o sottoporre a manutenzione gli infissi. Come si può notare, in casi normali, questo sarebbe un intervento di routine, ma non nel caso di un bene di interesse culturale.

Il Comune, infatti, deve obbligatoriamente richiedere la previa autorizzazione alla Soprintendenza per i beni culturali e del paesaggio, la quale, attraverso il proprio organo tecnico, valuta la fattibilità del progetto in relazione alla conservazione del bene. Solo dopo averla ottenuta, il Comune potrà legittimamente disporre l’intervento manutentivo del bene.

Qualsiasi intervento su un bene di interesse culturale deve essere previamente oggetto di specifica autorizzazione dell’organo preposto alla sua tutela, che ne valuta la tipologia e la congruenza in funzione della sua conservazione.

Consiste in ciò la ratio della valutazione dell’interesse culturale contemplata all’art. 12 del Codice.

Diversamente, l’art. 13 del Codice, rubricato «Dichiarazione dell’interesse culturale», così recita:

1. La dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell’interesse richiesto dall’articolo 10, comma 3.

2. La dichiarazione non è richiesta per i beni di cui all’articolo 10, comma 2. Tali beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica.

Il Primo comma dell’art. 13 fa riferimento ai beni appartenenti ai soggetti privati; il 2° comma fa riferimento a beni culturali specifici, espressamente indicati, che possono appartenere a soggetti qualsiasi ma che per la loro specifica natura, per l’appunto, sono comunque sottoposti a tutela senza alcun bisogno che sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale.

Soffermiamoci per un attimo sul primo comma dell’art. 13, che proveremo a spiegare partendo da un esempio.

Supponiamo che Tizio abbia nella sua disponibilità un dipinto riconducibile all’artista Jan Vermeer del quale se ne dichiara proprietario legittimo avendolo acquisito al proprio patrimonio per successione.

Jan Vermeer, Ragazza con il turbante o con l’orecchino di perla (foto tratta da Wikipedia)

La domanda è: accertata la legittima proprietà del dipinto da parte di Tizio, quali azioni si possono intraprendere affinché il dipinto venga tutelato? Può la Pubblica Amministrazione acquisirne la proprietà? Ancora: può la Pubblica Amministrazione disporre del dipinto facendolo esporre in una mostra? E ancora: il proprietario può venderlo? E restaurarlo?

Come si vede, sorgono tali domande complesse e per niente scontate. Ci viene in soccorso proprio l’art. 13 del Codice.

In sostanza, per tornare all’esempio di prima, l’Organo preposto alla tutela dei Beni Culturali (in genere la Soprintendenza, anche se nel caso di dichiarazione di interesse culturale il provvedimento è adottato dal Ministero competente) avvia il relativo procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 14 del Codice.

La comunicazione di avvio del procedimento è notificata al proprietario (possessore, detentore) del dipinto il quale ha la facoltà di intervenire nel procedimento presentando sue memorie difensive. Va detto che il privato, al fine di sfuggire agli obblighi di legge previsti, potrebbe non avere alcun interesse (e nella realtà non ne ha) affinché la Pubblica Amministrazione adotti tale provvedimento.

La comunicazione di avvio del procedimento contiene l’indagine storico-scientifica che afferma sostanzialmente l’autenticità dell’opera e quali sono le argomentazioni poste a fondamento della stessa.

Inoltre, e questo aspetto va sottolineato, nelle more della adozione del provvedimento e, quindi, già con la mera notifica della comunicazione di avvio del procedimento possono trovare applicazione, in via cautelare, le disposizioni di tutela del Codice. Ciò significa che il proprietario non può alienare il bene, né può far eseguire su di esso alcun tipo di intervento. Contravvenire a tali precetti comporterebbe reato.

Una volta adottata, la dichiarazione di interesse culturale è notificata al proprietario (in caso di beni immobili va trascritta nei registri immobiliari) e da questo momento si producono effetti giuridici sostanziali.

Proseguiamo nell’esempio, rispondendo, contemporaneamente, alle domande che ci siamo posti sopra.

Intanto Tizio può vendere il dipinto, ma deve denunciare tale volontà alla Pubblica Amministrazione, la quale potrebbe avere interesse ad acquistarlo e perciò deve essere preferita nella compra-vendita. Si tratta di un eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte della P.A.

L’obbligo di denuncia è previsto all’art. 59 del Codice e la sua violazione è presidiata dalla sanzione penale, contemplata all’art. 173 del Codice, della reclusione fino ad un anno e la multa da euro 1.549,50 a euro 77.469 il fatto di «chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine indicato all’articolo 59, comma 2, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali».

Inoltre, qualsiasi intervento o movimentazione del bene deve essere oggetto di previa autorizzazione della Soprintendenza competente.

Anche in questo caso la violazione è assistita da sanzione penale, ed in particolare:

  • art. 169 del Codice: «È punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da euro 775 a euro 38.734,00 … chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura ovvero esegue opere di qualunque genere sui beni culturali indicati nell’articolo 10»;
  • art. 171 del Codice: «È punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da euro 775 a euro 38.734,50 … il detentore che omette di dare notizia alla competente soprintendenza dello spostamento di beni culturali, dipendente dal mutamento di dimora, ovvero non osserva le prescrizioni date dalla soprintendenza affinché i beni medesimi non subiscano danno dal trasporto».

Un’ultima considerazione a riguardo dei beni privati dichiarati culturali ai sensi dell’art. 13 del Codice.

Il Codice riconosce al Soprintendente il potere di eseguire ispezioni di tali beni con un preavviso al proprietario non inferiore a cinque giorni.

L’art. 19 del Codice, infatti, così recita:

«I soprintendenti possono procedere in ogni tempo, con preavviso non inferiore a cinque giorni, fatti salvi i casi di estrema urgenza, ad ispezioni volte ad accertare l’esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni culturali».

In conclusione, va quindi detto che il sistema di tutela dei beni culturali – siano essi pubblici o privati – ruota essenzialmente intorno ai due istituti della verifica e della dichiarazione di interesse culturale, rispettivamente previsti all’art. 12 (verifica dell’interesse culturale per i beni pubblici) ed art. 13 (dichiarazione dell’interesse culturale per i beni privati).

Tutto il sistema della tutela dei beni culturali (verificati o dichiarati tali) è per così dire improntato e volto alla loro conservazione e fruizione.

Ne consegue che non può esistere fruizione se non vi è conservazione e, quindi, tutela dei beni culturali.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 11 maggio 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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About Leonardo Miucci 48 Articles
Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa