L’acquisto di beni culturali in via di prelazione

Normalmente il proprietario di un bene è titolare del relativo diritto di godimento e di disposizione in modo pieno ed esclusivo (art. 832 c.c.), ciò significa che egli può usare o non usare il bene, può venderlo, locarlo, costituire diritti reali minori in favore di chiunque, scegliendo il soggetto acquirente. Tuttavia possono esserci situazioni per le quali la legge, ritenendo preminenti altri interessi di natura pubblica, ovvero al fine di garantire posizioni soggettive di terzi meritevoli di tutela, impone alcuni limiti all’esercizio del diritto di disposizione del proprietario.

Facciamo due esempi.

Supponiamo che Caio sia proprietario di un appezzamento di terreno sul quale deve essere realizzato un tratto autostradale. In tal caso la pubblica autorità potrà adottare un provvedimento di esproprio, in tutto o in parte, del terreno, indennizzando il proprietario.

Supponiamo ancora che Sempronio sia proprietario di un’opera pittorica di arte contemporanea sottoposta a tutela dalla Soprintendenza e voglia venderla. In tal caso egli sarà tenuto a denunciare la vendita alla Soprintendenza perché questa possa esercitare la propria facoltà di acquistare il dipinto in via di prelazione.

Gli esempi qui citati rappresentano due casi esemplari in cui il diritto del proprietario risulta limitato per finalità pubbliche: da una parte, nel caso della realizzazione del tratto autostradale, vi è un’esigenza di garantire un servizio pubblico, quello di rendere maggiormente adeguata la rete stradale e assicurare i collegamenti per i trasporti; dall’altra, quello dell’opera pittorica, vi è un’esigenza di tutela, conservazione e valorizzazione di un’opera d’arte sottoposta a vincolo affinché ne possa godere la collettività.

Parleremo in questo intervento della cosiddetta prelazione artistica, ossia del diritto – ma sarebbe bene definirla facoltà – riconosciuto allo Stato di essere preferito rispetto ad altri nell’acquisto di un bene culturale.

Com’è ormai prassi del Blog, poniamo la seguente questione per meglio inquadrare l’istituto e considerare quali sono gli obblighi e le facoltà di legge previsti per i soggetti interessati, e quali le procedure da attuare.

Poniamo il caso che Tizio sia proprietario di un dipinto di scuola fiamminga del ‘700, sottoposto a vincolo di tutela perché dichiarato di “interesse culturale”, che intende vendere. Accade che Tizio concluda poi un contratto di compravendita con Caio, trasferendo a quest’ultimo la proprietà del quadro dietro pagamento del relativo prezzo.

Posta così la questione, vediamo ora innanzitutto come risulta disciplinata la prelazione nel codice civile al fine poi di compararla con lo stesso istituto previsto, invece, nel Codice dei beni culturali.

In estrema sintesi e in termini assai generali, come abbiamo già accennato all’inizio, possiamo dire che la prelazione consiste nel diritto di un soggetto, detto prelazionario (beneficiario), di essere preferiti ad altri nella conclusione di un contratto di trasferimento della proprietà di un bene.

Si suole distinguere una prelazione volontaria, non espressamente disciplinata dal codice civile, la cui costituzione è lasciata all’autonomia contrattuale delle parti ai sensi dell’art. 1322 c.c., e una prelazione legale, espressamente prevista per determinati contratti, quali per esempio nel diritto successorio la cosiddetta prelazione ereditaria, oppure, per l’appunto, la prelazione artistica di cui ora parleremo nel dettaglio. L’esercizio del diritto di prelazione presuppone la sussistenza di un contratto di trasferimento della proprietà del bene (compravendita, per esempio) e la relativa comunicazione al soggetto beneficiario (c.d. prelazionario) da parte del concedente (c.d. prelazionante). In particolare la comunicazione al beneficiario costituisce momento e motivo perché sorga di fatto la possibilità per il prelazionario di esercitare il proprio diritto ad essere favorito nell’acquisto del bene. Nel caso in cui il concedente ometta la comunicazione e quindi alieni il bene ad un soggetto terzo, egli potrà essere chiamato a risarcire il danno patito dal beneficiario.

Detto ciò, tralasciamo di considerare gli aspetti relativi alle modalità attraverso le quali si esercita il diritto e in che modo deve essere attuata la comunicazione della volontà del concedente per concentraci ora sulla prelazione artistica.

Il Capo IV del Titolo II del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs.vo n. 42 del 2004) contiene le disposizioni relative alla circolazione dei beni culturali in ambito nazionale.

Per circolazione dobbiamo intendere anche – ma non solo – il trasferimento di proprietà di tali beni.

Il Ministero, oppure gli altri enti pubblici territoriali interessati nei casi espressamente previsti, hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società, rispettivamente, al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell’atto di conferimento (art. 60, comma 1°, D.Lgs.vo n. 42 del 2004).

Questa è la norma cardine dell’istituto in questione, la quale ci dice anzitutto che l’esercizio della prelazione costituisce una facoltà e non anche un obbligo da parte del soggetto pubblico (prelazionario); occorre, poi, che oggetto del patto di alienazione (compravendita, per esempio) o di conferimento al patrimonio di una società sia un bene culturale ai sensi dell’art. 10 del Codice.

La disposizione non fa alcun riferimento al fatto se il bene culturale debba o meno appartenere a soggetto pubblico o privato, tuttavia nella prassi si registra sempre l’ipotesi dell’appartenenza privata del bene, come nell’esempio precedentemente illustrato.

Nella realtà accade che gli enti preposti alla tutela, in particolare la Soprintendenza, con il provvedimento di dichiarazione di interesse culturale del bene di appartenenza privata (art. 13 del D.Lgs.vo n. 42 del 2004) viene altresì reso noto l’obbligo per il proprietario di denunciare, entro trenta giorni dalla loro conclusione alla Soprintendenza del luogo dove si trova il bene, gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali (art. 59).

Quindi non è vietato vendere il bene culturale a soggetti terzi – perché ciò sarebbe una sostanziale incompatibilità con le norme dell’autonomia privata di stampo civilistico – ma occorre che l’alienante notifichi alla Soprintendenza entro trenta giorni dalla conclusione del contratto il relativo atto di compravendita, affinché l’ente possa valutare di esercitare la facoltà di acquisto del bene in via di prelazione. La denuncia dell’alienante deve contenere una serie di dati e indicazioni, ossia: i dati identificativi delle parti e la sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali; i dati identificativi dei beni; l’indicazione del luogo ove si trovano i beni; l’indicazione della natura e delle condizioni dell’atto di trasferimento; l’indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni. In mancanza di tali dati o in caso di loro incompletezza l’ordinamento considera come mai presentata la denuncia.

L’ente pubblico può esercitare il diritto di acquisto in via di prelazione nel termine perentorio, quindi non prorogabile, di sessanta giorni dalla denuncia di trasferimento del bene. Tuttavia, in caso di omessa denuncia, ovvero di denuncia presentata tardivamente oppure ancora nel caso risulti incompleta, la prelazione è esercitata nel termine di centottanta giorni (art. 61, comma 2).

Il soprintendente, ricevuta la denuncia di un atto soggetto a prelazione, ne dà immediata comunicazione alla regione e agli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito si trova il bene, e la regione, nonché gli altri enti pubblici territoriali, nel termine di venti giorni dalla denuncia, formulano al Ministero una proposta di prelazione, corredata dalla deliberazione dell’organo competente che predisponga, a valere sul bilancio dell’ente, la necessaria copertura finanziaria della spesa indicando le specifiche finalità di valorizzazione culturale del bene (art. 62).

Trascorso il termine di sessanta giorni, ovvero di centottanta in caso di denuncia tardiva o imprecisa, il provvedimento di prelazione è notificato all’alienante ed all’acquirente e la proprietà del bene passa allo Stato dalla data dell’ultima notifica (art. 61, comma 3), e fino a quel momento l’atto negoziale rimane sospeso, ciò significando che il contratto di trasferimento della proprietà (compravendita), sebbene giuridicamente perfezionato tra le parti, non produce ancora i suoi effetti in quanto sospesi in attesa del decorso del termine per l’esercizio della prelazione (art. 61, comma 4).

La violazione dell’obbligo di denuncia è presieduta da sanzione penale secondo l’art. 518-nonies c.p., dove è disposto che: “è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da euro 2.000 a euro 80.000 chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine di trenta giorni, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturale”, ovvero per “l’alienante di un bene culturale soggetto a prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia di trasferimento”.

In conclusione, la prelazione storico-artistica risponde a finalità pubbliche di conservazione, ma anche, e soprattutto, di valorizzazione del bene culturale.

A tal riguardo deve infatti richiamarsi una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sz. V, 14 gennaio 2022, n. 261) con la quale l’Alto Consesso, nello stabilire che il provvedimento di prelazione non possa essere ricondotto ad un’attività giuridica paragonabile alle attività contrattuali del diritto privato, essendo piuttosto una precipua attività potestativa, i cui effetti si riverberano quindi sul soggetto privato, ha inoltre precisato che la sua ratio consiste sia nelle esigenze di conservazione del bene sia – e più precipuamente – in quella di valorizzazione. Ne consegue quindi che il provvedimento di prelazione deve contenere non solo tutti i dati riferiti al bene e quindi alla sua conservazione, ma anche, e soprattutto, le modalità attraverso le quali l’amministrazione intende valorizzarlo.

E non sarà un caso se anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 221 del 2007, ha affermato la prelazione trova il suo fondamento nell’art. 9 Cost. in quanto “si giustifica nella sua specificità in relazione al fine di salvaguardare beni cui sono connessi interessi primari per la vita culturale del paese”.

Bibliografia essenziale:

  • Codice penale e di procedura penale, edizione Dike giuridica, Roma 2023.
  • A. Crosetti, D. Vaiano, Beni culturali e paesaggistici, Torino 2011.
  • L. Mazza (a cura di), Le disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale. Una prima lettura, Pisa 2023.

Sitografia:

https://www.altalex.com/

https://www.beniculturali.it/carabinieritpc

https://www.giustizia-amministrativa.it/

https://www.cortecostituzionale.it/default.do

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 7 maggio 2023

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Foto di copertina di StockSnap da Pixabay

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Pubblicato da Leonardo Miucci

Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa