Le nanotecnologie, piccole grandi alleate del nostro patrimonio artistico

Restauro. Autore: Friedrich Haag; Copyright: Friedrich Haag, CC-BY-SA-4.0
Le nanotecnologie vengono studiate e impiegate nel mondo della conservazione e del restauro da circa venti anni. Il loro avvento ha determinando un importante ampliamento di soluzioni a disposizione dei restauratori. Vediamo quali sono stati finora i principali utilizzi.

Alla fine degli anni ’50 Richard Feynman, fisico e divulgatore scientifico statunitense premiato con il Nobel nel 1965, diede inizio alla ricerca nel campo delle nanoscienze.

Il termine “nanotecnologia” fu coniato solo nel 1974 da un professore di ingegneria, Norio Tanaguchi, per descrivere il controllo dei semiconduttori a livello di nanoscala ovvero ”atomo per atomo o molecola per molecola”. Le nanotecnologie si sono poi sviluppate a partire dagli anni Sessanta in diversi ambiti della scienza e della tecnica.

Richard Feynman (scarica questa immagine su: Picryl | Dettagli licenza; Autore: The Big T (yearbook of the California Institute of Technology) | Ringraziamenti: The Big T (yearbook of the California Institute of Technology) via Picryl.com; Copyright: public domain)

Ma cosa sono le nanotecnologie e che relazione hanno con il patrimonio artistico?

Brevemente possiamo dire che i materiali nanometrici sono costituiti da particelle che abbiano almeno una delle tre dimensioni spaziali nell’ordine del nanometro che equivale ad un miliardesimo di metro e ad un millesimo di micron.

Vengono utilizzati in diversi settori: chimica, fisica, biologia molecolare e in diversi ambiti dell’ingegneria. La dimensione nanometrica permette di mettere a punto materiali nuovi costruendoli atomo per atomo e adattandoli alle diverse necessità.

Per questo motivo, si tratta di una soluzione che ha dato ottimi risultati anche nel mondo del restauro e della conservazione. Negli ultimi venti anni sono state sviluppate nanotecnologie per la produzione di materiali usati soprattutto nelle fasi di consolidamento e protezione finale dei manufatti artistici. Le loro caratteristiche li rendono infatti più facilmente disperdibili e veicolabili all’interno dei supporti da consolidare.

Tra le nanotecnologie più utilizzate nel campo della conservazione, ci sono senza dubbio le nanocalci, ovvero idrossido di calcio di dimensioni nanometriche disperso in alcool isopropilico. Sono quindi  altamente compatibili con i dipinti murali e le opere architettoniche: riescono a “riempire” – attraverso un processo di “ricarbonatazione” – le microfratture tipiche di un affresco o di un marmo interessati da decoesione superficiale. Le particelle non penetrano in profondità nella superficie da trattare, ma agiscono in superficie.

I vantaggi non si limitano alle fasi di consolidamento, che può essere effettuato prima e dopo le operazioni di pulitura delle superfici. In base alla formulazione dei nanomateriali, è possibile infatti ottenere superfici idrofobiche e oleofobiche con applicazioni che non lasciano traccia. È inoltre possibile conferire alle superfici trattate con nanocalci, proprietà autopulenti e una maggiore resistenza ai fattori di degrado di origine naturale (piogge acide, gas atmosferici, muschi etc.).

Come anticipato, un aspetto molto interessante delle nanotecnologie è la possibilità di formularle ad hoc, in base al manufatto da trattare e al problema da risolvere. Sabrina Zuccalà, Presidente di 4ward360, azienda italiana leader in questo settore, ha sottolineato che “mentre tutti gli attuali prodotti in commercio sono standardizzati, di natura industriale, ed applicati indipendentemente da tipologia e caratteristiche della superficie oggetto del trattamento, il formulato nanotecnologico sarà da noi creato ad hoc, in base al bisogno manifestato della committenza, oltre che in funzione delle specifiche caratteristiche della superficie materica trattata”.

Le nanotecnologie vengono impiegate con successo anche nella produzione di protettivi, in sostituzione dei polimeri – per lo più resine acriliche e viniliche – utilizzati per decenni e che spesso comportano ulteriore degrado delle opere d’arte.

L’evoluzione delle nanotecnologie e il perfezionamento dei prodotti da utilizzare nel restauro, va inoltre di pari passo con le tecniche di diagnostica artistica, oggetto di uno studio continuo per i ricercatori di molti enti (tra questi CNR, INFN ed ENEA). Particolarmente soddisfacenti sono i risultati scientifici nei settori della caratterizzazione dei materiali costitutivi e della loro provenienza per molteplici manufatti (mosaici, vetri, ceramiche, dipinti, metalli, lapidei)  grazie alla messa a punto di metodologie[1]impiegate per caratterizzare le nanoparticelle responsabili delle diverse proprietà dei materiali costitutivi e le tecniche di esecuzione.

Le nanotecnologie permettono infine la formulazione di materiali con basso impatto ambientale, come nel caso dei nanofluidi (composti da acqua, solvente e tensioattivo) utilizzati nelle operazioni di pulitura. Oltre all’ecosostenibilità e all’efficacia nella rimozione dello sporco, i nanofluidi non lasciano residui al termine del loro utilizzo.

I vantaggi delle nanotecnologie nel restauro e nella conservazione sono dunque molteplici. La ricerca e lo studio permetteranno di avere in futuro materiali sempre più performanti, rispettosi delle opere d’arte, degli operatori e dell’ambiente.

Breve dizionario di riferimento [2]:

Affresco: termine spesso usato impropriamente per riferirsi a qualsiasi dipinto eseguito su muro. In realtà si definisce affresco una tecnica di pittura murale in uso dal XIII secolo in poi, in cui i pigmenti, diluiti con acqua, vengono applicati sull’intonaco fresco a cui si incorporano, sfruttando il processo chimico della carbonatazione della calce contenuta nell’intonaco.

Carbonatazione: reazione chimica alla base della tecnica della pittura ad affresco. L’idrossido di calcio contenuto nella malta, a contatto con l’anidride carbonica dell’aria, reagisce formando carbonato di calcio che ingloba saldamente i pigmenti formando lo strato pittorico.

Coesione: forza attrattiva tra molecole o particelle della stessa specie che le tiene compatte. Si tratta di forze intermolecolari di vario tipo.

Consolidamento: operazione di ripristino della coesione e della stabilità di un materiale. Consiste nell’utilizzo di sostanze consolidanti, di diversa natura chimica (resine acriliche e viniliche, idrossido di bario, silicati, etc.) e con diverse metodologie di impiego (per iniezione, per impregnazione etc.).

Decoesione: perdita di coesione tra gli elementi costitutivi della struttura di un manufatto, che può comportare fenomeni di polverizzazione del colore, formazione di lacune, disgregazione.

Diagnostica artistica: scienza che si propone di analizzare le opere attraverso tecniche e metodi fisico-chimici (radiografie, riflettografia infrarossa, fluorescenza a luce ultravioletta) per caratterizzare le tecniche artistiche e i materiali e per fornire dati funzionali alla conservazione e al restauro.

Dispersione: in chimica si intende un sistema costituito da due o più fasi in cui una predominante funge da disperdente e l’altra o le altre sono disperse. Sono dispersioni le emulsioni, le sospensioni e le schiume.

Idrofobo: sostanza che respinge l’acqua (opposto di idrofilo).

Idrossido di calcio: cristallo incolore prodotto per idratazione a secco dell’ossido di calcio. E’ la componente essenziale delle malte a base di calce, reagisce con l’anidride carbonica per produrre carbonato di calcio cristallino nella reazione di carbonatazione.

Intonaco: rivestimento di una struttura muraria che deriva dal termine tonaca (vestito). Di solito è una malta composta da due parti di sabbia fine e una parte di calce, impastate con aggiunta di acqua.

Oleofobico: sostanza refrattaria ai depositi grassi, usata per impedire e rallentare il deposito di sporco sulle superfici dei manufatti artistici.

Protettivo: sostanza filmogena stesa in forma fluida sulla superficie di un manufatto con il fine di proteggerne la parte più esterna in contatto con l’ambiente e gli agenti di degrado.

Pulitura: intervento di rimozione di depositi superficiali, vernici invecchiate, ridipinture tramite l’uso di solventi organici e/o soluzioni acquose.

Tensioattivo: sostanza solubile che, addizionata ad un liquido, ne altera la tensione superficiale. I tensioattivi più noti sono i saponi. Nel restauro di solito i tensioattivi sono addizionati ai solventi organici per migliorare l’azione di una determinata miscela durante le operazioni di pulitura.


[1] Tra queste, la microscopia elettronica SEM-TEM e la diffrattometria elettronica (EBSD).

[2] Fonti consultate: Dizionario del restauro. Tecniche, diagnostica, conservazione a cura di C Giannni, Nardini Editore, Firenze 2010; https://www.treccani.it/enciclopedia/erbicida/

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Matilde Atorino

Scritto in data: 17 maggio 2023

Foto di copertina: Autore: Friedrich Haag; Copyright: Friedrich Haag, CC-BY-SA-4.0; Dettagli licenza

Foto di Richard Feynman: Scarica questa immagine su: Picryl | Dettagli licenza; Autore: The Big T (yearbook of the California Institute of Technology) | Ringraziamenti: The Big T (yearbook of the California Institute of Technology) via Picryl.com; Copyright: public domain

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About Matilde Atorino 8 Articles
Laureata presso l'Istituto Centrale per il Restauro nel settore dei dipinti, ha svolto la professione di restauratrice dal 2006 al 2020, in proprio e per 4 anni come dipendente dei Musei Vaticani. Nel 2022 ha conseguito il titolo del Master di I livello "La scienza nella pratica giornalistica" presso La Sapienza, con una tesi sulla comunicazione del restauro. Ama viaggiare, soprattutto in bici.