L’Oratorio di Sant’Onofrio a Dicomano: deposito di opere d’arte durante la Seconda Guerra Mondiale (parte 1)

Foto tratta da: Museo Casa Rodolfo Siviero

L’Oratorio di Sant’Onofrio si trova nel Comune di Dicomano, un piccolo paese tra le colline del Mugello, nella provincia di Firenze. La sua architettura lo rende uno dei pochi edifici di stile neoclassico che si possono trovare sul territorio toscano, ma la vera peculiarità di questa chiesa è un’altra: durante gli anni della Seconda Guerra mondiale venne scelta come uno dei depositi dediti alla protezione e alla custodia di alcune delle opere d’arte provenienti dai più importanti musei fiorentini.

In seguito alla decisione, maturata negli anni Trenta del Novecento, di varare nuove direttive e normative riguardanti la tutela delle opere d’arte durante un conflitto armato – nella fattispecie proteggere in loco le opere inamovibili e trasferire in località più isolate e lontane dal centro della città le opere mobili – iniziarono i sopralluoghi da parte della Soprintendenza per individuare gli edifici idonei che potessero essere adibiti a deposito.

Tra le campagne fiorentine e aretine vennero individuati principalmente castelli e ville con locali adatti a poter ospitare un gran numero di opere. Tra questi venne scelto anche l’Oratorio di Sant’Onofrio a Dicomano. Fu proprio il soprintendente Giovanni Poggi a recarsi di persona all’oratorio per la visita di controllo, il 6 febbraio 1943.

In una lettera, datata 9 febbraio 1943, Poggi, informava il Cardinale di Firenze, Elia dalla Costa, di aver verificato l’idoneità del luogo, ritenendolo perciò adatto al trasferimento delle opere fiorentine.

Lo stabile era di proprietà della famiglia dei Marchesi Bartolini- Salimbeni, che acconsentirono alla richiesta del soprintendente. Solo il parroco, Giuseppe Boretti, si rivelò restio all’accordo, reputando la chiesa di estrema importanza per il culto, data la già vacillante fede della popolazione del paese.  Ciononostante, dal 21 febbraio 1943, l’oratorio venne chiuso al pubblico e reso deposito.

Oratorio di Sant’Onofrio a Dicomano visto dalla strada statale Forlivese (foto di Sofia Pacini)

Nei mesi successivi furono trasportate nei locali della chiesa 164 sculture provenienti dalla Galleria degli Uffizi, dal Museo dell’Opera del Duomo e dall’Orfanotrofio del Bigallo.

Il numero totale delle consegne fu di sedici, avvenute tra il 18 febbraio 1943 (data della prima) e il 5 giugno 1943 (data dell’ultima). Ogni consegna veniva registrata in un verbale dove era indicato il consegnante, ovvero la Soprintendenza alle Gallerie per le province di Firenze, Arezzo e Pistoia, e il consegnatario, il Signor Balilla Vezzosi. Oltre a questi, venivano specificati anche i proprietari dello stabile, il guardiano di notte, il museo dal quale provenivano le opere e il numero di casse che le contenevano.

Ogni cassa era dotata di una propria scheda esplicativa, nella quale venivano indicati autore, provenienza e una breve descrizione dell’opera stessa.

Tra le varie opere che occuparono gli spazi di Sant’Onofrio in quegli anni vi erano: la copia del Doriforo, l’Amorino ridente, alcune opere provenienti dal gruppo scultoreo dei Niobidi, la copia del Laocoonte e il Porcellino, il gruppo di Marte e Venere, provenienti dai corridoi della Galleria degli Uffizi, alcune sculture della facciata sinistra della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, la Maschera del Brunellesco e la Madonna con bambino della Porta del Campanile.

Con la prima settimana di settembre si concludevano le operazioni di allontanamento delle opere d’arte dal centro storico di Firenze. Le operazioni vennero portate a termine in tempi molto brevi e con grande attenzione, anche se presto i soprintendenti si resero conto che la strategia di spostare le opere d’arte in luoghi apparentemente lontani dallo scontro bellico, non le avrebbe rese immuni al pericolo. Le misure di protezione che erano state valutate fino a quel momento riguardavano nello specifico i danni derivanti dall’artiglieria, ma solo dopo il bombardamento di Firenze del 25 settembre 1943 ci si accorse che non avrebbero potuto assicurare la salvezza delle opere da un’ipotetica occupazione militare del territorio toscano dall’esercito nazista.

Dopo la resa dell’Italia e lo stanziamento delle truppe tedesche sul suolo italiano, la Germania decise di applicare anche al nostro paese la struttura di controllo di Protezione dell’Arte che già era stata adottata in Francia: il Kunstschutz. Si trattava di un reparto militare il cui compito era quello di proteggere il patrimonio artistico delle nazioni occupate. In Italia, e conseguentemente anche a Firenze, venne incaricato il generale Alexander Langsdorff di gestire le operazioni.

Nell’ottobre del 1943 il governo italiano e l’ambasciata tedesca ordinarono il trasporto di tutte le opere d’arte custodite nei depositi italiani nel Nord Italia, in luoghi più sicuri e lontani dall’avanzata alleata. In realtà il governo nazista era mosso da ben altri interessi: inizialmente vi era l’intenzione di riportare in patria tutte le opere di autori tedeschi, per rivendicarne la proprietà territoriale; successivamente questo interesse venne esteso a tutto il patrimonio artistico italiano, prevalentemente quello classico e rinascimentale, per il quale il “Maresciallo del Terzo Reich”, Hermann Göring, e lo stesso Adolf Hitler avevano una certa attrazione. Il grande progetto del Führer, infatti, consisteva nel creare il più importante museo mai esistito: il Führermuseum, che avrebbe ospitato tutte le opere sottratte ai vari paesi occupati dall’esercito nazista, dando vita alla più cospicua collezione di capolavori al mondo.

I soprintendenti italiani, coadiuvati dalla task force anglo- americana dei Monuments Men, tentarono di impedire, o per lo meno rallentare, la furia delle spoliazioni, cercando anche appoggi direttamente in Vaticano. Questo non bastò a frenare la bramosia tedesca che, durante la ritirata, a causa dell’arrivo delle forze alleate, cominciò a razziare gli importanti depositi ricchi di opere d’arte ancora in essi custoditi. Tra quelli fiorentini, uno dei più colpiti fu proprio l’Oratorio di Sant’Onofrio a Dicomano.

Adolf Hitler e Hermann Göring che esaminano alcune opere d’arte (foto tratta da: https://www.lasecondaguerramondiale.org/risorse/notizie/1000-l-italia-recupera-tre-dipinti-spariti-durante-la-guerra.html)

Bibliografia consultata:

Archivio Storico Arcivescovile di Firenze, sezione “Dalla Costa”, fascicolo B255 (vs 25.8).

Archivio Storico della Soprintendenza alle Gallerie Fiorentine, filza anno 1943 “Periodo bellico”, fascicolo “Oratorio di Sant’Onofrio – Dicomano”, posizione 12, numero 25.

A. Cecconi, Resistere per l’arte- Guerra e patrimonio artistico in Toscana, Edizioni Medicea, Firenze 2015.

R. M. Edsel, Monument Men: Missione Italia- La sfida per salvare i tesori dell’arte trafugati dai nazisti, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2013.

A. Marino, M. Bietti, M. Branca, Oratorio di Sant’Onofrio a Dicomano, 1795-1995, Parretti editore, Firenze 1995.

L. Scarlini, Siviero contro Hitler: la battaglia per l’arte, Skira editore, Milano 2014.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Vittoria Pacini

Scritto in data: 4 dicembre 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Le foto tratte dal Museo Casa Siviero sono inserite per essere utilizzate a solo scopo illustrativo sul blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”. L’autrice dell’articolo e il blog sono a disposizione per l’indicazione di eventuali riconoscimenti dei diritti fotografici, o per la rimozione immediata delle stesse immagini.

Vittoria Pacini è studentessa di Storia dell’Arte, laureata in Storia e Tutela dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Firenze.

È nata a Bagno a Ripoli (FI) nel 1996 e ha frequentato l’Istituto Tecnico per il Turismo Marco Polo a Firenze (diploma nel 2015). Subito dopo ha deciso di intraprendere la carriera universitaria, terminando il corso triennale di Storia e Tutela nel 2020, con una tesi sulla tutela delle opere d’arte durante la Seconda Guerra mondiale, riferita in particolar modo ai piani di salvaguardia messi in atto dalla città di Firenze e all’analisi nella fattispecie del deposito dell’Oratorio di Sant’Onofrio nel Comune di Dicomano. Ha deciso, quindi, di proseguire il percorso accademico iscrivendosi al corso di Laurea Magistrale in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Firenze.

Fa parte dell’Associazione di Promozione Sociale AntigonArt, attraverso la quale si è occupata di didattica museale per adulti e bambini.

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