L’Oratorio di Sant’Onofrio a Dicomano: deposito di opere d’arte durante la Seconda Guerra Mondiale (parte 2)

Foto tratta da: https://www.archives.gov/research/holocaust/images.html

Dal 1943 – con l’avanzata alleata a sud e le pressioni nazifasciste nel centro- nord della penisola – i soprintendenti si trovarono a dover gestire, con timore, che i depositi ancora ricchi di tesori del patrimonio nazionale diventassero preda di razzie da parte di uno o dell’altro esercito.

Venne, perciò, presa la decisione di trasportare le opere in un territorio neutrale: Papa Pio XI aveva dato disponibilità di alcuni locali in Vaticano, affinché fossero adibiti a rifugi sicuri per le opere d’arte. I soprintendenti romani acconsentirono di buon grado a questa iniziativa. Purtroppo, nel corso dei traslochi, si capì che l’operazione era stata attuata troppo tardi e che molte casse contenenti sculture, dipinti o altri oggetti d’arte erano già state manomesse dai soldati tedeschi. Iniziavano, infatti, a mancare all’appello diverse opere.

Il soprintendente fiorentino Giovanni Poggi, apprese le problematiche comunicategli da Roma, decise di appellarsi al Patto di Famiglia del 1737 dell’Elettrice Palatina Anna Maria Luisa de’ Medici, ultima erede della famiglia che, prima di morire, aveva deciso di vincolare tutto il patrimonio artistico fiorentino al territorio, per non rischiare spoliazioni o vendite illecite con le dinastie successive. Sfortunatamente questo non bastò a intimidire gli interessi tedeschi e, agli inizi di luglio del 1944, il governo fascista ordinò lo spostamento forzato delle opere della città verso il Nord Italia.

Il 27 maggio 1944 venne bombardato il paese di Dicomano e raso quasi completamente al suolo. Tra i pochi edifici rimasti illesi vi era l’Oratorio di Sant’Onofrio. Nei rapporti tenuti in quegli anni dal parroco e dagli ufficiali anglo – americani che si recarono sul posto, si evince come fosse nota la presenza di opere d’arte al suo interno. Fu, probabilmente, proprio questo il motivo per il quale venne risparmiato.

Ciononostante, la chiesa subì ugualmente un vile attacco: il 30 luglio 1944 il colonnello Langsdorff, senza nessun accordo o autorizzazione da parte della Soprintendenza fiorentina – anzi, Poggi era stato chiaro nel precisare che le operazioni non si sarebbero dovute compiere per non rischiare di mettere ulteriormente in pericolo le opere che già si trovavano in condizioni precarie – si recò a Dicomano e caricò alcuni camion tedeschi con circa 26 casse contenenti alcune sculture conservate nell’oratorio.

Questa operazione venne giustificata in quanto ritenuto più sicuro allontanare le opere da territori che avrebbero potuto essere potenzialmente pericolosi per custodirle all’interno di nuovi depositi istituiti in Alto Adige (territorio momentaneamente controllato dall’esercito e governo nazista).

L’autorizzazione per questo spostamento venne data dal Generale Wolff, il quale diresse le operazioni di trasporto indirizzandole prima verso enti ecclesiastici, come parrocchie e monasteri, poi verso i due nuovi depositi: il Castello di Neumelands a Campo Tures e il carcere abbandonato a San Leonardo in Passiria, entrambi lungo il passo del Brennero. L’11 agosto 1944 vennero trasferite a Campo Tures le opere provenienti dall’Oratorio di Sant’Onofrio.

Soldati tedeschi che evacuano le opere dall’Oratorio di Sant’Onofrio (foto tratta da: Museo Casa Rodolfo Siviero)

Quando i soprintendenti e alcuni membri dell’esercito anglo – americano, tra cui anche il Tenente della MFAA (Monuments, Fine Arts and Archives¸ altresì conosciuta come Monument Men) Frederick Hartt, si recarono sul posto, capirono che l’operazione si era compiuta in fretta, senza una accurata e scrupolosa decisione nella scelta delle opere da portare via. Alcune opere di altissima importanza come il Laocoonte, copia realizzata da Baccio Bandinelli, erano ancora conservate nell’oratorio, mentre non vi erano più molti rilievi o parti di sarcofagi. Molto probabilmente non sarebbero state opere adatte a occupare le sale del museo desiderato da Hitler, destinate invece a diventare merce di scambio o vera e propria valuta a guerra conclusa.

Con la collaborazione di Rodolfo Siviero, dei Comitati di Liberazione Nazionale, dei soprintendenti veneti e della Santa Sede, venne a crearsi una fitta rete segreta di contatti grazie alla quale la Soprintendenza e Frederick Hartt riuscirono ad individuare i nuovi depositi che non figuravano nelle carte.

Un altro contributo essenziale fu quello dell’OSS (Office of Strategic Service), il Ministero dei servizi segreti alleati, che strinse accordi segreti con il Generale Wolff – il quale aveva preventivamente deciso di consegnare le opere d’arte dopo l’imminente resa tedesca in cambio dell’immunità –, identificò precisamente i luoghi dei depositi tedeschi. Il 7 maggio 1945, dopo la sconfitta dell’esercito nazista, la Quinta Armata dell’esercito americano si trovava già a Campo Tures, dove il Generale Wolff consegnò loro in maniera ufficiale le opere trattenute, come da accordi. Nei giorni successivi il Tenente Frederick Hartt e il professor Filippo Rossi, direttore delle Gallerie Fiorentine, che si trovava anch’egli in Alto Adige, iniziarono i controlli con gli elenchi dettagliati delle opere momentaneamente custodite a Campo Tures e a San Leonardo. Non solamente le opere di Sant’Onofrio avevano subito la razzia: vennero, difatti, ritrovate beni appartenenti anche ad altri depositi come quello di Montagnana.

Soldati tedeschi mentre trasportano in Alto Adige Pallade e il Centauro di Sandro Botticelli (foto tratta da: Museo Casa Rodolfo Siviero)

Dal 16 luglio 1945 le opere iniziarono il viaggio dall’Alto Adige che il 22 luglio le condusse, con un’importante cerimonia, in Piazza della Signoria a Firenze, dove vennero accolte da tutti gli abitanti della città. Come capofila della colonna di camion carichi di opere, vi era uno sul quale spiccava la scritta “Le opere d’arte fiorentine tornano dall’Alto Adige alla loro sede”.

Le opere d’arte che l’esercito nazista in fuga aveva portato via dai depositi erano tornate nei loro luoghi originali. Tutte le opere conservate in Sant’Onofrio vennero ricollocate nei musei di provenienza, dove tuttora è permesso ammirarle e studiarle.

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il coraggio di personalità come quelle sopracitate, uomini che hanno rischiato la loro vita per una enorme “fetta” della nostra identità nazionale: l’arte. Erano ben consci che, per quanto la perdita umana fosse inimmaginabile, non era possibile permettere anche la demolizione irreversibile della cultura: quando, infatti, viene colpita un’opera d’arte, viene al contempo colpita la collettività che quest’ultima rappresenta.

Le azioni di salvaguardia e tutela delle opere d’arte, così come la storia che le riguarda, sono anch’esse da proteggere e tramandare, affinché si possa essere più coscienti e consapevoli di quanto le bellezze attorno a noi siano oltre che grandiose, anche estremamente fragili.

Ritorno a Firenze delle opere d’arte trafugate dall’esercito nazista (foto tratta da: https://www.archives.gov/research/holocaust/images.html)

Bibliografia consultata:

A. Cecconi, Resistere per l’arte- Guerra e patrimonio artistico in Toscana, Edizioni Medicea, Firenze 2015.

R. M. Edsel, Monument Men: Missione Italia- La sfida per salvare i tesori dell’arte trafugati dai nazisti, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2013.

F. Hartt, L’Arte Fiorentina Sotto Tiro, Edizioni Clichy, Firenze 2014.

Monuments, Fine Arts and Archives Branch (MFAA) Field Reports, compiled 1943- 1946. MITO- Reports on Repositories of S. Leonardo e Campo Tures, Fold3.com

Ricordi di Sant’Onofrio 1889.  Diario dei parroci che si sono susseguiti a Sant’Onofrio conservato nell’archivio della chiesa.

Robert Commission, series: Geographical Working Files 1943- 1945, Fold3.com

L. Scarlini, Siviero contro Hitler: la battaglia per l’arte, Skira editore, Milano 2014.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Vittoria Pacini

Scritto in data: 7 dicembre 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Le foto tratte dal Museo Casa Siviero sono inserite per essere utilizzate a solo scopo illustrativo sul blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”. L’autrice dell’articolo e il blog sono a disposizione per l’indicazione di eventuali riconoscimenti dei diritti fotografici, o per la rimozione immediata delle stesse immagini.

Vittoria Pacini è studentessa di Storia dell’Arte, laureata in Storia e Tutela dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Firenze.

È nata a Bagno a Ripoli (FI) nel 1996 e ha frequentato l’Istituto Tecnico per il Turismo Marco Polo a Firenze (diploma nel 2015). Subito dopo ha deciso di intraprendere la carriera universitaria, terminando il corso triennale di Storia e Tutela nel 2020, con una tesi sulla tutela delle opere d’arte durante la Seconda Guerra mondiale, riferita in particolar modo ai piani di salvaguardia messi in atto dalla città di Firenze e all’analisi nella fattispecie del deposito dell’Oratorio di Sant’Onofrio nel Comune di Dicomano. Ha deciso, quindi, di proseguire il percorso accademico iscrivendosi al corso di Laurea Magistrale in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Firenze.

Fa parte dell’Associazione di Promozione Sociale AntigonArt, attraverso la quale si è occupata di didattica museale per adulti e bambini.

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