Oltre i portoni blindati e le mura in rovina: recensione di “Chiese chiuse” di Tomaso Montanari

Foto di @seb (da:

La grande basilica, la cattedrale dalle guglie acuminate, la parrocchia contemporanea, la chiesetta rurale la cui campana risuona tra i monti: tutto questo, oltre a costituire un insieme di luoghi di importanza religiosa, fa parte del nostro patrimonio culturale. Le chiese sono veri e propri monumenti le cui pietre narrano storie, ma al contempo sono musei che custodiscono magnifiche opere d’arte. Opere d’arte che, al loro interno, contengono a loro volta altre opere d’arte, come una scatola cinese. Il territorio italiano ne è costellato e, di fatto, le chiese compongono un fitto reticolato architettonico, artistico, archeologico, identitario. Ma è pur vero che molte di esse non sono valorizzate abbastanza, rimanendo chiuse e aprendo solo in occasioni particolari; molte di esse sono abbandonate, preda dei ladri e dei vandali; altre ancora, soprattutto nel centro Italia, sono crollate e attendono una ricostruzione che sembra non arrivare mai.

Quanto e cosa perdiamo senza prenderci seriamente cura del patrimonio “chiesastico”? Tantissimo e non si parla in termini economici, ma si vuol portare avanti un discorso relativo a un bagaglio meramente culturale, di arricchimento personale.

Montanari, prendendo anche come base il recente convegno internazionale “Dio non abita più qui” – i cui interventi sono confluiti in un volume – dedicato alle chiese abbandonate o sconsacrate e adattate a nuova “vita”, incentra il discorso affrontato nel libro “Chiese chiuse” proprio su questi concetti, arricchendolo di dettagli personali. Non come storico dell’arte, ma come cittadino avverte un particolare attaccamento alle chiese, andandosi a rifugiare al loro interno durante le sue passeggiate, o semplicemente per godere della bellezza gratuita di cui questi monumenti, costruiti sicuramente per esaltare aspetti sia civili che religiosi, oltre che per rendere glorioso il luogo di riunione della comunità ecclesiastica, sono impregnati.

E allora Montanari si interroga sulla correttezza di un biglietto imposto in luoghi sacri nati per accogliere e non per discriminare, per essere fruibili da tutti, da una collettività ampia che sia quella appartenente alla religione cristiana, ma non solo. Prosegue chiedendosi se sia normale (e ovviamente non lo è) osservare in vendita online o nei negozi antiquari centinaia di reliquie e reliquiari, palesemente provenienti dalle chiese, testimoniando una perdita progressiva di quel patrimonio solitamente conosciuto come “beni culturali ecclesiastici“. Spinge a riflettere sul riuso delle chiese sconsacrate, portando esempi diversi anche esteri, dalla biblioteca al night pub, fino alle location per eventi e a luoghi residenziali, nonché sul problema della loro chiusura, in alcuni casi perenne.

Da queste ultime, spesso, le opere d’arte sono trafugate. Si tratta di dati, non di supposizioni o di paure. Non è la frequentazione di un luogo a renderlo meno sicuro, ma tutto il contrario. E allora a chi spetta il compito di tenere aperte le chiese? Di restaurarle? Di tutelarle? Di ricostruirle?

Montanari scioglie questi dubbi, entrando spesso nel dibattito politico (che, in numerosi tratti, diventa una personale opinione trasmessa senza filtri al lettore, più o meno condivisibile), proponendo soluzioni che andrebbero valutate affinché si possa restituire un futuro a quel patrimonio che, ormai in decadenza, finirà per scomparire, lasciando labili tracce e ricordi nostalgici di una storia che pian piano si sta sgretolando.

«Le antiche chiese italiane rappresentano un perentorio, struggente invito alla conversione collettiva: in senso laico, terreno. Umano, prima che religioso. Esse chiedono il cambiamento radicale dei nostri pensieri, delle nostre scale di valori, delle nostre sicurezze. Con il loro silenzio secolare, offrono una pausa al nostro caos. Con la loro gratuità, contestano la nostra fede nel mercato. Con la loro apertura a tutti, contraddicono la nostra paura delle diversità. Con la loro dimensione collettiva, mettono in crisi il nostro egoismo. Con il loro essere, quintessenzialmente, luoghi pubblici sventano la privatizzazione di ogni momento della nostra vita individuale e sociale».

“Chiese chiuse” di Tomaso Montanari (foto di Cristina Cumbo)

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Scritto in data: 29 gennaio 2022

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About Cristina Cumbo 116 Articles
Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.