Piccone, pala e Decauville: storia degli scavi di Ostia Antica tra ricerche, sterri e qualche furto

Mosaico delle Terme dei Sette Sapienti, Ostia Antica (foto di Cristina Cumbo)

A pochi chilometri da Roma, è situato il Parco Archeologico di Ostia Antica. Quel luogo che oggi osserviamo con meraviglia, stupore e ammirazione dobbiamo immaginarlo, solamente poco più di un secolo fa come una distesa paludosa, attraversata successivamente dal binario di un “trenino da miniera” e ci saremmo persino sconvolti per gli immensi sterri che venivano sistematicamente praticati.

Ostia Antica era stata inquadrata come vera e propria cava di materiale archeologico, utile ad arricchire collezioni e musei. Papa Pio VII, nel 1801, diede ordine al Petrini di effettuare ricerche archeologiche con obiettivi esclusivamente antiquari: dei reperti emersi, non si registrò mai la precisa provenienza. Per tutto il secolo si proseguì a scavare con indagini più o meno ampie, rivolte sia ai sepolcri, sia all’area del Foro, con il conseguente rinvenimento di numerose epigrafi e sculture.

Con papa Pio IX, gli scavi furono affidati a Pietro Ercole Visconti (1855-1870) che, in qualità di commissario delle Antichità, svolse una campagna continuativa, inviando a Roma i reperti ritrovati per essere collocati presso il Museo Lateranense e indirizzando al museo di Ostia – presso il Casone del Sale (realizzato tra il 1865 e il 1868) – altri manufatti. In questo periodo furono individuati numerosi importanti monumenti tra cui il c.d. Palazzo Imperiale, il Mitreo, i sepolcri della via Ostiense, le Terme Marittime, ma anche la Porta Romana.

Via dei Balconi (foto di Cristina Cumbo, maggio 2022)

Si susseguono grandi nomi a Ostia Antica: dal 1871 al 1872 scavò Pietro Rosa; dal 1878 al 1889 Rodolfo Lanciani; dal 1897 al 1905 Luigi Borsari e Giuseppe Gatti. Non vi era un piano preciso: Ostia Antica veniva indagata e, quindi, scoperta senza seguire un progetto sistematico, ma partendo da zone già scavate ed espandendo progressivamente le aree di lavoro.

Solo con Dante Vaglieri sarà possibile indicare la prima svolta nella direzione delle indagini. Le campagne durarono dal 1907 al 1914 e si concentrarono soprattutto verso le aree centrali, completando lo scavo degli edifici parzialmente scoperti e abbinando a tali operazioni anche quelle di conservazione dei complessi emersi. Ecco, quindi, che le rovine furono congiunte, mettendo in luce alcune delle strade di Ostia Antica: fu sterrata via della Fontana, poi il Decumano Massimo, giungendo fino al Foro per ricollegare la necropoli di Porta Romana al Capitolium e al quartiere sviluppatosi intorno al Cardo Massimo. La via dei Balconi, una delle più suggestive di Ostia, venne parzialmente scavata nel 1908. Parliamo di una Ostia Antica che, ancora, è paludosa e ospita le capanne di pochi abitanti, situate fuori dalla Porta Romana.

A Vaglieri seguirà la direzione di Angelo Pasqui – durata molto poco, appena un anno – poi quella di Roberto Paribeni, durante la quale saranno individuate la Porta Laurentina e la Marina. Inizia a delinearsi una topografia di Ostia Antica, ma gli scavi intensivi sono da attribuirsi alla direzione di Guido Calza tra il 1923 e il 1946.

Via di Diana e Thermopolium (foto di Cristina Cumbo, maggio 2022)

Ostia Antica venne, infatti, inserita nel programma per l’Esposizione Universale del 1942 (E42). L’obiettivo principale consisteva nel riportare alla luce l’antichità romana in tempi brevi. Furono indagati quasi 18 ettari di terreno, ricongiungendo tutte le aree rimaste, fino ad allora, separate da isolati non esplorati e pareggiando l’intera zona al livello del II secolo d.C.; inoltre, nel piano di Calza, vi era quello di valorizzare gli edifici emersi attraverso il posizionamento di una opportuna illuminazione, di prati, alberature e fontane, nonché tramite la pubblicazione di fascicoli illustrati per effettuare una vera e propria opera di divulgazione.

«Fa onore al Governo Italiano aver assunto un’impresa archeologica di così vasta mole assicurandole, se non larghezza, almeno la continuità di mezzi finanziati che ne permise la prosecuzione senza interruzione dal 1909 al 1938 […]. Fu dunque una provvida iniziativa quella di far inserire nelle varie manifestazioni dell’Esposizione universale di Roma, che doveva inaugurarsi nel 1942, anche il disseppellimento di Ostia» (G. Calza, Scavi di Ostia I. Topografia generale, Roma, 1953, p. 38).

Scavo di via Fullonica con dettaglio della Decauville (foto tratta da: C. Sorrentino, Archeologia in archivio. I fondi fotografici delle Soprintendenze e il caso di Ostia Antica, in Analysis archaeologica, 4 (2018), p. 241)

All’interno delle varie aree di scavo venne installata una ferrovia Decauville – portatile e smontabile, già adottata con Vaglieri –, che consentiva il trasporto del terreno di riporto, liberando così i monumenti, le domus, le insulae. Per ottimizzare il lavoro di sterro, Ostia venne divisa in 5 lotti in cui operarono varie ditte. Le foto dell’epoca – molte delle quali scattate da Raissa Calza, confluite in un fondo fotografico di fondamentale importanza – sono impressionanti per noi archeologi contemporanei: veri e propri corridoi si aprono nel terreno, demolendo strati e strati di storia mai documentati, eccezion fatta nel caso di ritrovamenti particolari, come epigrafi o sculture che, tuttavia, non sono sempre descritti in modo dettagliato nei giornali di scavo.

Allo stesso tempo, risultano “sconcertanti” i restauri, eseguiti contemporaneamente allo scavo, che previdero vere e proprie operazioni di anastilosi, seguite da numerose critiche, affinché si conferisse prevalentemente uniformità ai monumenti, riportando Ostia al suo antico splendore. Si ricorderà, a titolo esemplificativo, il restauro eseguito presso l’Insula di Diana tra il 1916 e il 1920, dove i frammenti del ballatoio furono ricollocati in modo arbitrario, soprattutto lungo il lato meridionale, differendo dal progetto che aveva redatto Gismondi. Si preferì comunicare una comprensione immediata del monumento piuttosto che seguire la ricollocazione corretta dei frammenti staccati, con la probabile “complicità” dei ristrettissimi tempi entro i quali la campagna di Ostia Antica per l’Esposizione Universale avrebbe dovuto trovare un termine.

Restauro del balcone degli Horrea Epagathiana et Epaphroditiana (foto tratta da: G. Becatti, Horrea Epagathiana et Epaphroditiana e Horrea adiacenti a nord, in Notizie degli Scavi di Antichità, 19 (1940), p. 40)

Oggi, visitando Ostia Antica, si potrebbe pensare che si tratti di un sito esplorato sistematicamente e di cui conosciamo veramente ogni singolo tassello di storia. La realtà è, però, ben diversa. Ostia, nei secoli, è stata saccheggiata, numerosi reperti hanno arricchito collezioni e musei impoverendo, al contempo, lo stesso sito archeologico. Ancora negli anni Venti del Novecento venivano registrati dei furti. Nel 1927 il professor Carlus Lindberg, docente di storia dell’architettura presso la Technical Highschool of Finland, in qualità di visitatore, veniva fermato all’ingresso poiché in possesso di un frammento marmoreo sottratto dagli scavi. Egli dichiarava, davanti ai Carabinieri, che le sue intenzioni erano rivolte allo studio e che non sapeva non fosse consentito un simile gesto. In realtà, riporta lo stesso Guido Calza, il comportamento del professore finlandese non concordava con quanto dichiarato, poiché aveva nascosto il frammento sottratto nel berretto [1].

Un anno prima, nel 1926, l’11 agosto, venivano rubate 2 statue da Ostia Antica, esposte – insieme ad altri ritrovamenti – nelle stanze del pian terreno degli Horrea Epagathiana et Epaphroditiana, edificio che doveva – almeno all’epoca – costituirsi come un antiquarium all’aperto al centro degli scavi. Mentre la statua femminile di una Venere Anadiomene frammentaria era stata staccata dalla base di marmo moderno cui era fissata tramite un perno, quella maschile – anch’essa frammentaria – era stata asportata con tutta la base. I Carabinieri non riuscirono a trovare prove che consentissero di ricostruire l’accaduto. Cercarono le tracce della carriola che, essendo mancanti, condussero alla deduzione che le statue fossero state portate via da Ostia a braccia. Calza provvide togliendo gli altri reperti dall’esposizione presso gli Horrea, nonché inviando comunicazione con foto allegate al Ministero dell’Istruzione e agli Uffici Esportazione affinché ponessero particolare attenzione ai due reperti mancanti [2].

Oltre i furti, gli sterri che si sono susseguiti hanno lasciato veri e propri vuoti temporali che nessuno potrà mai restituire. Non conosciamo, per esempio, la storia dei singoli edifici che, con il trascorrere dei secoli, avevano sicuramente cambiato destinazione d’uso. Eppure, paradossalmente, quegli stessi sterri hanno consentito agli studiosi odierni e ai turisti provenienti da ogni parte del mondo di esplorare il sito di Ostia Antica, di studiarlo, valorizzarlo e di indagarlo laddove possibile. Ostia Antica divenne, dopo il periodo di Guido Calza e di Italo Gismondi – destinato alla mai realizzata E42 –, un polo archeologico di carattere internazionale, oggi ampiamente noto, che può consentirci ancora di condurre ricerche e di scrivere, così, ulteriori pagine di storia romana.

Bibliografia/sitografia consultata e consigliata:

Becatti G., Commemorazione di Guido Calza, in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, 22 (1946-1947), pp. 23-30.

G. Calza, Ostia Antica e l’Esposizione, in Capitolium, aprile 1938, pp. 207-213.

La Miscellanea Raissa Calza: https://www.ostiaantica.beniculturali.it/it/biblioteca/digit-ostia/raissa-calza/

M. Lo Blundo, L’Archivio Fotografico di Ostia antica. 110 anni, ma non li dimostra, su Generazione di Archeologi – Blog (20.03.2019) https://generazionediarcheologi.com/2019/03/20/larchivio-fotografico-di-ostia-antica-110-anni-ma-non-li-dimostra/

P. Olivanti, Dante Vaglieri alla Direzione degli Scavi di Ostia Antica, in Ch. Burnn, A. Gallina Zevi (a cura di), Ostia e Portus nelle loro relazioni con Roma, Roma 2002, pp. 271-289.

Quartieri e monumenti di Ostia Antica: https://www.ostiaantica.beniculturali.it/it/pannelli-didattici/

E. Rinaldi, Conservare e “rivelare” Ostia: per una rilettura dei restauri della prima metà del Novecento, in Restauro Archeologico, 2 (2015), pp. 46-67.

https://www.ostiaantica.beniculturali.it/it/home/

V. Santa Maria Scrinari, Gli scavi di Ostia e l’E42, in M. Calvesi, E. Guidoni, S. Lux (a cura di), E42. Utopia e scenario del regime, vol. II, Roma 1987, pp. 179-188.

C. Sorrentino, Archeologia in archivio. I fondi fotografici delle Soprintendenze e il caso di Ostia Antica, in Analysis archaeologica, 4 (2018), pp. 223-253.


[1] Archivio Centrale dello Stato, Fondo Direzione Generale Antichità e Belle Arti, Divisione II, 1925-1928/ Posizione 1, scavi/ busta 27, fasc. 542.

[2] Archivio Centrale dello Stato, Fondo Direzione Generale Antichità e Belle Arti, Divisione II, 1925-1928/ Posizione 1, scavi/ busta 27, fasc. 528.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Foto di Cristina Cumbo (inclusa quella di copertina), tranne dove diversamente indicato. Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

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Scritto in data: 18 dicembre 2022

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Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.