“Rinascimento Marchigiano”: opere salvate dal sisma e restaurate in mostra al Pio Sodalizio dei Piceni

Mostra Rinascimento Marchigiano (foto di Cristina Cumbo)

Percorro via dei Coronari, inoltrandomi all’interno di uno degli angoli più belli di Roma. Si tratta di una strada in cui si susseguono gli antiquari, in cui l’antichità, la bellezza, la storia, è intervallata a qualche altro esercizio commerciale che vende souvenir, vetri di Murano, abbigliamento, gelati.

Frammenti di colonne, sarcofagi, epigrafi spuntano di tanto in tanto, murati sulle superfici dei palazzi, a ricordare che sotto quelle costruzioni si succedono strati archeologici, mentre qualche “Madonnella” osserva i passanti, turisti per lo più.

È una bella giornata di sole. Sembrerebbe quasi marzo inoltrato, eppure febbraio si fa sentire inviando qualche spiffero gelido che mi costringe ad avvolgermi ulteriormente nella sciarpa. Sono quasi arrivata: ricordo bene la facciata “a schermo” di San Salvatore in Lauro e, accanto, quella porticina che conduce all’interno del Pio Sodalizio dei Piceni, con un chiostro (ancora parzialmente in restauro), un cortile più grande e una corte, dedicata al pontefice Pio IX, con una fontana centrale, ormai ricoperta di verde, da cui stillano gocce d’acqua. Si è annullato il traffico di Roma, mentre in quello scrigno di architettura e storia regna la tranquillità.

Scorgo una signora che scende gli scalini, uscendo. Ha un volto soddisfatto e sfoglia un catalogo. Tiro fuori la macchinetta fotografica, mentre entro all’interno dello spazio museale che mi accoglie con toni scuri, dove risaltano enormi pale d’altare. Sussurro un timido “buongiorno” all’addetta che mi saluta cortesemente di rimando. Ed eccomi lì, al cospetto della storia dell’arte. Quelle opere ferite che, grazie all’intervento dei pazienti restauratori, si sono riprese, mostrano fieramente qualche distacco, sopravvissute alla furia del sisma.

Prima sala della mostra “Rinascimento Marchigiano” (foto di Cristina Cumbo)

Di alcuni autori non ho mai sentito parlare. Non sono una storica dell’arte, ma sono certa che siano artisti cosiddetti “minori”… eppure la loro mano, la loro maestria, nulla aveva da invidiare a quella dei grandi.

Mi soffermo nella prima sala dove mi accoglie una “Madonna di Loreto” del XVII secolo, inserita all’interno di una nicchia intarsiata; vi è un San Francesco al cospetto di una “Incoronazione della Vergine”; una “Visitazione”, su cui sono state svolte indagini diagnostiche; una “Annunciazione”, in cui il volto di Maria è sfigurato dal danneggiamento della tela, ma non ha perso la bellezza, l’eleganza, la dolcezza che ancora trapelano dal pigmento pittorico. Rimango incantata ad osservare il viso dell’angelo, i gigli che tiene in mano, le morbide onde delle vesti e le ali ripiegate.

Proprio al centro della seconda sala è stato posizionato un manufatto particolare: si tratta di una serie di ante di armadio completamente dipinte. Provengono dalla Chiesa dei Santi Pietro e Antonio Abate a Monsapietro Morico (FM). Sul retro sono raffigurati angeli con i simboli della Passione e di alcuni santi, mentre la fronte presenta le allegorie della Fede, della Speranza, della Carità e della Povertà volontaria. Due crofissi lignei alle pareti, talmente espressivi da trasmettere sofferenza, provengono uno da Ascoli Piceno e uno da Petriolo, vicino Macerata.

Si prosegue verso una breve discesa che conduce ad altre sale. Tra i manufatti lignei, soprendono le due Pietà lignee, poste l’una accanto all’altra. Le proporzioni di corpi, totalmente sfalsate, farebbero pensare al fatto che almeno la Pietà di sinistra fosse posta in una posizione particolare, in modo da poter restituire una visuale obliqua sia del volto della Madonna, rigato di lacrime, che di quello di Cristo, esanime e cosparso di gocce di sangue.

Svoltando, si entra quindi nell’ultima sala in cui l’oro sfolgora sullo sfondo scuro: mentre la parete sinistra è occupata dalle storia di Santa Lucia di Jacobello Del Fiore, in cui prevale l’uso delle lamine dorate, lo sguardo viene totalmente attratto dal polittico di XVI secolo, attribuito a Giuliano Presutti e proveniente dalla chiesa di San Francesco a Monte San Pietrangeli (FM), con Madonna con Bambino, Santi, Apostoli, Padri della Chiesa e una Deposizione. Le elaborate cornici, i personaggi iconici racchiusi al loro interno, sormontati da pennacchi ricurvi fanno del polittico un vero capolavoro.

Lo sguardo non può evitare di posarsi sulla Madonna adorante il Bambino con angeli musicanti di Vittore Crivelli, una magnifica tempera su tavola, proveniente dalla Pinacoteca Civica di Sarnano (MC). La Vergine è avvolta in un manto che richiama il broccato, mentre il dolce volto coronato e nimbato, è inclinato verso il basso ad osservare il Bambino, posto a terra, nimbato, benedicente, con un garofano rosso nella mano sinistra. Proprio in un angolo, si scorgono altri garofani inseriti in un vaso di vetro, mentre due angeli musicanti e una corte di cherubini sono immersi in uno sfondo d’oro, arricchito di frutti.

Infine, contrapposte, ai lati della porta d’ingresso, vi sono due Madonne lignee: mentre quella di destra, ammantata d’oro, tiene le mani giunte e il Bambino disteso sulle proprie ginocchia, e sembra non aver riportato danni (frazione di Porchiano, Ascoli Piceno, Chiesa di San Michele Arcangelo), quella di sinistra, non è stata risparmiata dalla potenza distruttiva del terremoto. Il velo azzurro presenta numerose lacune, laddove la pellicola pittorica si è completamente sgretolata; il volto oblungo e arrotondato accoglie un’espressione triste, o forse è solo un’impressione che si ha osservando l’opera nel complesso, accorgendosi delle mani che ormai non esistono più, con il legno vivo che appare strappato di netto, mostrando le venature. È forse un simbolo del paese da cui proviene, Arquata del Tronto, uno dei centri più danneggiati dal terremoto. La stessa statua si presenta come una sopravvissuta a metà.

Ripongo la macchina fotografica, riordino le idee e percorro indietro il piccolo polo espositivo. Saluto nuovamente la gentile addetta ed esco alla luce del sole. Mentre lascio il complesso monumentale, camminando nuovamente sui sanpietrini di via dei Coronari, mi accorgo che è trascorsa un’ora. Le immagini delle opere d’arte appena conosciute si susseguono nella mia mente e si sovrappongono a quelle di tante altre osservate – solo attraverso i TG o i documentari – all’interno dei depositi o ancora in quelle chiese inagibili.

Il sisma, dal 2009 con L’Aquila, proseguendo poi con varie altre scosse fino a quella nuovamente distruttiva del 2016, ha mostrato un’Italia fragile. Il centro si sta rapidamente spopolando e, nonostante si cerchi di valorizzare quel che è possibile recuperare, la paura continua a prevalere. Mentre la ricostruzione fatica a partire in maniera spedita, quei frammenti di storia che sono le opere d’arte, recuperate soprattutto dalle chiese spoglie e percorse da spaventose fratture, sono ordinate nei magazzini nella speranza di tornare a rivestire il ruolo devozionale di un tempo. Opere d’arte che, ormai, appaiono decontestualizzate, belle nella forma, ma frammentarie e avvolte da un’aura quasi nostalgica del tempo che fu. Proprio come quella Madonna lignea che, sepolta dalle macerie, danneggiata irreversibilmente, è ancora lì a testimoniare un culto e una speranza di rinascita per le popolazioni del Centro Italia.

La mostra “Rinascimento Marchigiano” è visitabile gratuitamente fino al 5 luglio 2020, presso il Pio Sodalizio dei Piceni a Roma (Basilica di S. Salvatore in Lauro, adiacente via dei Coronari), dalle ore 10.00 alle ore 13.00/ dalle ore 16.00 alle ore 19.00. Chiusa nei giorni festivi.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Scritto in data: 21 febbraio 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Tutte le foto sono di Cristina Cumbo. Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

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About Cristina Cumbo 117 Articles
Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.