Teste di moro e pupi siciliani: la cultura e l’identità della Sicilia dietro i suoi souvenir

Foto di Peter H (da: https://pixabay.com/)

Chi non ha mai visto, o sentito parlare, dei pupi siciliani o delle ceramiche raffiguranti le famose “teste di moro”? Si tratta di oggetti che i turisti – e non solo loro – vedono, e acquistano, come ricordo delle loro vacanze in Sicilia; in questo modo, per loro, è un po’ come portare materialmente con sé un pezzo dell’isola.

Ma siamo sicuri che si tratti solamente di oggettistica e souvenir? Cosa vuol dire, per questi oggetti, essere “rappresentativi rappresentazione dell’identità siciliana”? Qual è il valore che, intrinsecamente, si attribuisce ad essi? Procediamo con ordine all’interno di un discorso che vuole gettare luce sul valore storico e identitario di un’isola espresso attraverso questi oggetti.

Le cosiddette “teste di moro” sono vasi di dimensioni variabili, realizzati in ceramica, dai colori molto vivaci (dal blu al verde, dal giallo al rosso) e dalla forma antropizzata; generalmente vanno acquistati in coppia, ma forse pochi conoscono la leggenda che si cela dietro essi – e che spiega il motivo della loro forma e della necessità di stare in coppia –. La leggenda, ambientata nella Palermo dell’XI secolo, nell’attuale quartiere della Kalsa, vuole che, un giorno, un giovane musulmano – in Sicilia i musulmani vengono definiti “mori” –, passeggiando per strada, vide una giovane e bella donna siciliana affacciata al balcone mentre innaffiava del basilico; il giovane si innamorò all’istante, ricambiato. I due si incontrarono spesso ma, ad un certo punto, egli comunicò alla donna che sarebbe dovuto tornare in patria dove lo attendevano le mogli. A quel punto la giovane, presa dalla gelosia, con un gesto rabbioso, mozzò la testa dell’amato e, dopo averla svuotata, la utilizzò come vaso per il suo basilico, che innaffiava con le proprie lacrime. Lacrime d’amore, che rendevano il basilico di quel “vaso” il più bello e rigoglioso di tutta Palermo. Ciò destò l’invidia degli altri abitanti del quartiere i quali, per non essere da meno, iniziarono a farsi costruire vasi simili a quella testa.

Teste di moro (foto di ulleo da: https://pixabay.com/)

Vero o meno che sia, questo racconto spiega il motivo della forma antropizzata dei vasi, raffiguranti i due amanti. Oltre a ciò, questa coppia d’oggetti rimanda alla storia di uno dei periodi più importanti della Sicilia medievale.

Se poi si va oltre la leggenda, osservando l’oggetto materiale in sé, ci si può rendere conto della maestria degli artigiani che quotidianamente producono questi souvenir; si mette in risalto l’ingegno proprio di questa categoria professionale, ma anche – per mezzo di colori e decorazioni – la fantasia, l’allegria, il calore umano del popolo siciliano.

Ecco che, in definitiva, un vaso in ceramica termina, in tal modo, di essere un semplice oggetto comprato a ricordo di una vacanza, per trasformarsi in uno che ne richiama la storia, la leggenda, la tradizione, ma anche la perizia artigianale, l’inventiva dello spirito locale, i colori, i sapori; in una sola parola, porta nelle nostre case una parte della “sicilianità”.

Anche dietro ai pupi siciliani si nasconde quell’insieme di storia e letteratura nato dall’ingegno del popolo. Più che di pupi siciliani sarebbe più corretto parlare di “teatro dell’opera dei pupi”, in quanto vi è tutto un vero e proprio sistema di funzionamento del quale il pupo rappresenta l’elemento visibile, la “punta dell’iceberg”.

Il teatro dell’opera dei pupi nasce nella Sicilia di fine Settecento-primi dell’Ottocento, ponendo materialmente in scena quelle che erano le vicende raccontate dai vari cantastorie (cuntastorie o cuntisti in siciliano); questi ultimi non facevano altro che spostarsi di paese in paese e cantare, in pubblico, le vicende dei paladini di Francia, a loro volta protagonisti dei romanzi epico-cavallereschi della letteratura cinque-seicentesca.

Pupo siciliano (foto di Cristina Cumbo)

Per quanto riguarda i pupi stessi, essi sono una forma a se stante di burattini, realizzati dai mastri pupari in legno, metallo e stoffa, questi ultimi due materiali posti in relazione all’abbigliamento del pupo. A loro volta i pupari sono anche coloro che, nelle rappresentazioni, muovono i pupi da dietro le quinte, attraverso un sistema di fili e aste metalliche, e provvedono anche ai dialoghi (sono, in definitiva, i curatori e responsabili della messa in scena della rappresentazione). Tra i pupari più noti, oggi, si ricordano i membri delle famiglie Cuticchio, Mancuso (a Palermo), Napoli (a Catania), Macrì (Acirele, CT), Puglisi (Sortino, SR). Da queste ripartizioni geografiche si capisce che in Sicilia vi sono due “scuole” di pupi siciliani: quella palermitana e quella catanese, ciascuna con proprie caratteristiche che attengono alla struttura e dimensione dei pupi, alla loro mobilità e anche alle caratteristiche della messa in scena degli spettacoli.

Va anche detto, a proposito dei pupari, che essi si sono sempre tramandati il patrimonio di conoscenze di padre in figlio, contribuendo in questo modo a mantenere viva, nell’isola, una tradizione affascinante che però, con l’introduzione dei mezzi di comunicazione di massa (la televisione in primis), ha subito una vera e propria crisi: i teatrini si sono progressivamente svuotati – ancora oggi il teatro dell’opera dei pupi risente di queste difficoltà – e i pupari hanno dovuto rielaborare i loro spettacoli in funzione dei molti turisti che, fortunatamente, affollano quotidianamente la Sicilia. Un consistente aiuto è stato sicuramente l’inserimento del teatro dei pupi nella lista dei beni immateriali dell’UNESCO (il riconoscimento risale al 2001, quando ancora non esisteva la lista dei beni immateriali).

Bibliografia e sitografia consigliata:

Touring Club Italiano, Sicilia, TCI, Milano 2009;

https://www.bb22.it/vi-raccontiamo-la-leggenda-delle-teste-di-moro/

https://ddceramichesiciliane.com/pages/la-leggenda-delle-teste-di-moro

http://www.lentinionline.it/sicilia/opera_dei_pupi.htm

https://www.youtube.com/watch?v=1sF9TkJ2Wuw

https://www.youtube.com/watch?v=wsXD9vUkduo

http://www.unesco.it/it/PatrimonioImmateriale/Detail/387

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Emanuele Riccobene

Scritto in data: 20 ottobre 2021

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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About Emanuele Riccobene 21 Articles
Storico. Ha conseguito il master I° livello in "Esperti nella tutela del patrimonio culturale" presso l'Università "Roma Tre". Ha all'attivo pubblicazioni sulla storia politica, militare, economica e sociale della Sicilia. Sta inventariando il patrimonio culturale immateriale del Comune di Delia (CL).