Tutela dei sacri cimiteri: il ruolo della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra dal 1852

Catacombe (User GerardM on nl.wikipedia, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons)

“Catacombe”: cimiteri cristiani comunitari dei primi secoli. Un concetto, questo, che gli archeologi come me, tanto più quelli specializzati in archeologia cristiana, avranno sentito ripetere numerose volte nel corso delle lezioni universitarie e non solo.

Da dove deriva il termine? Inizialmente questi luoghi di sepoltura erano chiamati semplicemente coemeteria = cimiteri; a partire dal Medioevo, si cominciò a utilizzare la parola catacombe, dal greco,  κατά, ovvero “presso”,  e κύμβας, “cavità, grotta” = presso le cavità, toponimo che a Roma indicava il III miglio della via Appia dove, per un certo periodo di tempo, erano stati venerati Pietro e Paolo, e dove era stato sepolto San Sebastiano.

Solamente la città di Roma è costellata di catacombe, di cui una minima parte sempre aperte al pubblico e agibili in sicurezza, ovvero quelle di San Callisto, di San Sebastiano, di Domitilla, di Santa Agnese, dei Santi Pietro e Marcellino, di San Pancrazio, di Priscilla.

Alcune di esse vengono rese accessibili in occasioni speciali, come per esempio quella di Pretestato sulla via Appia, o l’ipogeo di via Dino Compagni (cimitero di diritto privato) sulla via Latina, chiuse per questioni più che altro conservative.

Sono un’archeologa cristiana e ho avuto la fortuna, nel corso della mia formazione, di poterne visitare una gran parte per motivi di studio, esplorando zone difficilmente raggiungibili. Nel sottosuolo di Roma si estende un altro mondo, composto di gallerie scavate nel tufo o nell’arenaria, in cui loculi e cubicoli si fronteggiano, talvolta affrescati o provvisti di iscrizioni che presentano frammenti di vita appartenuta ai fedeli di tanti secoli fa, quegli stessi che avevano deciso di seguire il credo dei Principi degli Apostoli.

Roma non è la sola città a possedere un così vasto patrimonio cimiteriale antico e sotterraneo: località come Napoli in Campania, Siracusa e Palermo in Sicilia, Chiusi in Toscana, Amiternum in Abruzzo, Bolsena, Albano e Grottaferrata nel Lazio, Massa Martana in Umbria, Sant’Antioco in Sardegna, Canosa in Puglia, per citarne solo alcune, presentano testimonianze cristiane dei primi secoli conservate a metri di profondità.

E di catacombe, quindi di cimiteri comunitari sotterranei, non esistono solo quelle cristiane, ma anche ebraiche. Non è però una dettagliata descrizione archeologica che si vuole qui affrontare, bensì una riflessione volta alle questioni di conservazione e tutela di questi magnifici e importanti complessi monumentali.

Chi si occupa della tutela, della gestione, della custodia e della valorizzazione delle catacombe? Un organo della Santa Sede, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

Pio IX (immagine tratta da Wikipedia)

Quest’ultima venne istituita da Pio IX, il 6 gennaio 1852, come Commissione di Archeologia Sacra, con lo scopo di «custodire i sacri cemeteri antichi, per curarne preventivamente la conservazione, le ulteriori esplorazioni, le investigazioni, lo studio, per tutelare inoltre le più vetuste memorie dei primi secoli cristiani, i monumenti insigni, le Basiliche venerande, in Roma, nel suburbio e suolo romano e anche nelle altre Diocesi d’intesa con i rispettivi Ordinari».

Fino ad allora, le catacombe erano state in qualche modo “protette” dai Custodi delle reliquie e dei sacri cimiteri che, oltre a svolgere indubbiamente ricerche, avevano purtroppo operato saccheggi di manufatti, di corpi, distacchi di affreschi e rimozioni di epigrafi, nonché una damnatio memoriae verso quelle raffigurazioni profane o considerate tali; a queste figure, si aggiungano ovviamente tutti coloro che, per diletto o per incarico, si introducevano all’interno di questi luoghi – rischiando la propria vita, attraversando frane e cavità, rischiarate solo dalla luce delle fiaccole – per estrarre parti di quei fedeli sepolti spacciandoli per martiri e santi, alimentando così la richiesta e il traffico delle reliquie. Se non conosciamo e non potremo mai conoscere completamente l’identità, gli usi e i costumi di quei fedeli dei primi secoli, è proprio a causa di quest’operazione incontrollata che si perpetrò nel tempo.

La Commissione, quindi, divenne Pontificia con il Motu Proprio di Pio XI, I primitivi cimiteri, dell’11 dicembre 1925, ottenendo un ampliamento dei propri poteri:

«[…] abbiamo stimato utile e opportuno ampliare e rafforzare la Commissione stessa con l’attiva partecipazione di altri competenti […], da varie regioni e nazioni […].

Alla Commissione […] riconfermiamo il diritto esclusivo e collettivo per la conservazione degli antichi sacri monumenti, per la esplorazione ed escavazione dei cemeteri sotterranei e delle aree sepolcrali all’aperto cielo; per la determinazione e direzione assoluta di qualunque lavoro debba o voglia in quelli praticarsi, o che possa avere attinenza con essi, e per la prima pubblicazione dei risultati di scavi o lavori. Essa soltanto, come viene precisato nell’apposito Regolamento da Noi pur approvato, può stabilire le norme e le condizioni con cui rendere accessibili e visibili al pubblico e agli studiosi i sacri cemeteri, sotto la responsabilità di Custodi che essa nomina e riconosce e che da essa per questo debbono dipendere, e deve indicare quali cripte, e con quali cautele, siano da adibire per la santa liturgia.

Alla Nostra Commissione, quindi, che, sola investita dell’autorità di compiere escavazioni e lavori nelle Catacombe e nelle aree cemeteriali, di fatto li compie diligentemente a mezzo del proprio ufficio tecnico, e che in Nostro nome deve amministrare quanto riguarda i sacri cemeteri, anche sottostanti o uniti a basiliche o ad altri sacri edifici governati o immediatamente dipendenti da speciali giurisdizioni, è pur giusto e naturale, che esclusivamente convergano le oblazioni che vogliono destinarsi a tale scopo e che occorrono ogni anno in misura sempre più larga. […]».

Pio XI affiancò alla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra un altro organo: il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, con il compito di formare studiosi che potessero in futuro preservare e studiare i monumenti cristiani antichi.

Pio XI (immagine tratta da Wikipedia)

La Pontificia Commissione di Archeologia Sacra era, perciò, stata investita dal papa dei compiti riguardanti la tutela, la conservazione, la custodia, la fruibilità delle catacombe, nonché delle azioni di scavo e ricerca.

L’11 febbraio 1929 fu la volta della firma dei Patti Lateranensi con cui si pose fine alla cosiddetta “questione romana” tra Stato Italiano e Chiesa. Tutte le catacombe cristiane non solo di Roma, ma di tutta Italia divenivano competenza della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

L’art. 33 del Concordato recita infatti:

«È riservata alla Santa Sede la disponibilità delle catacombe esistenti nel suolo di Roma e delle altre parti del territorio del Regno con l’onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conservazione.

Essa può quindi, con l’osservanza delle leggi dello Stato e con salvezza degli eventuali diritti di terzi, procedere alle occorrenti escavazioni ed al trasferimento dei corpi santi».

Nel 1984 veniva firmato il nuovo Concordato, o accordo di Villa Madama, che apportava modifiche a quello del 1929, dedicando l’art. 12 proprio ai beni culturali religiosi e alle catacombe:

1. La Santa Sede e la Repubblica Italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico ed artistico.

Al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali d’interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche.

La conservazione e la consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti.

2. La Santa Sede conserva la disponibilità delle catacombe cristiane esistenti nel suolo di Roma e nelle altre parti del territorio italiano con l’onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conservazione, rinunciando alla disponibilità delle altre catacombe.

Con l’osservanza delle leggi dello Stato e fatti salvi gli eventuali diritti di terzi, la Santa Sede può procedere agli scavi occorrenti ed al trasferimento delle sacre reliquie.

Con il Concordato del 1984 molti punti venivano ribaditi, alcuni ampliati e le catacombe ebraiche tornavano allo Stato Italiano, nonostante la Pontificia Commissione se ne fosse occupata sino ad allora.

Le catacombe cristiane vennero, perciò, tutelate, a partire dal 1852, da un gruppo di esperti studiosi e tecnici che, potendosi avvalere dell’aiuto dei fossori – operai specializzati -, portavano avanti scavi e ricerche. Tuttavia, questo patrimonio così vasto, in parte sconosciuto, veniva inesorabilmente saccheggiato o violato.

Un caso piuttosto noto è quello dell’affresco di Turtura nelle catacombe di Commodilla, distrutto da alcuni uomini, introdottisi nel cimitero che si estende sotto Parco Giovannipoli (tra Ostiense e Garbatella, a Roma), attraverso l’uso di un mattone che servì per praticare un foro e cercare altre tombe. La pittura fu ridotta in frammenti e la sua ricostruzione, ampiamente criticata ma contestuale all’epoca in cui venne effettuato l’intervento, fu difficoltosa.

Un episodio certamente più recente riguarda invece il furto dei frammenti di un sarcofago, conservati a San Callisto, che furono ritrovati murati in un agriturismo a Norcia (link).

Tutelare, studiare, ricercare, valorizzare, custodire e, dove possibile rendere fruibile un patrimonio così vasto non è di certo un’impresa semplice. Eppure, per esperienza e per quella passione che ancora mi lega e sempre mi legherà all’archeologia cristiana, posso dire che l’arte cimiteriale dei primi secoli riveste un fascino unico, parlando di un mondo storicamente lontano, ma forse non troppo; un mondo che, in fondo, prosegue a convivere con la nostra realtà, seppur nascosto sotto l’asfalto, i palazzi e quei pochi residui di verde urbano; un mondo composto di difficoltà, ma in cui vi erano sicuramente più speranza e fede, delle quali si trova piena dimostrazione in quegli splendidi affreschi che rischiarano le volte dei cubicoli, in quelle scene scolpite sui sarcofagi a volte levigati dal tempo.

Bibliografia e sitografia essenziale e consigliata:

Motu Proprio del Sommo Pontefice Pio XI, I Primitivi Cimiteri (1925).

Patti Lateranensi (1929).

Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana che apporta modificazioni al Concordato Lateranense (1984).

Pontificia Commissione di Archeologia Sacra: storia e descrizione

Sito della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra

Archivio Storico Fotografico della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra

F. Bisconti, Padre Fasola e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Ricerca e tutela a confronto, in Rivista di Archeologia Cristiana, 94 (2018), pp. 69-97.

F. Bisconti, Fatti e misfatti nelle catacombe romane. Violazioni, asportazioni e restituzioni nel tempo, in Forme della tutela. Atti dell’Incontro di Studio, Roma 8-9 giugno 2018, Roma 2019, pp. 189-204.

M. Braconi, “I Sarcofagi Ritrovati” del Museo della Torretta: quattro storie di furti e di recuperi dalle catacombe romane, in Forme della Tutela. Atti dell’Incontro di Studio, Roma, 8-9 giugno 2018, Roma 2019, pp. 305-325.

G. Ferri, Il cosiddetto sarcofago di Balbino nel complesso di Pretestato. Un “furto” prima della scoperta, in Forme della Tutela. Atti dell’Incontro di Studio, Roma, 8-9 giugno 2018, Roma 2019, pp. 345-372.

V. Fiocchi Nicolai, F. Bisconti, D. Mazzoleni, Le catacombe cristiane di Roma: Origini, sviluppo, apparati decorativi, documentazione epigrafica, Regensburg 1998.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Scritto in data: 14 luglio 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Foto di copertina: Catacombe (User GerardM on nl.wikipedia, CC BY-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/, via Wikimedia Commons)

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About Cristina Cumbo 117 Articles
Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.