Anche per il diserbo serve un cambio di paradigma

Pompei (foto di falco da: https://pixabay.com/)
Per rendere sostenibile la transizione green delle pratiche di diserbo, è necessario ripensare alla cura del verde delle aree archeologiche e monumentali, recuperando le competenze agro-botaniche precedenti l’uso del glifosato. Un seminario tenutosi a gennaio presso l’Istituto Centrale del Restauro di Roma, ha fatto il punto della situazione sulle possibili alternative all’uso del noto erbicida, anche in vista dei nuovi sviluppi normativi.

La cura del verde nelle aree archeologiche e monumentali rappresenta una sfida quotidiana che necessita di importanti risorse economiche e di un continuo monitoraggio.

Il degrado provocato da piante ed erbacce non è solo di tipo estetico: gli apparati radicali si insinuano nelle discontinuità del substrato dei manufatti (intonaci, laterizi, materiale lapideo) provocando danni meccanici e favorendo l’accesso dell’acqua che innesca ulteriori forme di degrado. Le specie che più frequentemente intaccano i manufatti architettonici sono di tipo erbaceo o cespuglioso (Cynodon dactylon, Melica minuta, Parietaria officinalis,Capparis spinosa, Ceterach officinarum, Hedera helix). Le operazioni di diserbo vengono realizzate con metodi meccanici – sfalcio e potatura – e metodi di natura chimica attraverso la devitalizzazione della vegetazione infestante con prodotti erbicidi, spesso a base di glifosato, utilizzati per lo più per irrorazione. Ma è sempre più diffusa l’esigenza di trovare alternative green, anche attraverso un vero e proprio cambio di paradigma nella gestione del verde.

Storia del glifosato, l’erbicida più usato al mondo

Il glifosato, sostanza attiva appartenente alla famiglia degli acidi fosfonici, è stato introdotto in agricoltura negli anni Settanta dalla multinazionale Monsanto, con il nome commerciale di Roundup. Da allora è l’erbicida più usato al mondo per il costo contenuto (il brevetto della Monsanto è scaduto nel 1992) e l’efficacia anche nei confronti delle specie arbustive ed arboree. Si tratta infatti di un diserbante sistemico che agisce in maniera non selettiva: in altri termini, uccide qualsiasi specie vegetale sottoposta alla sua azione, tranne quelle geneticamente modificate a resistergli. Grazie a valori di tossicità bassi rispetto agli erbicidi usati all’epoca della sua introduzione, il glifosato ha trovato immediato ed ampio utilizzo anche in ambito urbano – per esempio per mantenere strade e ferrovie libere dalle erbacce – anche perché viene facilmente degradato dai batteri del suolo. Negli ultimi anni sono aumentati i divieti e le limitazioni di utilizzo di molti erbicidi convenzionali a causa del loro impatto sull’ambiente e dei rischi per la salute dell’uomo. Il dibattito è tuttora aperto, in vista dei nuovi sviluppi normativi che si muovono in un’ottica sempre più green.

Operazioni di diserbo (foto di Ylenia Rubino)
Il seminario presso l’Istituto Centrale per il Restauro di Roma

“Il diserbo nella conservazione dei beni culturali: stato dell’arte sull’uso del glifosato e strategie alternative sostenibili” questo il titolo del seminario tenutosi lo scorso 18 gennaio nell’Aula Magna “Cesare Brandi” dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR), all’interno del complesso monumentale di San Michele a Ripa. Gli interventi dei relatori [1] hanno messo in luce che l’alternativa al glifosato non è uno specifico prodotto ma un approccio diverso al problema. La transizione verso erbicidi naturali sarà infatti sostenibile, sia da un punto di vista ambientale che economico, solo sviluppando pratiche consapevoli di cura del verde e un’efficace integrazione di strategie preventive. Sarà inoltre auspicabile prevedere corsi di formazione specifici e dotare il Ministero della Cultura (MIC) di specialisti come gli agronomi.

Da qualche anno anche il mondo della conservazione e del restauro dei beni culturali è molto attento alla sostenibilità ambientale. Brevemente possiamo dire che si sperimentano prodotti sempre meno tossici per l’operatore e più facilmente smaltibili, puntando sempre più su prevenzione, minimo intervento e manutenzione ordinaria [2].

Per quanto riguarda il diserbo, si tratta di un’operazione che spesso interessa aree molto ampie, aperte o semi-confinate, in cui non è possibile schermare l’azione dell’erbicida. È questo il caso dei parchi archeologici, mediamente frequentati da molte persone. Al seminario sul glifosato, organizzato in collaborazione con CREA – Ricerca, hanno preso parte, tra gli altri, i funzionari-restauratori del Parco Archeologico di Pompei e del Parco Archeologico di Ostia Antica. Dai loro interventi sono emerse alcune riflessioni che invitano a ripensare al problema del controllo della vegetazione infestante in modo differente.

Ostia Antica (foto di neufal54 da Pixabay )

Innanzitutto è necessario considerare che un parco archeologico è un ecosistema complesso che non comprende solo l’archeologia, ma arbusti, alberi, uccelli, insetti (natura, insomma) e fortemente frequentato dall’uomo.

“La manutenzione del verde deve diventare gestione di un sistema da tenere in equilibrio: per esempio le piante infestanti andrebbero controllate attraverso l’azione dei loro naturali antagonisti. A breve i prodotti a base di glifosato non saranno più efficaci perché le erbe si adattano e diventano resistenti al trattamento. Bisogna quindi tutelare la biodiversità. Per esempio, se si desidera far tornare il cardellino, è necessario riportare il cardo nei giardini. Per fare questo, il MIC dovrebbe dotarsi di specialisti come gli agronomi”, afferma Paolo Mighetto, funzionario-architettodel Parco Archeologico di Pompei.

Pompei, Casa dei Capitelli Figurati (foto: Mentnafunangann, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, attraverso Wikimedia Commons)

Qui la cura del verde è al centro del progetto Eco Pascolo che prevede, tra le altre cose, l’utilizzo di 150 pecore al pascolo per una manutenzione naturale e a costo zero della vegetazione di un’ampia area ancora non scavata. A Pompei la tradizione incontra l’innovazione e la tecnologia più avanzata: l’utilizzo di droni permette di monitorare due volte al mese lo stato della vegetazione dell’area archeologica.

Nel Parco di Ostia Antica, con i suoi 150 ettari, il trattamento a base di glifosato è ripetuto due volte l’anno ma la tendenza è quella di riuscire a mettere a punto metodi alternativi e altrettanto efficaci. Per questo motivo “il Parco ha sottoscritto una convenzione con l’associazione Yococu (Youth in Conservation of Cultural Heritage) per lo studio di erbicidi e biocidi alternativi” dice Antonella Docci, funzionario-restauratore di Ostia Antica.

I prodotti “green” alternativi al glifosato

Per quanto riguarda la ricerca scientifica, ci sono molte molecole promettenti che potrebbero sostituire il glifosato ma al momento una scarsa disponibilità reale di veri erbicidi naturali” afferma Stefano Benvenuti, del Dipartimento di Agronomia dell’Università di Pisa. Benvenuti sottolinea che bisognerebbe innanzitutto “vincere l’effetto poltrona: per decenni ci siamo viziati con strategie comode, efficaci ed economiche come il glifosato, i cui risultati sono eccezionali, difficili da ottenere con un prodotto naturale”.

Allo stato attuale le alternative green più promettenti mostrano alcuni vantaggi e altrettanti limiti di utilizzo. L’acido acetico, estratto per esempio dall’uva, per via del debole pH acido presenta problemi di azione corrosiva su materiale calcareo. Le resine di pino, ricche di terpeni, pongono il problema della ritenzione delle gocce sulle foglie e quindi di una scarsa bagnabilità. L’acido pelargonico, usato in alcuni prodotti già disponibili in commercio, mostra risultati discreti ma solo se si effettua una distribuzione uniforme. Gli oli essenziali, prodotti dalla distillazione delle piante aromatiche, hanno al momento costi di produzione piuttosto alti.

Oli essenziali (foto di di Mohamed Hassan da Pixabay )

“Gli oli essenziali estratti da erbacce per combattere le erbacce sono una prospettiva futura con una grande potenzialità, anche dal punto di vista economico. Si tratta infatti di specie dai costi agronomici limitati e sarebbe interessante sviluppare una filiera agronomica di bio-erbicidi a km zero” conclude Benvenuti. Come auspicato dalla dott.ssa Alessandra Marino, attuale Direttrice dell’ICR, ci auguriamo che, sotto la guida dell’Istituto da lei diretto, le importanti riflessioni scaturite dal seminario siano materia per definire le linee guida di una nuova normativa che favorisca la sostenibilità economica ed ambientale.

Breve dizionario di riferimento [3]

Bagnabilità o potere bagnante: capacità di superfici solide di essere bagnate quando messe in contatto con un liquido. Se la bagnabilità è buona, il liquido si spande facilmente sulla superficie. Viceversa si ha un effetto “goccia” per la cosiddetta tensione superficiale. I tensioattivi abbassano la tensione superficiale facilitando il potere bagnante.

Degrado: alterazioni fisiche, chimiche o biologiche di un manufatto che ne compromettono lo stato originario (aspetto, integrità, durabilità).

Diserbo: eliminazione o contenimento delle piante infestanti, allo scopo di ridurne il danno nei confronti di coltivazioni, animali al pascolo, aree verdi, manufatti o infrastrutture create dall’uomo.

Erbicida: sostanza chimica (anche detta diserbante) usata per l’eliminazione delle erbe infestanti o nocive. Gli erbicidi si classificano in totali o selettivi, a seconda che distruggano tutte o solo alcune delle erbe che crescono sulla superficie trattata.

Intonaco: rivestimento di una struttura muraria che deriva dal termine tonaca (vestito). Di solito è una malta composta da due parti di sabbia fine e una parte di calce, impastate con aggiunta di acqua.

Irrorazione: pratica detta anche nebulizzazione con la quale si trattano le piante per preservarle con antiparassitari o al contrario per farle seccare trattandole con erbicidi. Vengono utilizzate macchine irroratrici capaci di distribuire sulle foglie in modo uniforme e continuo la sostanza, diluita in acqua o altri liquidi, sotto forma di minute goccioline. Le irroratrici usate nel settore dei beni culturali sono solitamente portatili (a zaino).

Manutenzione: insieme di operazioni, tra cui puliture periodiche, come semplici spolverature e disinfestazioni da piante e organismi vegetali nei siti archeologici, intese ad evitare interventi stressanti.

Minimo intervento: orientamento di metodo nel restauro che mira alla conservazione e al mantenimento dell’integrità dell’opera senza comprometterne la leggibilità e veridicità storico-artistica attraverso interventi di restauro poco invasivi, orientando l’azione più ad interventi modificativi del contesto ambientale di esposizione del manufatto che ad interventi diretti su di esso.

Potatura: operazione di taglio di rami o parti dei rami o radici di una pianta allo scopo di sopprimere parti invecchiate o malate o, ancora, per dare alla pianta la forma desiderata e per regolarne la fruttificazione.

Prevenzione: insieme di azioni dirette ad impedire il degrado dell’ambiente, delle strutture architettoniche, dei materiali archeologici e di quelli costituenti ogni genere di manufatto artistico.

Tensioattivi: sostanza solubile che, addizionata ad un liquido, ne altera la tensione superficiale. I tensioattivi più noti sono i saponi. Nel restauro di solito i tensioattivi sono addizionati ai solventi organici per migliorare l’azione di una determinata miscela durante le operazioni di pulitura.

Tensione superficiale: forza agente sulla superficie di un liquido che influisce sul suo potere bagnante e che è responsabile dell’aggregazione dell’acqua in gocce.


[1] Arch. Alessandra Marino – Direttrice dell’Istituto Centrale per il Restauro, Dott. Bruno Caio Faraglia – Direttore del Servizio Fitosanitario Centrale del MASAF, Dott. Alessandro Monteleone – Dirigente di ricerca, CREA Politiche e Bioeconomia; Sara Iovine – Funzionario Restauratore del Parco Archeologico dell’Appia Antica; Antonella Docci – Funzionario Restauratore del Parco Parco Archeologico di Ostia Antica; Marco Bartolini  – Biologo dell’Istituto Centrale per il Restauro; Stephan Otto – CNR di Padova;  Pasquale Falzarano e Alberto Masci – Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste; Pasquale Cavallaro – Ministero della Salute; Stefano Benvenuti – Dipartimento di Scienze Agrarie Università di Pisa; Paolo Mighetto-Parco Archeologico di Pompei.

[2] Ai fini del controllo della vegetazione infestante, è molto importante ad esempio evitare l’accumulo di terriccio che favorisce la crescita delle piante.

[3] Fonti consultate: Dizionario del restauro. Tecniche, diagnostica, conservazione a cura di C. Giannini, Nardini Editore, Firenze 2010; https://www.treccani.it/enciclopedia/erbicida/

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Matilde Atorino

Scritto in data: 12 febbraio 2023

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About Matilde Atorino 8 Articles
Laureata presso l'Istituto Centrale per il Restauro nel settore dei dipinti, ha svolto la professione di restauratrice dal 2006 al 2020, in proprio e per 4 anni come dipendente dei Musei Vaticani. Nel 2022 ha conseguito il titolo del Master di I livello "La scienza nella pratica giornalistica" presso La Sapienza, con una tesi sulla comunicazione del restauro. Ama viaggiare, soprattutto in bici.