Falsificazione e mercato dell’arte: ripercorrendo la mostra “In difesa della bellezza” allestita presso l’Università di Roma Tre

Mostra sul falso a Roma Tre (foto di Cristina Cumbo)

Falsificazione: un fenomeno che sempre più imperversa nell’universo culturale. L’archeologia non è esente, ma il guadagno più sostanzioso avviene di certo grazie al mondo dell’arte contemporanea. A fronte dei dati a disposizione, la Procura Generale della Corte dei Conti ha recentemente dichiarato che nel 2019 sono stati effettuati 1080 sequestri di opere d’arte contraffatta da parte del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, di cui il 27,5 % riferiti al solo settore contemporaneo, per un valore equivalente a 178 milioni di euro (link). Un mercato, quello della contraffazione, che rende economicamente.

Stemma del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (foto di Cristina Cumbo)

La mostra In difesa della bellezza. Diagnostica umanistica e tecnologico-scientifica per lo svelamento del falso nell’arte, organizzata dal “Laboratorio del Falso” – istituito presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre – insieme al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (22 novembre – 18 dicembre 2019), ha avuto come intento proprio quello di svelare il particolare aspetto del contrasto alla falsificazione delle opere d’arte. Pur avendo riservato uno spazio molto ampio all’arte contemporanea, le vetrine contenevano anche reperti archeologici o particolari “pastiche”.

Inaugurazione della mostra con i relatori al tavolo nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma Tre (foto di Cristina Cumbo)
Il Ten. Col. Guido Barbieri, comandante del Nucleo Carabinieri TPC di Perugia mentre pone in esposizione un reperto falso sequestrato (foto di Cristina Cumbo)
Il Rettore Pietromarchi mentre consegna la targa dedicata al Comando Carabinieri TPC nelle mani del Gen. B. Roberto Riccardi (foto di Cristina Cumbo)

Un paesaggio di Gio Fattori, un ricamo su tessuto di Alighiero Boetti, i sacchi di Alberto Burri, le tele di Franco Angeli, così come le opere di Mario Sironi, Tano Festa e di Eliano Fantuzzi si sono susseguite in una mescolanza di colori, stili e iconografie che non hanno mai convinto gli storici dell’arte. Le analisi diagnostiche hanno dimostrato, infatti, di essere in presenza di falsi, così come le perizie grafologiche hanno dato prova della non autenticità delle tele firmate da un altrettanto “improvvisato” Mario Schifano.

Nell’ambito dell’esposizione, l’opera moderna che forse ha più sorpreso è stata, invece, quella attribuita a Frans Francken il Giovane per l’adozione di tecniche di falsificazione talmente semplici da essere evidenti persino a chi di arte proprio non se ne intende. Il dipinto, riproducente un’Adorazione dei Magi, ispirato alla tecnica dell’artista fiammingo, presentava un supporto alquanto particolare: non una tavola lignea, come ci si sarebbe aspettati da un dipinto antico, ma un tamburato composto da due fogli di legno e da uno di compensato centrale. La cornice, né lignea, né dorata, era invece costituita da una striscia di carta colorata posta a sottolineare il margine dell’opera.
Infine, il lato destro della stessa, caratterizzato da alcune lacune, mostrava perfettamente la tecnica di esecuzione di questo falso: erano state incollate porzioni di copie cartacee relative a varie opere di Francken che riproducevano lo stesso soggetto, sovrapponendo infine al tutto la pellicola di plastica utilizzata per uso alimentare.

È ben risaputo come le tecniche diagnostiche siano sicuramente fondamentali per poter smascherare un falso, ma altrettanto importante risulta essere l’iconografia. È questo il caso di un improbabile affresco romano, sequestrato nell’Agenzia delle Dogane di Livorno, posto in esposizione nel corso della mostra. L’esame dei pigmenti ha certamente verificato la totale incongruenza con la presunta datazione attribuita all’età imperiale. È però l’analisi iconografica a suggerire qualcosa in più. Si percepisce l’intenzione di voler raffigurare Diana o Artemide nell’atto di estrarre una freccia dalla faretra che, però, non è visibile, in favore di un arco le cui dimensioni, forma e prospettiva non sono di certo ottimali. Il falsario ha tentato, con ben poco successo, di effettuare un mix tra l’Artemide dell’ipogeo di via Livenza (il cui cervo “falso”, tra l’altro, assomiglia molto più a una renna) e l’Amazzone Mattei dei Musei Capitolini.

Affresco con Diana (opera falsa) (foto di Cristina Cumbo)

La mostra si chiudeva con una serie di reperti ceramici: due vasi acromi originali, di valore economico non elevato, sequestrati e ritrovati insieme a un gruppo di falsi, con il solo scopo di “certificare” l’autenticità dell’intero “bottino”; un cratere attico a colonnette – con la raffigurazione del rapimento di Cassandra sul lato A e di una biga sul lato B – totalmente falso, riconoscibile dall’applicazione di incrostazioni artificiali, di una vernice interna mescolata a cemento per dare l’impressione di avere una certa patina antica e dalle singoli parti del vaso apparse assolutamente sproporzionate. In conclusione, il pastiche archeologico, composto da una kylix attica, la cui coppa contemporanea era stata saldata a un piede antico e autentico, dava chiara dimostrazione del lavoro del falsario. Perché agire in questo maniera? Semplicemente perché, in caso di applicazione della termoluminescenza, il microcampione da esaminare non sarebbe stato preso dalla coppa, rischiando in tal modo di rovinare il manufatto, bensì dal piede. E l’esame avrebbe fornito caratteri di originalità dell’intero reperto, rischiando di confondere il perito.

Quest’ultimo caso, tanto più, dimostra come sia assolutamente necessaria la combinazione delle varie competenze scientifiche, giuridiche e umanistiche nel contrasto alla contraffazione delle opere archeologiche e storico-artistiche.

E voi avete visitato la mostra allestita presso l’Università di Roma Tre? Che impressioni avete avuto? Potete lasciare il vostro commento sulla pagina Facebook.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Scritto in data: 10 marzo 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Tutte le foto presenti nell’articolo sono di Cristina Cumbo. Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Comunicato stampa Mibact

Presentazione video della mostra

Intervista alla prof.ssa Giuliana Calcani da parte di Roma Tre Radio

Intervista al Gen. B. Roberto Riccardi da parte di Roma Tre Radio

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Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il master annuale di II livello attivo presso il medesimo ateneo (2019).