I social network e il commercio d’arte: funzionalità, rischi e contrasto al traffico illecito

Ormai non è una novità: il commercio di ogni genere si è trasferito online. Solo pensando alla crisi delle librerie, non si potrà fare a meno di nominare il colosso Amazon, “nemico” numero uno, cui si rivolgono numerosi utenti, allettati dai prezzi convenienti e dalle rapide spedizioni, risparmiando così in termini economici e temporali senza rinunciare al tanto desiderato volume.

Anche il mondo dell’arte è migrato sul web. Oltre ai più noti siti di e-commerce (e-Bay, lo stesso Amazon, etc.), alle vetrine/cataloghi delle case d’aste e a siti specializzati in compravendita di oggetti d’arte (es. Artprice), non si deve dimenticare il forte impatto generato dai social network, a cominciare dal più noto di essi, Facebook.

La piattaforma social, ideata da Mark Zuckerberg ormai nel 2004 e affermatasi progressivamente, prevede essenzialmente due “funzioni” utilizzate anche per scopi commerciali: la creazione di un gruppo, che può essere privato e limitato a un certo numero di utenti, o pubblico; il Marketplace, ovvero la vetrina di Facebook, dove chiunque può porre in vendita oggetti di varia tipologia.

Il commercio illegale di opere d’arte, per ovvi motivi di privacy e quindi di apparente anonimato, si sviluppa essenzialmente all’interno di gruppi chiusi, il cui accesso è vincolato da domande e conseguenti risposte che daranno all’amministratore la sicurezza riguardo l’utente che ha inviato la richiesta di ammissione. Una volta nel gruppo, l’utente può decidere di porre in vendita o di acquistare un’opera, rendendosi disponibile. La conversazione si sposta, perciò, in privato, attraverso programmi di messaggistica istantanea come Whatsapp, oppure lo stesso Messenger di Facebook.

Recentemente, 95 gruppi Facebook in lingua araba sono stati chiusi e segnalati in quanto erano posti in vendita reperti provenienti dalle zone di guerra, in particolare dalla Siria. I membri che ne facevano parte erano dislocati in tutto il mondo. Si era perciò creata una vera e propria rete riguardante il commercio clandestino: le opere d’arte erano vendute per ottenere denaro volto a finanziare attività di stampo terroristico.

Marketplace, essendo pubblico, presenta molti più rischi rispetto a un gruppo privato. L’utente, infatti, può essere rintracciato più facilmente nel caso di compravendita di oggetti illecitamente sottratti o falsi. Tuttavia, può capitare di imbattersi in annunci sospetti, spesso anche per via di una sostanziale ignoranza legislativa in merito.

Una funzione comunque essenziale per il commercio (legale o illecito) di opere d’arte consiste sicuramente nella possibilità di mostrare la “merce”, quindi di condividere immagini e/o video, ovvero contenuti multimediali. Dietro il successo di Facebook come piattaforma di “utilizzo alternativo”, vi è proprio questa opportunità.

Allo stesso modo, si è affiancato Instagram, nato nel 2010 e acquistato di recente da Zuckerberg, un social network originariamente dedicato agli scatti istantanei effettuati tramite gli smartphone. Successivamente, Instagram ha cominciato ad essere usato per accogliere album con inserimento di scatti professionali, perdendo la sua caratteristica di “spontaneità”, oltre a video di varia tipologia, uniformandosi a Facebook attraverso la funzione di condivisione delle “stories” e l’adozione di un sistema di messaggistica istantanea.

Instagram è uno dei canali prediletti dalle gallerie d’arte, d’antiquariato, ma anche da artisti emergenti che trovano una visibilità costante ed esponenzialmente crescente. All’interno di questo complesso ed eterogeneo universo “social” dell’arte ospitato su tale piattaforma, è possibile che siano inseriti – esattamente come su Facebook – anche opere frutto di attività illecite.

Twitter prevede l’inserimento di contenuti multimediali, ma presenta una grossa limitazione. Il messaggio – cosiddetto “tweet”, o cinguettio – deve essere composto da 280 caratteri (peraltro, già aumentati rispetto ai 140 iniziali), il che non permette un’opportuna descrizione soprattutto nel caso di oggetti d’arte. Si dovrà ricorrere ad hashtag che, spesso, non sono sufficienti, facendo apparire lo stesso messaggio poco chiaro. Per quanto riguarda il mercato d’arte, Twitter permette di rendere il profilo utente pubblico o privato. Ovviamente, il primo troverà molto più seguito, ma in caso di attività illecite sarà maggiormente soggetto a monitoraggio; il secondo sarà più “tutelato”, potendo infatti l’utente accettare richieste provenienti solo da contatti conosciuti o considerati affidabili, che saranno gli unici a poter visionare gli effettivi contenuti. Twitter non ha funzioni di “chat”, motivo per cui si costituirà come primo contatto, per poi far migrare la conversazione altrove.

Tra i social network più in voga, ancora una volta per i contenuti multimediali e la facilità di utilizzo, rientra Snapchat, strumento piuttosto ostico nel caso in cui si cerchi di individuare un’attività illecita. Snapchat, infatti, prevede una condivisione di contenuti temporanea: gli “snap”, ovvero foto, o brevi audio/video, hanno durata di 10 secondi prima di essere cancellati per sempre, mentre gli “album” di 24 ore. Inoltre, è abbinata una chat in tempo reale. Alcuni mercati hanno previsto la possibilità di associare al profilo una carta di credito per poter ricevere o inviare somme di denaro.

Infine, vi è TikTok, una delle ultime aggiunte all’interno dell’universo social, proveniente dalla Cina. Come gli altri social finora analizzati, permette di seguire le attività di altri utenti, ma non di inviare messaggi privati. La sua particolarità consiste nel condividere video, della durata massima di 60 secondi, cui abbinare filtri ed effetti speciali, oltre a brani musicali, partecipando anche ai cosiddetti “challenge”, ovvero “sfide social”. È recente il video pubblicato dal magazine turco Aktüel Arkeoloji Dergisi, in cui sono ben distinguibili tombaroli che effettuano uno scavo clandestino estraendo dalla terra un sarcofago marmoreo di grandi dimensioni con l’aiuto di macchinari.

I social network , perciò, come qualsiasi strumento, possono essere utilizzati per scopi positivi e negativi. Come contrastare le attività illecite che si svolgono in questo specifico settore del web? Tramite la catalogazione sistematica, per poter registrare quindi i beni di interesse culturale, poterli conoscere e, nel caso in cui fossero trafugati, possedere informazioni utili al loro ritrovamento, e il monitoraggio effettuato dalle forze di polizia, che si avvalgono anche di segnalazioni da parte di utenti. Per quanto riguarda l’Italia, il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale svolge costantemente questo lavoro, nonostante il web sia vasto e le azioni che si sviluppano al suo interno pressoché infinite.

In conclusione non si dovrà dimenticare di menzionare due aspetti fondamentali. Le opere d’arte famose o di gran valore non si trovano in commercio sui social, né su comuni siti di e-commerce. Con più probabilità si riscontrano, invece, reperti archeologici frutto di scavi clandestini (perciò non catalogati), beni di antiquariato, anche ecclesiastici, e materiale di tipo archivistico. Di frequente, è possibile imbattersi in manufatti falsi. Mostrare la “merce” online aumenta esponenzialmente tale rischio in quanto l’utente interessato potrà verificare di persona solo in una fase successiva.

Bibliografia essenziale

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Le immagini sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Scritto in data: 21 aprile 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

La nostra attività sul blog e sui social viene effettuata volontariamente e gratuitamente. Se vuoi sostenerci, puoi fare una donazione. Anche un piccolo gesto per noi è importante.

Ti ringraziamo in anticipo!

Admin. Cristina Cumbo e #LaTPC team

Sostieni #LaTPC blog

Pubblicato da Cristina Cumbo

Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.