La tutela penale “preventiva” del patrimonio archeologico

In questo intervento di fine anno parleremo della tutela penale, ma in una accezione preventiva diretta al patrimonio culturale archeologico.

Nell’ottica del legislatore, infatti, la previsione di alcune specifiche disposizioni, “sparse” tra il Codice dei beni culturali e del paesaggio e il Codice Penale, si indirizza ad una tutela che mira a scongiurare la commissione di ben più gravi reati contro il patrimonio culturale e, nella fattispecie, quello archeologico.

Vediamo di quali si tratta, non prima, però, di aver fatto un esempio.

Nel corso di un’attività perlustrativa, i carabinieri sorprendono Tizio, noto tombarolo, all’interno di un parco archeologico in possesso di un metal detector del quale non fornisce alcuna plausibile giustificazione.

Eseguiti gli accertamenti del caso, egli verrà deferito in stato di libertà all’autorità giudiziaria per “possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli, in violazione dell’art. 707-bis c.p.

Veniamo ora alle disposizioni.

Anzitutto, l’art. 88 rubricato “Attività di ricerca” prescrive che le ricerche archeologiche e, in genere, le opere per il ritrovamento delle cose indicate all’articolo 10 (beni culturali) in qualunque parte del territorio nazionale sono riservate al Ministero e, inoltre, quest’ultimo può ordinare l’occupazione temporanea degli immobili ove devono eseguirsi le ricerche o le opere, riconoscendo al proprietario un’indennità per l’occupazione che può essere corrisposta in denaro o, a richiesta dello stesso proprietario, mediante rilascio delle cose ritrovate o di parte di esse, quando non interessino le raccolte dello Stato.

Questa disposizione assume un’importanza particolare nel panorama della tutela perché afferma un principio di esclusività delle attività di ricerca archeologica e delle attività di ritrovamento di beni culturali, assegnandone l’esecuzione al solo Ministero e a nessun altro soggetto.

Nonostante sia soltanto il Ministero titolare delle attività di ricerca archeologiche e di ritrovamento, ciò non toglie che dette attività non possano essere di fatto eseguite dal privato e finanche dal proprietario stesso dell’immobile.

Infatti, l’art. 89 del Codice dei beni culturali e del paesaggio rubricato “Concessione di ricerca” così recita: “Il Ministero può dare in concessione a soggetti pubblici o privati l’esecuzione delle ricerche e delle opere indicate nell’articolo 88 ed emettere a favore del concessionario il decreto di occupazione degli immobili ove devono eseguirsi i lavori”. Inoltre, il concessionario è tenuto ad osservare tutte prescrizioni imposte e in caso di inosservanza la concessione è revocata.

La ratio delle due disposizioni contenute negli artt. 88 e 89 del Codice dei beni culturali e del paesaggio risiede nel fatto che la conservazione dei beni culturali alla quale è preordinata la tutela costituisce un interesse pubblico generale di cui solo lo Stato attraverso i propri organi può curare, ed è pertanto in tale ottica che va anche letta la reazione sanzionatoria dell’ordinamento in caso di loro violazione.

Infatti, lart. 175 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, rubricato “Violazioni in materia di ricerche archeologiche”, punisce con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da euro 310 a euro 3.099 chiunque esegua ricerche archeologiche o, in genere, opere per il ritrovamento di beni culturali senza concessione, ovvero non osservi le prescrizioni date dall’amministrazione.

Ma, come vedremo, vi è una ratio ancora più profonda alla quale si connette anche quella sottesa all’art. 90 del Codice dei bani culturali e del paesaggio, rubricato “Scoperte fortuite”, che così recita: “Chi scopre fortuitamente cose immobili o mobili indicate nell’articolo 10 ne fa denuncia entro ventiquattro ore al soprintendente o al sindaco ovvero all’autorità di pubblica sicurezza e provvede alla conservazione temporanea di esse, lasciandole nelle condizioni e nel luogo in cui sono state rinvenute. Della scoperta fortuita sono informati, a cura del soprintendente, anche i carabinieri preposti alla tutela del patrimonio culturale. Ove si tratti di cose mobili delle quali non si possa altrimenti assicurare la custodia, lo scopritore ha facoltà di rimuoverle per meglio garantirne la sicurezza e la conservazione sino alla visita dell’autorità competente e, ove occorra, di chiedere l’ausilio della forza pubblica. Agli obblighi di conservazione e custodia… è soggetto ogni detentore di cose scoperte fortuitamente. Le spese sostenute per la custodia e rimozione sono rimborsate dal Ministero”.

La disposizione in esame assegna un preciso obbligo – diciamo anche un dovere – di denuncia entro ventiquattro ore a carico di chiunque scopra in modo fortuito beni culturali (mobili o immobili), assegnando allo stesso scopritore la facoltà della loro eventuale rimozione dal luogo del ritrovamento solo al fine di assicurare la tutela e la conservazione del bene.

Anche in questo caso l’ordinamento reagisce con la sanzione in caso di inosservanza o di omessa denuncia, là dove ai sensi del già menzionato art. 175, lettera b), del Codice dei beni culturali e del paesaggio viene punito con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da euro 310 a euro 3.099 il comportamento di chiunque, essendovi tenuto, non denuncia nel termine di ventiquattro ore i beni culturali rinvenuti fortuitamente o non provvede alla loro conservazione temporanea.

Occorre, infine, menzionare un’altra fattispecie che si inserisce nel sistema di tutela. Stiamo parlando del reato di natura contravvenzionale che sanziona il possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli”, previsto all’art. 707-bis del codice penale, inserito dalla L. 9 marzo 2022, n. 22, a decorrere dal 23 marzo 2022: siamo di fronte al caso in cui il soggetto viene sorpreso all’interno di un’area archeologica con il metal detector, come nell’esempio illustrato all’inizio. La disposizione punisce con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro 500 a euro 2.000 chi è colto in possesso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli, dei quali non giustifichi l’attuale destinazione, all’interno di aree e parchi archeologici, di zone di interesse archeologico, se delimitate con apposito atto dell’amministrazione competente, o di aree nelle quali sono in corso lavori sottoposti alle procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico secondo quanto previsto dalla legge.

Si tratta di un reato complesso per il verificarsi del quale occorre il concorso di una serie di elementi costitutivi. Intanto il soggetto deve trovarsi all’interno di un’area archeologica, oppure di area di interesse archeologico, che devono risultare delimitate con atto dell’amministrazione competente e devono recare apposita cartellonistica che le individui come tali.

È opportuno a questo punto chiarire un aspetto importante: la differenza tra area archeologica e area di interesse archeologico.

L’area archeologica presuppone l’adozione di un provvedimento amministrativo adottato dall’autorità competente (in genere la Soprintendenza) sulla base delle ricerche e indagini scientifiche condotte dai funzionari archeologici che porta a vincolare l’area stessa. L’adozione del provvedimento comporta la prescrizione di una serie di obblighi e doveri a cui tutti devono attenersi, quale, per esempio, quello del divieto di realizzare nuove opere edilizie.

L’area di interesse archeologico, invece, consiste in un’area che non ricade direttamente in quella vincolata ma ne è contigua e acquista interesse perché un sito archeologico, scoperto attraverso la ricerca (scavo), non ha mai una precisa delimitazione territoriale in quanto la civiltà che lo ha fondato o realizzato normalmente ha antropizzato anche aree limitrofe e quasi mai si è fermata a spazi limitati. Tuttavia dette aree, non mostrando dirette evidenze archeologiche, non sempre ricevono per l’appunto una tutela diretta attraverso l’adozione di vincoli, bensì una tutela indiretta, quale, per esempio, prescrizioni che disciplinano le distanze.

Quindi, ai fini della sussistenza del reato previsto all’art. 707-bis del codice penale, occorre che il soggetto venga trovato all’interno di dette aree, che devono essere delimitate e notificate con cartellonistica che ne indica l’essenza archeologica, in possesso di strumenti che scandagliano il terreno (metal detector) dei quali non fornisce, nella stessa circostanza, giustificazione della loro destinazione.

Dunque, qual è, nel panorama della tutela dei beni culturali, il senso delle disposizioni che abbiamo analizzato?

Sintetizziamole: la ricerca archeologica è attribuita esclusivamente allo Stato; l’ordinamento punisce la ricerca abusiva; l’ordinamento prevede l’obbligo di denuncia del ritrovamento fortuito di bene culturale e sanziona penalmente l’omessa o ritardata denuncia; infine è sanzionato il possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno.

Dette disposizioni, come si diceva all’inizio, scongiurano la perpetrazione di altri ben più gravi reati, primi fra tutti il furto e la conseguente ricettazione di beni culturali, oltre al riciclaggio ovvero autoriciclaggio.

Infatti la ricerca archeologica abusiva, normalmente condotta dai c.d. “tombaroli”, è un’attività preordinata all’impossessamento di beni archeologici e dunque alla loro ricettazione; sulla medesima finalità vige l’obbligo di denuncia di ritrovamento fortuito e anche quello del possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno, attività quest’ultima che normalmente si accompagna a quella della ricerca abusiva.

In sostanza, attraverso le disposizioni qui analizzate, il sistema chiude il cerchio attorno ad una esigenza di tutela preventiva finalizzata cioè ad impedire il verificarsi di delitti ben più gravi, che se commessi privano irrimediabilmente la collettività e la comunità scientifica di importanti reperti per lo studio della nostra identità culturale.

Bibliografia essenziale:

– Codice penale e di procedura penale, edizione Dike giuridica, Roma 2023.

– A. Crosetti, D. Vaiano, Beni culturali e paesaggistici, Torino 2011.

– L. Mazza (a cura di), Le disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale. Una prima lettura, Pisa 2023.

Sitografia:

– https://www.altalex.com

– https://www.beniculturali.it/carabinieri.it

– https://www.giustizia-amministrativa.it

– https://www.giurisprudenzapenale.com

– https://www.njus.it

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 10 dicembre 2023

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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Pubblicato da Leonardo Miucci

Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa