Le operazioni sotto copertura in materia di riciclaggio e autoriciclaggio di beni culturali

In questo intervento parleremo delle modalità con cui gli operatori di polizia possono introdursi nella rete dei trafficanti di beni culturali al fine di raccogliere le prove della loro responsabilità e quindi farli perseguire penalmente.

Questa attività, definita come “operazione sotto copertura”, è disciplinata dalla legge, che legittima alcuni e specifici operatori di polizia ad assistere al compimento di fatti illeciti senza tuttavia per questo correre il rischio di essere loro stessi sottoposti a procedimento penale.

Prima di entrare nel vivo della trattazione, è bene tracciare un preliminare excursus dell’istituto, storicamente già presente nel nostro ordinamento in relazione ad alcuni fenomeni criminosi.

Nel corso degli anni lo Stato italiano, anche in attuazione di Convenzioni internazionali, ha disciplinato il ricorso a sistemi investigativi complessi, tra i quali rientrano le operazioni condotte da “infiltrati” o “agenti provocatori”, per raccogliere prove in merito a reati gravi, molto pervasivi e di difficile accertamento, anche per il fatto che la loro commissione avveniva in contesti sovranazionali, quali, ad esempio, i delitti di terrorismo, traffico di armi, riciclaggio, reati pedopornografici, reati contro la Pubblica Amministrazione e finanche quello di sequestro di persona a scopo di estorsione.

In origine, un ambito particolare nel quale l’attività di investigazione sotto copertura ha trovato una concreta e più efficace applicazione è stato quello del traffico degli stupefacenti, per poi giungere ad un ampliamento del catalogo dei reati per i quali ne sarebbe previsto il ricorso.

Probabilmente proprio sulla scia del successo ottenuto grazie alle operazioni di polizia nel contrasto al traffico degli stupefacenti[1], il legislatore ne ha voluto estendere la possibilità anche al settore dei reati di beni culturali, approvando la L. 9 marzo 2022, n. 2, recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”, dove, all’art. 2, ha previsto, per l’appunto, il ricorso a strumenti investigativi sotto copertura in presenza di precisi presupposti di natura oggettiva e soggettiva, che tra poco andremo a vedere.

Anzitutto, premettiamo alcune preliminari riflessioni.

In quali termini un operatore di polizia, che assista al compimento di un crimine omettendo di intervenire, potrà poi non risponderne e venire esentato da ogni responsabilità?

Il discorso che qui ci accingiamo a fare, lo limiteremo all’ambito dei reati in danno del patrimonio culturale, sebbene – va detto subito – le stesse considerazioni possano essere ritenute valide anche per tutti gli altri reati per i quali la legge prevede il ricorso a tale strumento investigativo.

Le disposizioni che disciplinano le modalità attraverso cui vengono condotte le operazioni sotto copertura sono contenute in quella che possiamo definire la legge quadro, ossia la Legge 16 marzo 2006, n. 146, recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001”, dove, al comma 1° dell’art. 9, così viene disposto:

1. Fermo quanto disposto dall’articolo 51 del codice penale, non sono punibili:

a) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti – tra gli altri – di corruzione, concussione, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione, usura, riciclaggio e autoriciclaggio, ai delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti in materia di immigrazione clandestina, nonché ai delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di  disciplina  degli stupefacenti, anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro o altra utilità, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato o ne accettano l’offerta o la promessa o altrimenti ostacolano l’individuazione della loro provenienza o ne consentono l’impiego ovvero corrispondono denaro o altra utilità  in esecuzione di un accordo illecito già concluso da altri,  promettono o danno denaro o altra utilità richiesti da un pubblico ufficiale  o da un incaricato di un pubblico servizio o  sollecitati  come  prezzo della mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o per remunerarlo o compiono attività prodromiche e strumentali;

b) gli  ufficiali  di  polizia  giudiziaria  appartenenti  agli organismi investigativi della Polizia di  Stato e dell’Arma  dei carabinieri specializzati nell’attività di contrasto al terrorismo e all’eversione e del Corpo della guardia di finanza competenti nelle attività di contrasto al finanziamento del terrorismo, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione, anche per interposta persona, compiono le attività di cui alla lettera a).

Come si può constatare, la legge in questione, al momento della sua entrata in vigore nel 2006 e nella successiva modifica, non conteneva alcun riferimento alla possibilità di ricorrere alle operazioni sotto copertura quando si procede per reati in danno del patrimonio culturale.

Tale possibilità interviene a seguito dell’entrata in vigore della legge di riforma dei reati contro il patrimonio culturale, che ha introdotto il Titolo VIII-bis nel codice penale, aggiungendo, ai sensi dell’art. 2 della L. 9 marzo 2022, n. 22, la lettera b-bis all’art. 9 della legge quadro che disciplina le operazioni sotto copertura, così disponendo: “b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria degli  organismi specializzati nel settore dei beni culturali, nell’attività di contrasto dei delitti di riciclaggio e autoriciclaggio di beni culturali, i quali nel  corso di  specifiche  operazioni  di polizia e, comunque, al solo fine di  acquisire elementi di prova, anche per interposta persona, compiono  le attività di cui alla lettera a).

Quindi, ricapitolando, la possibilità per le forze di polizia di ricorrere allo strumento dell’agente sotto copertura nel contrasto ai delitti contro il patrimonio culturale è ora possibile grazie ad una espressa previsione normativa.

Ma quali sono i presupposti e i limiti?

Anzitutto, i presupposti, che potremmo definire sono di natura sia oggettiva sia soggettiva.

Dal punto di vista soggettivo, occorre precisare che l’attività sotto copertura può essere condotta solo ed esclusivamente da ufficiali di polizia giudiziaria e non anche da agenti: da un maresciallo e non da un carabiniere. L’ufficiale di polizia giudiziaria deve, poi, appartenere ad un organismo specializzato nel contrasto degli illeciti penali in danno del patrimonio culturale e non in forza a qualsiasi altro reparto: nell’Arma dei carabinieri l’attività sotto copertura può essere condotta solo ed esclusivamente dal personale in forza al Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, meglio conosciuto come T.P.C.

Dal punto di vista oggettivo, devono necessariamente ricorrere i seguenti tre presupposti: 1) l’attività deve essere mirata al contrasto non di tutti i reati previsti contro il patrimonio culturale, ma solo quelli di riciclaggio (art. 518-siexes, c.p.) e autoriciclaggio (art. 518-septies, c.p.); 2) l’attività deve porsi nell’alveo di specifiche operazioni di polizia, ossia che mirino all’accertamento di tali delitti; 3) le investigazioni devono mirare, inoltre ed esclusivamente, ad acquisire elementi di prova.

Nella realtà – ed in virtù del dispositivo normativo di cui alla legge quadro n. 146/2006 – l’ufficiale di polizia giudiziaria che agisce nella qualità di agente sotto copertura è autorizzato dagli organi di vertice dell’amministrazione da cui dipende, la quale informa, previamente, l’autorità giudiziaria competente e alla quale va fornito dettagliato riscontro dell’operazione e dell’evoluzione della stessa.

Dunque, il personale di polizia che conduce operazioni sotto copertura non risponde di concorso nel reato di riciclaggio o autoriciclaggio di beni culturali in virtù di quella che nel diritto penale generale viene definita come esimente.

In altri termini, il fatto a cui assiste l’ufficiale di polizia giudiziaria è di per sé un reato in relazione al quale, secondo la legge, egli è tenuto ad impedire che venga portato a conseguenze ulteriori (art. 55, c.p.p.), e tuttavia, trovandosi nella conduzione di un’attività sotto copertura e nella sussistenza dei presupposti di legge sopra indicati, egli non ne risponde in virtù di una espressa previsione normativa che lo esime (rectius: lo legittima), per l’appunto, dal procedere.

Ovviamente, perché ricorra l’esimente in questione, occorre che l’ufficiale di polizia giudiziaria non superi i limiti.

Egli, infatti, deve limitarsi a raccogliere elementi probatori in relazione ai delitti di riciclaggio o autoriciclaggio di beni culturali; e ciò presuppone che non ne sia egli stesso il fautore dell’attività illecita. Ne consegue che deve trattarsi di un’attività in relazione a illeciti già in atto.

Infine, va detto che nella realtà, alcune attività riguardanti operazioni sotto copertura nel contrasto dei suddetti reati in materia di beni culturali, possono essere svolte anche con l’ausilio di interposte persone, come previsto dalla stessa legge. È il caso, per esempio, in cui le forze dell’ordine si avvalgono della competenza di uno storico dell’arte, chiamato a stimare l’autenticità di un dipinto oggetto di riciclaggio.

Le operazioni sotto copertura si sono dimostrate, negli anni, un valido ed efficace strumento investigativo e probabilmente sarà stata proprio questa positiva esperienza a far maturare nel legislatore la sua applicazione anche verso quelle attività di indagine che hanno ad oggetto i reati di riciclaggio e autoriciclaggio di beni culturali, che peraltro trovano la loro manifestazione in un contesto transnazionale, dove maggiori sono le difficoltà di perseguirli.

Al netto delle riflessioni di natura dottrinale, che vedono in tale strumento una potenziale deminuito dei principi del giusto processo, occorre, invero, salutare con approvazione l’introduzione nel nostro ordinamento di un tale strumento investigativo nel contrasto dei reati contro il patrimonio perché, ancora una volta, vi è data dimostrazione della cura e dell’interesse a tutelarlo in modo efficace.

Bibliografia essenziale:

  • Codice penale e di procedura penale, edizione Dike giuridica, Roma 2023.
  • A. Crosetti, D. Vaiano, Beni culturali e paesaggistici, Torino 2011.
  • G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna 2019.
  • L. Mazza (a cura di), Le disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale. Una prima lettura, Pisa 2023.

Sitografia:

https://www.altalex.com/

https://www.beniculturali.it/carabinieritpc

https://www.cortedicassazione.it/corte-di-cassazione/

https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1971-11-20;1062~art1

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 29 marzo 2023

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.


[1] L’art. 97, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, recante il “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, disciplina in modo puntuale la possibilità di ricorrere alle operazioni sotto copertura nel contrasto dei reati in materia di stupefacenti.

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Pubblicato da Leonardo Miucci

Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa