La tutela internazionale dei beni culturali in tempo di conflitto: l’importanza della Convenzione dell’Aja dopo la Seconda Guerra Mondiale

Durante la Seconda Guerra Mondiale i bombardamenti a tappeto su molte città d’arte hanno fatto scaturire una intensa riflessione sulla tematica della tutela dei beni culturali in caso di conflitto armato. Particolare scalpore avevano suscitato, nello specifico, i bombardamenti territorialmente estesi, come quello di Dresda ad opera della Royal Air Force e della United States Army Air Force tra il 13 e il 14 febbraio 1944, per i quali era stato calcolato l’utilizzo di oltre 1.500 tonnellate di bombe esplosive e 1.200 tonnellate di bombe incendiarie sganciate sulla città. La riflessione post bellica portò nel 1954 alla Convenzione dell’Aja, la quale, come si legge nelle sue premesse, stimola la constatazione del fatto che “i beni culturali hanno subito gravi danni nel corso degli ultimi conflitti e che, in conseguenza dello sviluppo della tecnica della guerra, essi sono vieppiù minacciati di distruzione”; sempre nelle premesse si sviluppa la convinzione secondo cui “i danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi appartengano, costituiscono danno al patrimonio culturale dell’umanità intera, poiché ogni popolo contribuisce alla cultura mondiali”.

Si tratta di una importante innovazione nella riflessione teorica che sta alla base del concetto di tutela dei beni culturali e, proprio partendo da esso, la convenzione dell’Aja prende in considerazione primariamente la problematica della definizione dei beni culturali da salvaguardare.

In questo senso, appare interessante leggere come, secondo il testo sottoscritto, le parti contraenti “s’impegnano a predisporre, in tempo di pace, la salvaguardia dei beni culturali sul proprio territorio contro gli effetti prevedibili di un conflitto armato, prendendo tutte le misure che considerano appropriate.[Inoltre] s’impegnano a rispettare i beni culturali, situati sia sul proprio territorio, sia su quello delle altre Alte Parti contraenti, astenendosi dall’utilizzazione di tali beni, dei loro dispositivi di protezione e delle loro immediate vicinanze, per scopi che potrebbero esporli a distruzione o a deterioramento in caso di conflitto armato, ed astenendosi da ogni atto di ostilità a loro riguardo”.

Secondo questa nuova idea di tutela, gli Stati uscendo dalla II Guerra Mondiale “si impegnano […] a proibire, a prevenire e, occorrendo, a far cessare qualsiasi atto di furto, di saccheggio o di sottrazione di beni culturali sotto qualsiasi forma, nonché qualsiasi atto di vandalismo nei riguardi di detti beni. Esse si impegnano ad astenersi dal requisire i beni culturali mobili situati nel territorio di un’altra Alta Parte contraente e […] ad astenersi da ogni misura di rappresaglia diretta contro beni culturali”.

Da notarsi, inoltre, come, ai sensi dell’art. 14, questi stessi beni godono dell’immunità in caso di sequestro, cattura o presa, ponendo quindi un divieto espresso nell’asportazione dei beni qualificati come culturali in occasione di un conflitto alla stregua di un bottino di guerra.

I beni culturali protetti  dovevano essere identificati da un segno distintivo costituito da “uno scudo appuntito in basso, inquadrato in croce di S. Andrea in blu e bianco (uno scudo, formato da un quadrato bleu, uno dei cui angoli è inscritto nella punta dello stemma, e da un triangolo bleu al disopra del quadrato, entrambi delimitanti dei triangoli bianchi ai due lati)”.

Lo stesso simbolo, il c.d. Blue Shield, poteva essere utilizzato a protezione dei trasporti di beni culturali, riguardo ai quali la convenzione sottolinea la possibilità che siano effettuati anche in casi di urgenza e soprattutto all’inizio di un conflitto armato. Interessante, infine, l’art. 28 che prevede l’introduzione nelle norme di diritto penale degli Stati contraenti, di tutte le misure necessarie poiché siano perseguiti e colpiti da sanzioni coloro che commettano o abbiano dato ordine di commettere un’infrazione alla convenzione.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Simona Pons

Scritto in data: 30 settembre 2020

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Pubblicato da Simona Pons

Architetto; laureata in Beni Culturali (ambito di interesse: architettura fortificata )