Rudere e magazzino: ecco quanto rimane della chiesetta di Santa Maria del Riposo in via Ettore Rolli

Ci troviamo su via Ettore Rolli, proseguimento della più nota via Portuense, conosciuta certamente dai frequentatori del mercato di Porta Portese. Nella piazza si erge una fontana, inaugurata nel 2000 in occasione del rifacimento dello slargo, ma ormai dismessa, composta da quattro “catinelle” e due “scivoli”. L’acqua già da tempo non scende più, si può dire sin dai primi momenti di “vita” dell’opera architettonica disegnata dallo psichiatra Fagioli, e le “catinelle”, prima forate, sono state rimosse. Se ne ipotizzava un abbattimento, ma è ancora lì a disegnare una linea metallica in una piazza che ospita una struttura ben più antica.

La fontana di via Ettore Rolli, luglio 2021 (foto di Cristina Cumbo)

Ci riferiamo, infatti, a quel che, agli occhi del comune cittadino, può sembrare un semplice rudere senza alcun valore: si tratta, invece, dei pochi resti di quella che fu la chiesa della Madonna del Riposo sulla via Portuense. È necessario specificarlo perché a Roma esiste un’altra chiesetta intitolata ugualmente alla Madonna del Riposo, sulla via Aurelia Nuova, meta dei pellegrini che percorrevano invece le vie Cornelia e Aurelia.

I resti della chiesetta di via Ettore Rolli si presentano curvi, sottolineando una forma absidata, ormai sormontati da piante infestanti e da una parabola, aggrediti dai writers e dai sempre più diffusi bevitori che lasciano bottiglie abbandonate nei paraggi; la finestra è stata, giustamente, murata oltre la grata per evitare intrusioni indesiderate, ma sembrerebbe che il “rudere” sia ormai utilizzato come magazzino di un bar nelle vicinanze.

Resti della chiesetta di Santa Maria del Riposo, luglio 2021 (foto di Cristina Cumbo)

Come si è arrivati a questo? La chiesetta seicentesca, un tempo cappella del Principe Vittorio Massimo di cui ancora si percepisce lo stemma unito a quello della moglie Giacinta Della Porta Rodiani (detta perciò anche “Cappelletta Massimi” o “Madonnella de’ Massimi”), venne sconsacrata agli inizi del Novecento per essere riutilizzata come mulino. Era una chiesa ricca di arredi, come testimonia l’inventario redatto nel 1718 e conservato presso l’Archivio Storico Capitolino, dei quali non si hanno più notizie, inclusa la Madonna in essa venerata e ritratta ancora nella documentazione storica.

Una fotografia dell’epoca la mostra ancora con le fattezze di una struttura ecclesiastica, affiancata dalla scritta “Mola del Riposo” che compariva su una costruzione ad essa annessa. Era appena iniziato il suo periodo di decadenza. Si susseguì l’utilizzo come forno, deposito del mercato e come entrata per i rifugi durante la Seconda Guerra Mondiale. Si narra, infatti, che al di sotto siano presenti alcuni diverticoli sotterranei, forse appartenenti ad alcune catacombe ebraiche, presenti nel territorio di Monteverde.

Santa Maria del Riposo, 1905 circa (tratta da Roma Sparita)

Fu negli anni Sessanta del secolo scorso, periodo noto per l’edilizia spesso incontrollata, che la chiesa subì la “mutilazione” del corpo principale, in cui erano situati – secondo la lettura della planimetria conservata presso l’Archivio Storico Capitolino – l’ingresso con le scale, la sacrestia e la cappella vera e propria. Rimasero solamente i pochi resti ad oggi visibili, corrispondenti al vestibolo, dove una targa marmorea recita: In honorem B(eatae) Mariae Virginis nuncupat(ur) del Riposo (ovvero, In onore della Beata Vergine Maria che è chiamata del Riposo).

Ma la domanda che sorge spontanea è una: a chi spettano il restauro, la valorizzazione e conseguentemente la conservazione e la tutela dei resti di un monumento che costituisce una parte importante di storia del territorio? Perché giacciono da anni nel più completo abbandono, nonostante su questo caso si siano soffermati anche importanti quotidiani? E ancora, perché sono utilizzati come magazzino, invece di essere fruibili dalla collettività?

Torna alla mente l’ormai diffusa concezione che nel resto del mondo sorga un museo laddove è presente un’unica misera pietra, mentre in Italia non si riesce a stare al passo di tutto il patrimonio diffuso su territorio. Come dare torto a chi, davanti al degrado, alla perdita progressiva della storia, ritiene che non ci sia abbastanza volontà di poter fare qualcosa? I fondi sono pochi per la cultura, si dice, eppure interventi del tutto non necessari, come l’ormai tristemente nota “arena” del Colosseo, vengono finanziati. Si è spinti, dunque, a pensare che i fondi esistano solo ed esclusivamente per quei siti che possono creare “spettacolo”, fumo negli occhi a nascondere una realtà ben diversa e alquanto deprimente di una cultura decadente che lascia in mano al degrado tutto ciò che “non sorprende” e a casa i professionisti con CV lunghi oltre 20 pagine e che, stranamente, nessuno può o vuole assumere.

Quale sarà, perciò, il destino di quel che rimane della piccola chiesa di Santa Maria del Riposo al Portuense? Qualcuno deciderà di prendere in mano la situazione e intervenire, oppure saremo lì, tra qualche anno, a cercare di ricordare – tra foto e testimonianze orali – a cosa appartenessero quei pochi mattoni ormai collassati? Ai posteri l’ardua sentenza, sperando comunque nell’immediato futuro.

Bibliografia essenziale:

Archivio Storico Capitolino: Archivio Della Porta Rodiani| Beni della primogenitura di F. Gigli Guerra| Busta 11, fasc. 4

R. M. De Paoli, Marzo 1859, arriva il treno! Piccola storia della linea ferroviaria Roma-Civitavecchia, che aprì un nuova era per tutto il nostro territorio, su La voce del Leonardo (12.07.2017)

F. Gargaglia, Si dice che sia la fontana “più brutta di Roma”, su VignaClarablog.it (21.11.2019)

L. Garrone, Roma, un monumento al degrado: la chiesetta è un magazzino, su Corriere della Sera (23.09.2019)

M. Gradozzi, Il portale di villa Della Porta Rodiani lungo la via Portuense, su Innamoratidiroma.it (20.11.2020)

A. Venditti, Un monumento da salvare: Santa Maria del Riposo, su Specchioromano.it (maggio 2007)

Roma Sparita, Santa Maria del Riposo

Roma Sparita, Via Ettore Rolli

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Riguardo le foto scattate da Cristina Cumbo, ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

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Scritto in data: 12 settembre 2021

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Pubblicato da Cristina Cumbo

Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.