Alcune considerazioni sulla tutela degli archivi

In un precedente articolo, pubblicato su questo blog, si era parlato dell’importanza della documentazione archivistica, come bene culturale, e della sua utilità ai fini della ricerca storica. Riconosciuti dunque come bene culturale, ai sensi dell’art. 10 del Codice dei beni culturali, gli archivi, proprio per la funzione che svolgono, necessitano anche delle opportune azioni di tutela finalizzate a perpetrare quanto più a lungo possibile la memoria delle epoche e delle civiltà passate. La prima di queste azioni, prevista proprio dal Codice, è il divieto di smembramento di un archivio (sia pubblico, sia privato per il quale sia intervenuta la dichiarazione di interesse secondo l’art. 13 dello stesso Codice); inoltre è prevista una serie di interventi soggetti ad autorizzazione da parte del Ministero quali lo scarto di documenti, il trasferimento ad altre persone giuridiche di complessi organici di documentazione e, in ultimo, lo spostamento degli archivi correnti dello Stato ed altri enti pubblici (in quest’ultimo caso però non è prevista autorizzazione da parte del Ministero ma l’obbligo di comunicazione allo stesso) [1].

Tutelare un documento d’archivio – e più in generale un archivio – vuol dire mettere in atto tutte quelle azioni volte a mantenerne l’integrità (restauro compreso); ciò si traduce in una serie di attenzioni da mettere in pratica anche in occasione della consultazione di documenti da parte di studiosi e ricercatori (es.: l’utilizzo di guanti per toccare un foglio o un volume, evitare di scrivervi sopra appunti o altre annotazioni, ecc.); queste e altre azioni di tutela sono chiaramente esposte nei regolamenti di accesso agli archivi, tanto statali quanto privati, come quelli diocesani.

Più impegnativa è l’attività di tutela di interi archivi, con diverse decine di migliaia di documenti custoditi al loro interno. Come tutelare queste tipologie di beni culturali? Le iniziative possono essere svariate, ma la prima in assoluto è la creazione di un inventario generale che possa dare, a chi è deputato a farlo, l’idea del patrimonio esistente che necessita di essere tutelato (sempre seguendo l’idea che occorre sapere cosa tutelare, diversamente non si potrà farlo). Da questo punto di vista esiste da tempo, in rete ma anche in cartaceo, la Guida generale agli archivi di Stato italiani, a cura della Direzione Generale per gli Archivi del Ministero della Cultura [2].

Oltre al censimento ‘statale’ del patrimonio archivistico esiste anche quello parallelo della Conferenza Episcopale Italiana rivolto agli archivi ecclesiastici. Questa seconda iniziativa, particolarmente auspicata dalla CEI, ha portato alla formazione di un inventario sul portale BeWeB (Beni Ecclesiastici in WEB) [3]. Va anche detto che l’esistenza dell’inventario digitalizzato è uno strumento utilissimo contro le continue aggressioni criminali al patrimonio della Chiesa (per quanto riguarda più nello specifico l’inventariazione dei beni culturali ecclesiastici, con tutto ciò che essa comporta, si rimanda all’articolo di Leonardo Miucci), ma anche dei beni culturali in genere di proprietà statale.

Libri in archivio (foto di Cristina Cumbo)

Rimanendo alla digitalizzazione, questo strumento potrebbe essere molto utile per preservare i documenti di un archivio – in particolare quelli in precarie condizioni – poiché si darebbe agli studiosi la possibilità di consultare, anche da remoto, le copie dei documenti loro necessari. La digitalizzazione è comunque un impegno particolarmente oneroso per il quale occorrono sia finanziamenti sia i pareri positivi degli enti preposti alla tutela degli archivi interessati (Soprintendenza ed eventualmente anche la Diocesi di pertinenza). Esistono però alcuni casi in cui tale lavoro è già stato fatto, come ad esempio presso le Biblioteche Riunite “Civica e Ursino Recupero” di Catania [4] oppure presso l’Archivio Storico Diocesano di Agrigento che, previa registrazione al portale, consente la visione di parte della documentazione archivistica posseduta (lo stesso archivio sta ancora procedendo alla digitalizzazione di altri fondi archivistici).

Esistono poi i casi, ormai non del tutto remoti, in cui un archivio – e in generale i beni culturali tutti – deve essere protetto in caso di calamità naturali. Si pensi ad esempio all’alluvione di Firenze del 1966 con gli ‘angeli del fango’, intervenuti volontariamente da tutta Italia e dall’estero per mettere in salvo le opere d’arte, oppure alla più recente alluvione che, nel mese di maggio 2023, ha colpito l’Emilia Romagna. Proprio quest’ultimo evento deve far riflettere sulle modalità di tutela del patrimonio archivistico da parte delle istituzioni. Molti lettori ricorderanno sicuramente come, tra i vari danni causati dall’alluvione, vi fu anche quello arrecato all’archivio comunale di Forlì dove, all’interno di un capannone, erano conservati diversi documenti ma anche opere d’arte del comune e del Museo del Risorgimento.

Già nel mese di giugno, dunque una quindicina di giorni dopo i fatti, il patrimonio storico-artistico e archivistico coinvolto era già stato sottoposto a recupero da parte della Protezione Civile (che continuava a mettere in sicurezza i locali), dei Carabinieri del Comando TPC, del personale della Soprintendenza e dai tecnici comunali; tutti costoro stavano provvedendo all’identificazione dei beni coinvolti, alla loro ripulitura/asciugatura e al trasferimento dei beni asciutti presso un nuovo capannone (in tale contesto è da segnalare che fondi librari, disegni, busti, registri comunali e altri fondi archivistici erano stati trasferiti presso la ditta “Orogel”). I lavori di ricostruzione e recupero continuano: è lo stesso Ministero della Cultura a coordinare direttamente i lavori diretti al patrimonio danneggiato, per il quale sembra anche che sia stato chiesto di utilizzare la misura dell’Art Bonus e prorogarla per tutto il 2024.

A tutela del patrimonio archivistico – e culturale in genere – occorre anche individuare/progettare spazi appositi che possano prevenire danni legati a particolari eventi atmosferici. Nel caso di un archivio, ad esempio, sarebbe più opportuno collocarlo nei piani alti dell’edificio destinato alla sua conservazione, possibilmente adeguando gli stessi ambienti affinché siano impermeabilizzati in caso di violente e improvvise piogge. Tenuto però conto che, spesso, gli Archivi di Stato o altre sedi di conservazione sono collocati in edifici storici, quindi antichi (ex conventi, palazzi nobiliari, palazzi di curie diocesane ecc.), occorre riprogettare, in collaborazione tra le varie istituzioni, i più opportuni criteri conservativi a tutela del patrimonio culturale posseduto, anche a fronte di quanto sta avvenendo a causa della crisi climatica.

Abstract: The present article wants to offer some a series of ideas and proposals about on methods of protecting archives and the collections there stored.

The article stems from reflections on the damage caused to cultural heritage by the flooding in Emilia Romagna, occurred in May 2023.

Archives, as a type of cultural heritage, are already protected as outlined in the Codex on Cultural Heritage (e.g. ban on dispersal, documents being discarded or moved without previous authorization). Nonetheless, the protection of an archive, and the collections there housed, can also consist on the digitalization of these to avoid the original material being damaged – practice this that some venues are already implementing -, the creation of inventories also in a digital format, and the conservation work undertaken by public and private institutions responsible for the protection of these collections. These institutions will also need to be adequately prepared to respond to the possible risks linked to climate change.

Keywords: archives, cultural heritage protection, climate change, digitalization, Codex on Cultural Heritage

Fonti e bibliografia

  • Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. n. 42/2004);
  • Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Arma dei Carabinieri, Conferenza Episcopale Italiana, Linee guida per la tutela dei beni culturali ecclesiastici, 2014.

Sitografia


[1] Per tutte queste attività cfr. Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004), art. 20 comma 2 e art. 21 comma 1, lettere d)/e) e commi 2 e 3. 

[2] http://www.guidageneralearchivistato.beniculturali.it/ (URL consultato in data 20/01/2023).

[3] https://beweb.chiesacattolica.it/beniarchivistici/ (URL consultato in data 20/01/2023).

[4] Va però precisato che le Biblioteche Riunite, attraverso il progetto “Science and technology digital library”, ultimato nell’aprile 2014, hanno digitalizzato buona parte del proprio patrimonio librario, tra cui anche una Bibbia del 1200-1300.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Emanuele Riccobene

Scritto in data: 8 ottobre 2023

Autrice della foto nel testo: Cristina Cumbo. Ne è assolutamente vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

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Pubblicato da Emanuele Riccobene

Storico. Ha conseguito il master I° livello in "Esperti nella tutela del patrimonio culturale" presso l'Università "Roma Tre". Ha all'attivo pubblicazioni sulla storia politica, militare, economica e sociale della Sicilia. Sta inventariando il patrimonio culturale immateriale del Comune di Delia (CL).