Certificazioni di autenticità e falsificazione nell’arte contemporanea

Il mercato dell’arte contemporanea soffre purtroppo di diffuse criticità legate ai delitti di falso. Non di rado, infatti, le dinamiche di compravendita hanno ad oggetto opere rivelatesi false ovvero corredate di certificazioni di autenticità rilasciate in mala fede.

Giova ricordare che l’ordinamento giuridico dispone di un articolato sistema di tutela, laddove nel codice penale, al Titolo VIII-bis, art. 518-quaterdecies [1], vengono sanzionate con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 3.000 a euro 10.000 le condotte di falso di opera di pittura, scultura o grafica ovvero di oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico.

In un precedente intervento pubblicato su questo Blog, e al quale si rimanda per una visione d’insieme del problema, abbiamo già affrontato la questione legata al delitto di falso delle opere d’arte. In questa sede, prendendo spunto da una sentenza resa dal Tribunale di Bolzano, affronteremo le criticità relative al contenuto delle certificazioni di autenticità delle opere d’arte, esaminando come si atteggia la risposta dell’ordinamento in presenza di expertise contrastanti circa l’autenticità o meno di opere d’arte.

L’analisi dell’Autorità Giudiziaria pone sul tappeto questioni che potrebbero avere significativi risvolti sul mercato dell’arte, infatti, seguendone il ragionamento logico-giuridico, vedremo come non tutto è così scontato.

Intanto, in premessa e per inquadrare bene la questione, vale la pena richiamare la norma penale sostanziale contenuta all’art. 518-quaterdecies c.p., rubricata “Contraffazione di opere d’arte”, la quale, come già anticipato, punisce chiunque che:

  1. al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un’opera di pittura, scultura o grafica ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico;
  2. anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, detiene per farne commercio, introduce a questo fine nel territorio dello Stato o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura o grafica, di oggetti di antichità o di oggetti di interesse storico o archeologico;
  3. conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti;
  4. mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette o con qualsiasi altro mezzo, accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti.

Tralasciando il contenuto dei numeri 1) e 2), conviene concentrarsi, per i diretti riflessi sull’oggetto del presente contributo, sulle disposizioni indicate nei numeri 3) e 4).

Nella sostanza le due disposizioni sanzionano la condotta dell’esperto infedele il quale, attraverso propria dichiarazione, certifica l’autenticità di un’opera sapendola falsa. La condotta si può materializzare attraverso due azioni: rilasciando la certificazione di autenticità dell’opera, oppure accreditando (o contribuendo ad accreditare) l’opera come autentica.

Dei delitti di falso, quello relativo al rilascio delle certificazioni di autenticità false è forse il più odioso perché non ci si aspetterebbe mai che l’esperto chiamato a certificare l’autenticità di un’opera cada nella trappola di interessi diversi di quelli che dovrebbero muovere l’arte in sé.

Solitamente l’esperto, o comunque lo studioso, chiamato a certificare l’opera si affida agli archivi dell’artista o alle fondazioni o, infine, trae motivo per la sua analisi dalla conoscenza diretta che egli ha avuto con l’artista perché può averlo incontrato in vita, avendo così avuto occasione di studiarne da vicino la tecnica, la modalità di realizzazione dell’opera, il suo pensiero.

Queste sono le basi scientifiche sulle quali poggiano gli expertise degli studiosi o degli esperti.

La domanda è la seguente: ferma restando la responsabilità per le ipotesi delittuose sopra evidenziate e tenuto conto delle suddette modalità, quale effettiva credibilità può avere dal punto di vista scientifico la certificazione di autenticità rilasciata da più esperti tra loro in conflitto?

In altri termini: l’esperto ”A” dichiara l’autenticità dell’opera riconducendola all’artista “Caio”; l’esperto “B” dichiara invece l’inautenticità dell’opera e dunque l’impossibilità della sua riconducibilità allo stesso artista.

Come sarà possibile dare ragione all’uno piuttosto che all’altro esperto? Quali sono i criteri che permettono di affermare l’una piuttosto che l’altra dichiarazione?

Dal punto di vista processuale, ai fini dell’accertamento della responsabilità penale per il delitto di falso, di fronte a tali incertezze, l’imputato non può essere condannato perché difetta l’acquisizione della prova dell’avvenuto falso “oltre ogni ragionevole dubbio”, principio consacrato all’art. 533 del codice di procedura penale.

Lo afferma, come si accennava sopra, una sentenza di merito emessa dal Tribunale di Bolzano [2], il cui giudice si è espresso in merito ad una complessa vicenda che vedeva la persona imputata per aver commercializzato, secondo l’accusa, esemplari contraffatti di opere.

La decisione del giudice si ritiene offra motivo di ragionamento per i risvolti che può avere nell’ambito della produzione artistica.

In estrema sintesi, la vicenda trattata dal Tribunale di Bolzano ha riguardato una persona che ha commercializzato opere d’arte di un artista contemporaneo perché, secondo la tesi accusatoria, munite di certificazioni di autenticità che attestavano falsamente la riconducibilità delle stesse opere all’artista in questione, e pertanto veniva tratta in giudizio per violazione dell’178, comma 1°, let. b), del Codice dei beni culturali e del paesaggio, disposizione che sanzionava per l’appunto il delitto di falso, ora confluita nel novellato art. 518-quaterdecies c.p., di cui si è detto sopra.

Dall’esame dibattimentale emergeva, in sostanza, che erano stati costituiti due distinti e paralleli archivi dell’artista ed entrambi rilasciavano le relative certificazioni di autenticità, fino a quando la vicenda approdò nella sede giudiziaria e il giudice espresse sentenza di proscioglimento in favore della persona imputata poiché “il fatto non sussiste” per i motivi sopra evidenziati.

È importante però capire il ragionamento logico-giuridico posto a base della pronuncia dall’interprete e dunque, senza entrare nel merito della vicenda, si ritiene sia utile riportare alcuni importanti e generali passaggi della sentenza di proscioglimento. 

Il giudice: “La causa qui in esame verte sull’autenticità o meno delle opere dell’artista … Più che di autenticità si dovrebbe parlare del concetto di attribuzione, cioè di riferibilità dell’opera all’artista, quanto a ideazione o materiale realizzazione. Dal punto di vista giuridico, l’attribuzione dell’opera d’arte suscita numerosi problemi, legati in particolare a cosa si intenda per autenticazione e attribuzione (legge sul diritto d’autore) e quale ne sia il regime giuridico (art. 64 D.Lgs.vo n. 42/2004), cosa siano copia e imitazione, quali reazioni l’ordinamento appresti al falso d’arte e all’erronea attribuzione. Tali questioni riguardano la personalità dell’autore: il diritto morale…, la tutela dell’alienante, o dell’acquirente, l’integrità del mercato… Il tema fondamentale è quindi quello di discriminare l’opera d’arte autentica da quella che autentica non è. Tale questione riguarda anzitutto il rapporto tra autore (o presunto tale) e possessore dell’opera, poi quello tra cedente e cessionario della stessa e tra il conoscitore e lo studioso. L’attribuzione dell’opera all’autore non rappresenta un’attività soggetta ad esclusiva in capo all’archivio o ai familiari dell’artista …: si tratta di un’attività che chiunque può compiere, proprio perché rientrante nella garanzia costituzionale della manifestazione del pensiero e della libertà della scienza. È consolidato in giurisprudenza di merito l’orientamento che considera l’attribuzione di un’opera alla paternità di un dato autore come una manifestazione di expertise di livello privatistico, che può pertanto essere svolta da qualunque soggetto accreditato come esperto dal mercato (Trib. Roma 26.6.2019, n. 13461) … che il diritto di rilasciare autentiche appartiene a chiunque sia ritenuto competente dal mercato, non trattandosi di un potere riservato in via esclusiva ai familiari dell’artista … ma di una forma di libera manifestazione del pensiero, come tale tutelata costituzionalmente, fermo restando il diritto degli eredi di rivendicare la paternità di un’opera d’arte ove erroneamente attribuita ad altri, o, viceversa, disconoscerne la provenienza (Trib. Roma 16.2.2010 n. 3425) … Si deve cioè escludere che nell’ipotesi di discordanza tra pareri (expertise), ovvero nella loro incertezza, l’autenticità dell’opera possa essere ottenuta giudizialmente, anche in considerazione del fatto che ogni parere, nella diversa valenza, a seconda che promani dall’autore ovvero da soggetti che abbiano maturato credibilità nel mondo accademico e dell’arte, può essere messo in discussione da un parere di segno diverso, fatto questo che spesso non consente di pervenire ad un giudizio di assoluta certezza sulla paternità dell’opera (Trib. Roma 21.6.2018, n. 12692) …”.

Dalla pronuncia del giudice emergono due importanti principi, che egli richiama per espresso consolidato orientamento giurisprudenziale di merito: chiunque esperto accreditato dal mercato può pronunciarsi sulla autenticità o meno di un’opera d’arte, essendo tali pronunce dichiarazioni di scienza che poggiano – ed è questo l’altro principio importante – sulla libera manifestazione del pensiero, diritto costituzionalmente consacrato.

Ovviamente il problema della autenticità o meno di opera si pone con riguardo a produzioni artistiche delle quali non esistono esemplari assolutamente autentici ai quali comparare l’opera oggetto dell’expertise, ovvero ne esistono diverse ma ognuna realizzata con tecniche e teorie concettuali diverse (artista poliedrico).

In tali casi, sebbene sia veramente difficile certificare l’autenticità o meno dell’opera, si spera quantomeno nell’animo nobile degli studiosi i quali, chiamati ad esprimersi, tengano a riferimento il rispetto dovuto all’arte e alla cultura.

Bibliografia essenziale:

  • Codice penale e di procedura penale, edizione Dike giuridica, Roma 2023.
  • Sentenza del Tribunale di Bolzano 13 settembre 2013, n. 1715.

Sitografia:

– https://www.altalex.com

– https://www.beniculturali.it/carabinieri.it

– https://www.giurisprudenzapenale.com

– https://www.njus.it

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 21 febbraio 2024

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.


[1] Articolo introdotto dalla L. 9 marzo 2022, n. 22, a decorrere dal 23 marzo 2022.

[2] Sentenza n. 1715 del 13.9.2023, depositata il 12.12.2023.

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Pubblicato da Leonardo Miucci

Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa