Come l’ambra che custodisce fossili del passato: il mosaico absidale di Santa Maria in Trastevere

In questo nuovo contributo, vi accompagneremo nuovamente all’interno dell’affascinante mondo dell’iconografia cristiana. Se nel precedente articolo ci eravamo soffermati sull’immagine della Madonna lattante, questa volta andremo a toccare quella relativa all’Incoronazione della Vergine.

Il tema iniziò a diffondersi in tutta Europa a partire dal XII secolo, comparendo per la prima volta nelle vetrate dell’abbazia di Saint-Denis ed incontrando una certa diffusione nelle decorazioni dei portali delle cattedrali francesi. Non abbiamo, però, la pretesa di trattare – in questa sede – ogni singolo caso conosciuto, prendendo come riferimento un unico esempio, quello del mosaico absidale nella chiesa romana di Santa Maria in Trastevere, che ci darà anche l’opportunità di parlare di una particolare cerimonia liturgica nota a pochi.

La Basilica sorse nel III secolo d.C. per volere di papa Callisto I (217-222), sfruttando una struttura preesistente, probabilmente una domus ecclesiae, ovvero una casa di proprietà di un cristiano aperta anche all’assemblea dei fedeli; inoltre, in quel lontano passato correva il ricordo – o la leggenda – che due secoli prima (parliamo del I secolo d.C.) dove oggi è la basilica fosse esistita una taverna al cui interno scaturì improvvisamente uno zampillo d’olio. Quel giorno si gridò al miracolo, perché l’olio venne presto associato a Cristo il cui corrispondente nome in greco, Xριστός, sta infatti a significare l’Unto.

Tuttavia, l’aspetto attuale dell’edificio è frutto della completa ricostruzione avvenuta sotto papa Innocenzo II (1130-1142). Quest’ultimo, inoltre, desiderò offrire ai fedeli un complesso che, internamente, ricordasse le antiche basiliche cristiane: ecco che vennero riproposte le colonne architravate nella navata centrale, come già in Santa Maria Maggiore, esaltando il tutto con l’impiego di materiale di spoglio attentamente selezionato. Nella storia dell’arte medievale si parla infatti, e non a caso, di “Rinascenza paleocristiana”, da intendersi proprio nel ripescaggio di motivi ed elementi architettonici ed artistici della prima era cristiana. In quell’occasione, si chiamò anche una squadra di mosaicisti a decorare l’abside ed il relativo arco (i mosaici al di sotto dell’abside, narranti alcuni episodi della vita di Maria, sono invece del Duecento e recano la firma del maestro Pietro Cavallini).

Roma, Basilica di Santa Maria in Trastevere, interno (Goldmund100, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, attraverso Wikimedia Commons)

Analizziamo quindi il mosaico del centro: tutto è aureo. Maria e Gesù siedono su un trono cosiddetto “a lira” (per la forma dello schienale), finemente decorato in ogni suo dettaglio (si vedano, ad esempio, le pietre che adornano le gambe del trono); anche le vesti manifestano splendore, in particolare l’abito della Vergine i cui ricami ricordano quelli delle stoffe delle imperatrici bizantine. Gesù abbraccia Maria teneramente, presentandola al pubblico di fedeli. Entrambi mostrano dei cartigli recanti le iscrizioni di cui parleremo a breve.

Al di sopra della testa di Cristo appare la dextera Dei, ovvero la mano di Dio, che stringe la corona di alloro con cui coronerà il capo del Figlio; attorno a questo particolare è un caleidoscopico ventaglio, una decorazione di retaggio paleocristiano, in cima alla quale discende la colomba simboleggiante lo Spirito Santo.

Accanto al gruppo centrale, sia a destra che a sinistra, sono raffigurati sette santi tra i quali è possibile indicare papa Callisto I, fondatore della chiesa di Santa Maria in Trastevere, ed Innocenzo II, che invece la ricostruì tenendone il modellino tra le mani.

Al di sotto, corre una fascia di un blu intenso in cui sono stati collocati tredici agnelli, rappresentazione dei dodici Apostoli e di Cristo, ovvero l’agnello con il capo circondato da un’aureola rossa e crucisignata.

Passando ora all’arco absidale, in alto compare il Tetramorfo, ovvero i quattro simboli degli Evangelisti (da sinistra: il leone per Marco, l’uomo per Matteo, l’aquila per Giovanni ed il toro per Luca); in basso, rispettivamente a sinistra e a destra, sono rappresentati due profeti dell’Antico Testamento, Isaia e Geremia, che mostrano i cartigli contenenti le iscrizioni di encomio alla Vergine e a suo Figlio.

Torniamo di nuovo al centro analizzando la scena rappresentata: come anticipato, vi è illustrata l’Incoronazione della Vergine e ce ne accorgiamo perché la protagonista ha sul capo una corona, quindi è già assunta in cielo; inoltre, qui è ritratta nella posizione dell’Advocata, cioè di colei che intercede per l’umanità attraverso il Figlio. A questo punto solleviamo la seguente domanda: ma cosa è stato scritto sui loro cartigli?

Su quello di Maria leggiamo:

Levi eius sub capite meo et dextera illius amplesabitur me

La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccerà

Su quello di Cristo:

Veni electa mea et ponam in te thronum meum

Vieni, mia eletta, e porrò in te il mio trono

Queste frasi sono versi tratti dal Cantico dei Cantici, componimento poetico di origine israelitica che il cristianesimo poi adottò. Esso parla di un uomo e di una donna, rispettivamente lo Sposo e la Sposa, il cui amore viene declinato per tutto il canto, raggiungendo spesso scenari di potente sensualità. Il cristianesimo reinterpretò le figure dell’uomo e della donna come Cristo ed sua Madre ed il Canto fu scelto per essere intonato nella notte tra il 14 ed il 15 di agosto, in corrispondenza cioè della celebrazione dell’Assunzione in cielo della Vergine. Per l’occasione, nel Medioevo veniva organizzata una vera e propria processione, durante la quale due icone, cioè l’Acheropita di Cristo nel Sancta Sanctorum al Laterano e l’immagine della Vergine proveniente da Santa Maria Antiqua ma conservata in Santa Maria Nova (conosciuta anche come Basilica di Santa Francesca Romana) venivano fatte incontrare.

Nel mentre, i fedeli intonavano i versi del Cantico dei Cantici, creando una sorta di dialogo amoroso tra i due Sposi. Inoltre, dobbiamo a Ernst Kitzinger, storico dell’arte statunitense di origine tedesca, la brillante intuizione di aver legato questa particolare liturgia alla decorazione in Santa Maria in Trastevere, non solo per la coincidenza testuale tra il testo poetico ed il mosaico romano, ma anche per la somiglianza – iconografica e stilistica – dei due volti ivi ritratti con le due icone del Laterano e di Santa Maria Nova.

In conclusione, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere siamo spettatori del momento in cui la Vergine, terminato il suo viaggio terreno, viene assunta in cielo come Regina. In questa ascesa, però, lei è anche una Sposa che può ricongiungersi, finalmente, con il suo Sposo.

Tu mi hai rapito il cuore,

sorella mia, mia sposa,

tu mi hai rapito il cuore

con un solo tuo sguardo,

con una perla sola della tua collana!

Quanto è soave il tuo amore,

sorella mia, mia sposa,

quanto più inebriante del vino è il tuo amore,

e il profumo dei tuoi unguenti, più di ogni balsamo.

Le tue labbra stillano nettare, o sposa,

c’è miele e latte sotto la tua lingua

e il profumo delle tue vesti è come quello del Libano.

Giardino chiuso tu sei,

sorella mia, mia sposa,

sorgente chiusa, fontana sigillata.

Bibliografia essenziale:

  • A. Iacobini, Il mosaico in Italia dall’XI all’inizio del XIII secolo: spazio, immagini, ideologia, in P. Piva (a cura di), L’arte medievale nel contesto (300-1300). Funzioni, iconografia, tecniche, Milano 2006, pp. 463-305.
  • M. A. Romanini, L’arte medievale in Italia, Firenze 1988.

Sitografia:

I versi del Cantico dei Cantici con cui il contributo si chiude sono stati tratti da gliscritti.it

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Giulia Abbatiello

Scritto in data: 23 gennaio 2022

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

In copertina: Roma, Basilica di Santa Maria in Trastevere, interno (foto tratta da cathopedia.org)

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Pubblicato da Giulia Abbatiello

Storica dell'arte, Bibliotecaria e abilitata all'insegnamento della Storia dell'Arte (classe A-54) nelle scuole secondarie di secondo grado. Si laurea nel 2020 in Storia dell'Arte con 110 e lode all’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". L'anno successivo consegue il diploma di Master di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” presso l'Università degli Studi di “Roma Tre”. Diplomatasi presso la Scuola Vaticana di Biblioteconomia (2023), ha preso parte al al progetto di catalogazione del libro antico del Fondo "Antichi e Rari" della Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana e collabora attualmente al progetto di catalogazione dei manoscritti miniati del Fondo "Urbinate" nell’ambito del “Censimento e catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Apostolica Vaticana”, sostenuto dall’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e dall’Università degli Studi della Tuscia.