Evoluzioni del falso: il Rinascimento

Quando Dante Alighieri compì il suo immaginario viaggio nel regno dell’oltretomba (Inferno canto XXX, Divina Commedia, 1304/7-1321) destinò impostori e fraudolenti di varia natura all’VIII cerchio, punendo alla decima bolgia i falsari. Le pene narrate dal sommo poeta variano in base alla tipologia di falsificazione: i falsari di identità correvano all’impazzata mordendo con violenta rabbia gli altri dannati; i falsari di moneta, condannati a contrarre la lebbra, furono deformati dall’idropisia (patologia caratterizzata dal formarsi di un eccesso di liquido nelle cavità sierose) e infine, i falsari di parole, straziati dalla sete. Come abbiamo visto nel contributo precedente Evoluzioni del Falso: Cristianesimo e Medioevo, in un’epoca in cui le contraffazioni dilagarono, anche le punizioni divine dovevano essere esemplari. Ma cosa successe dopo?

Il Rinascimento

Tra il Quattrocento e il Cinquecento ci inoltriamo all’interno di un periodo storico di grande splendore. La riscoperta dei classici latini e greci, accantonati nel Medioevo, diedero vita ad un ritrovato interesse per il sapere scientifico e la celebrazione del culto della bellezza. La figura dell’artista ebbe un ruolo di primo piano rispondendo alle esigenze di una committenza colta e raffinata. Si estese un nascente gusto collezionistico, che vide il formarsi di raccolte di eccezionale pregio: i prezzi salirono e così anche il rapporto tra domanda e offerta. Questo fiorente contesto, oltre a generare gran parte dei capolavori che noi tutti oggi possiamo ammirare, fu anche pretesto per falsari e imitatori per produrre creazioni consapevolmente fraudolente.

Una fonte storica che testimonia come il falso facesse parte dell’attività di molte botteghe d’epoca, ci è stata lasciata dal noto biografo Giorgio Vasari (1511-1574), che nelle sue celebri “Vite” – tra il 1550 e il 1568 – narra aneddoti e vicende attorno a produzioni non autentiche che lasciano presagire come già, quasi cinquecento anni fa, il profitto economico fosse il movente principale di operazioni mirate all’inganno dell’incauto acquirente o al compiacimento del collezionista più accanito. Molte vicende narrate dal Vasari sono diventate così popolari che oggi non esiste pubblicazione sulla storia del falso che non ne citi almeno una. In merito all’incisore Marcantonio Raimondi (1480-1534), la sua ammirazione per le opere del tedesco Albrecht Dürer (1471-1528), si tradusse ben presto in uno studio accurato di linee e tratti delle sue incisioni, affinché potesse contraffarle. L’artista non si limitò ad imitarne la maniera, ma ne falsificò anche il monogramma (AD). Venuto a conoscenza della truffa che si stava compiendo con il suo nome, Dürer partì dalle Fiandre diretto sino a Venezia, dove intentò una causa contro Marcantonio. La controversia si concluse ottenendo semplicemente che il falsario Raimondi, considerato altrettanto capace, non poté più utilizzare il segno siglato adoperato dal Dürer, il quale (suo malgrado), tornato nel suo paese, trovò ad attenderlo altri emuli. Sempre il Vasari riferisce di un vero e proprio episodio di falso su commissione: nel 1525 Federico II Duca di Mantova (1500-1540), in visita a Firenze, rimase particolarmente impressionato dal ritratto di papa Leone X eseguito da Raffaello (1483-1520), a tal punto che chiese di poterlo avere in dono a Papa Clemente VII (1478-1534), che acconsentì chiedendo, a sua volta, a Ottaviano de’ Medici (1484-1546) – già vicino a Cosimo de’  Medici (1519-1574) e che aveva avuto diversi incarichi di magistratura a Firenze – di occuparsi della consegna del dipinto a Mantova. Il signore di Firenze non volle però privare la città di un simile capolavoro, cosicché mentì, dicendo che a causa del cattivo stato di conservazione dell’opera ne avrebbe fatto eseguire una nuova. A quel punto commissionò ad Andrea del Sarto (1486-1531), il pittore “senza errori” definito dal Vasari, di contraffare diligentemente il dipinto di Raffaello. Il maestro fiorentino dipinse l’opera in gran segreto, riproducendone fedelmente dimensioni e persino, per dire sempre del Vasari, la patina di sporco. La copia fu così fedele e ben riuscita che, alla fine, nemmeno Ottaviano de’ Medici, che l’ebbe commissionata, poté distinguerla dall’originale. Il raggiro fu presto fatto: i due complici nascosero il dipinto di Raffaello, e con simil cornice, inviarono il falso di Andrea del Sarto al Duca di Mantova, che a gran sorpresa, rimase entusiasta della pittura senza avere il minimo sospetto (Fig. 1).

Nel Rinascimento, l’attività dei falsari non coinvolse solo gli artisti dell’epoca, il ritrovato amore per l’arte classica, infatti, sfociò nella diffusione di vere e proprie officine di falsi specializzate nell’antico. Oggi si conoscono i nomi (e l’elenco è lunghissimo) di moltissimi artisti/falsari che si sono dedicati alla produzione di opere di pseudo-statuaria antica. È entrata ormai nel mito collettivo, ad esempio, la vicenda secondo cui, agli albori della sua carriera artistica, Michelangelo (1475-1564) falsificò statue in marmo di epoca romana. Ancora Vasari scrisse di un tal Tommaso della Porta (XVI sec.) attivo a Milano: “ (…) ha lavorato di marmo eccellentemente, e particolarmente ha contraffatto teste antiche di marmo che sono state vendute per antiche; (…) io ne ho una di sua mano, di marmo, posta nel camino di casa mia d’Arezzo, che ogni uno la crede antica (…)” [1].

Lo studioso Lanfranco Franzoni (1926-2005) – e successivamente il Prof. Paolo Preto (1942-2019) –  indicò Padova e Venezia come i luoghi principali del Veneto in cui si manifestò il problema del falso antico, sia come centro di produzione che come sede di scambio, in particolare con realizzazioni di ritratti in marmo, bronzi di piccola dimensione e medaglie. In merito a quest’ultime, l’incisore Vico Enea (1523-1567), nel 1558 pubblicò il primo trattato in cui analizzò la problematica del falso, descrivendo con accurata dovizia, metodologie sulla produzione e modalità di riconoscimento delle medaglie, per non cadere nell’inganno delle contraffazioni in ambito numismatico (Fig. 2).

A questa brevissima aneddotica sulle falsificazioni intenzionali in epoca rinascimentale, si dovranno aggiungere tutte quelle opere, che pur non traendo origine da una volontà strettamente dolosa, attraverso la replica di modelli consolidati, sfoceranno in copie di bottega mal attribuite o volutamente assegnate a maestri più illustri, rifacimenti o ricostruzioni parziali con aggiunta di elementi mancanti non originali, manomissioni di oggetti archeologici, e moltissime altre manifestazioni artistiche, che ricadranno nei labili confini del falso.

Bibliografia essenziale:

F. Arnau, Arte della falsificazione, falsificazione dell’arte, Milano, 1960, pp. 21-27.

N. Charney, The Art of Forgery, Phaidon Press Limited, Londra, 2015, pp. 11-13; pp. 35-44.

M. Cerbella, I falsi come riconoscerli nell’arte e nell’antiquariato, Stia, 2008, pp. 31-43.

V. Enea, Discorsi di M. Enea Vico, sopra le medaglie de gli antichi, divisi in due libri, ove si dimostrano notabili errori di scrittori antichi e moderni intorno alle historie romane, 1558, in bnf gallica https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k8516593# (ultima consultazione 3 maggio 2023).

L. Franzoni, Antiquari e collezionisti nel Cinquecento in G. Arnaldi, M. Pastore Stocchi (a cura di), Storia della cultura veneta. Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, Vicenza, 1981,  p. 234.

P. Genesini (a cura di), Inferno in Divina Commedia, 2021, pp. 89-93.

M. Natale, Falsi e storia dell’arte, a volo d’uccello in “Falso, il patrimonio culturale e la difesa dell’autenticità”; Atti del convegno interdisciplinare Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps, Roma, 25-27 ottobre 2018,  Roma 2020, pp. 323-359.

S. Papetti, Repliche, copie e falsi: riflessioni su una querelle senza fine in “L’Arte non vera non può essere arte”; Atti del ciclo di conferenze promosse dal Comando Carabinieri TPC in collaborazione con il Consiglio Nazionale Anticontraffazione (CNAC-MiSE), il Ministero per i beni e le attività culturali e l’Università degli Studi Roma Tre, ottobre-dicembre 2017, Roma 2018, pp. 35-42.

M. Passeroni, Il falso nell’arte in “L’Arte non vera non può essere arte”; Atti del ciclo di conferenze promosse dal Comando Carabinieri TPC in collaborazione con il Consiglio Nazionale Anticontraffazione (CNAC-MiSE), il Ministero per i beni e le attività culturali e l’Università degli Studi Roma Tre, ottobre-dicembre 2017, Roma 2018, pp. 103-110.

P. Preto, Rinascimento e Barocco in Falsi e falsari nella storia dal mondo antico a oggi, di W. Panciera, A. Savio (a cura di), Roma 2020, pp. 1-58 (versione E-book).

G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568, versione integrale con introduzione di M. Marini, Roma, 2012.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Tamara Follesa

Scritto in data: 21 maggio 2023

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Fonte immagini:

    • Fig. 2: Discorsi di M. Enea Vico,… sopra le medaglie de gli antichi, divisi in due libri, ove si dimostrano notabili errori di scrittori antichi e moderni intorno alle historie romane…, 1558: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k8516593

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    [1] G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568, versione con commenti e annotazioni di G. Milanesi, Firenze, 1881, Tomo VII, p. 550.

    Pubblicato da Tamara Follesa

    Storica dell'Arte, Perito d’Arte Moderna e Contemporanea del Tribunale di Cagliari, Perito Calligrafo. Specializzata al Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” presso l'Università degli Studi di Roma Tre con la Tesi “Metodologie di Indagine e approcci multidisciplinari nell'autenticazione dell'arte contemporanea per il contrasto al fenomeno della falsificazione”, a cui ha fatto seguito la Borsa di studio del Centro Di Eccellenza Del Distretto Tecnologico Culturale Della Regione Lazio (DTC Lazio-Italia). All’interno del percorso di formazione ha svolto uno stage di sperimentazione operativa presso il Laboratorio del Falso a Roma, centro di studio per il contrasto alla falsificazione dei beni culturali e d’arte. Attualmente continua ad ampliare la propria formazione con il Master Biennale di II livello "Esperti nelle attività di valutazione e tutela del Patrimonio Culturale", presso l'Università degli Studi di Roma Tre, Dipartimento di Studi Umanistici, in collaborazione con il Ministero della Cultura (MiC) e il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (CC TPC). Presta la sua professionalità in qualità di Perito del Tribunale e Consulente Tecnico per la Procura della Repubblica nell’ambito del processo penale occupandosi della verifica dell’autenticità di opere d’arte poste sotto indagine e sequestro; ha svolto, inoltre, incarichi di accertamento tecnico preventivo nel corso di procedimenti cautelari. Collabora con laboratori di diagnostica scientifica e studi di consulenze nel campo dell’autenticazione in Italia e all’estero. Si è occupata dell’inventariazione e la stima di importanti collezioni d’arte di Fondazioni/Archivi d'Artista e Collezioni Aziendali di Istituzioni pubbliche. Attualmente è Professore a contratto per il Workshop "Le Professioni dell'Arte: sistema, economia, legislazione" istituito presso l'Università degli Studi di Teramo, Dipartimento di Scienze della Comunicazione. Dal 2024 infine svolge attività di supporto alla comunicazione culturale per il progetto editoriale CoRes-Project (Conservazione e Restauro).