Fontana del Prigione: breve storia di un monumento romano, tra spostamenti, furti e degrado urbano

Esiste una fontana, conosciuta ai più, specialmente agli abitanti di Trastevere, che fa da sfondo alla via Luciano Manara strada che, oltre a costituire il proseguimento di via della Fratte di Trastevere, si incrocia con via Goffredo Mameli: si tratta della fontana del Prigione, preceduta da uno spiazzo con quattro panchine, incastonata in quella verde collina percorsa da una scalinata.

Quella fontana, che forse ormai in molti considerano come un elemento scontato, ha invece alle spalle una lunga storia di spostamenti, ricostruzioni e, purtroppo, di scomparse.

Il monumento venne progettato e realizzato dall’architetto Domenico Fontana tra il 1587 e il 1590, al fine di donare uno sfondo prospettico a uno dei viali della residenza di papa Sisto V sull’Esquilino, la villa Montalto Peretti, collocata nell’area del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme. Fu proprio durante i lavori che interessarono Roma alla fine dell’Ottocento a comportare la distruzione della stessa villa e lo smontaggio della fontana che rimase nei magazzini del Ministero dell’Interno dal 1888 al 1894. 

Nell’ambito dei vari progetti urbanistici, si decise di ricomporla, andando a costituire lo sfondo di via Genova, nei pressi del rettifilo di via Nazionale (anche indicata come «rientranza di via Palermo» nei documenti). Ma per quel monumento sembrava non esserci pace: nel 1923 veniva di nuovo rimosso e collocato dove si trova attualmente, inglobata nel muraglione di sostegno, seguendo un progetto del Genio Civile.

Le rare immagini relative alla sua prima collocazione all’interno di villa Peretti mostrano come l’aspetto originario sia stato mantenuto. La fontana, composta da una nicchia maggiore e absidata con un motivo conchigliato, lesene, due vaschette laterali, ghirlande, protomi leonine e volti barbati simili a sileni inseriti in una decorazione in tessere di mosaico lungo la sua superficie superiore, deve il suo nome proprio a un “componente” che non c’è più: il famoso “prigione”, una statua di un prigioniero con le mani legate posto su un piedistallo all’interno della nicchia maggiore da cui, a sua volta, fuoriusciva acqua da un mascherone per terminare poi in un sarcofago.

Già nel 1836 la statua, il mascherone e il sarcofago risultavano scomparsi per essere sostituiti sicuramente nel 1925, se non addirittura prima, da un elemento architettonico che doveva ricordare una finta roccia o una scogliera che, però, veniva definita «mostruosità indegna», «dalle forme fantastiche» e perciò «intollerabile». Durante il rimontaggio in via Genova, anche altre parti della fontana avevano subito un reintegro in travertino.

Era solo il primo dei tanti danni subiti dal monumento di Domenico Fontana. Il secondo spostamento operato nel 1924 dal Genio Civile, con la supervisione dell’Ufficio Tecnico Comunale e dell’Ufficio X Antichità e Belle Arti, comportò la perdita di altre parti della fontana, reintegrate più facilmente grazie alla realizzazione di calchi e l’eliminazione delle colonnine di recinzione data l’eccessiva vicinanza della vasca al piano stradale posto «a quasi venti centimetri» di distanza.

Ma se da una parte nella più verde e storica Trastevere la fontana trovava una collocazione più consona e capace di valorizzarla, altre statue erano scomparse oltre al prigioniero «in completa libertà»: quella di Apollo e di Venere, le cui figure riempivano un tempo le nicchie minori. Già, però, nelle incisioni di fine Ottocento e nel prospetto della fontana da trasportare, queste non comparivano più.

Prospetto della fontana del Prigione in via Genova (fonte: Trastevere App)

Al contrario, sull’attico si conservava un’antica statua di Esculapio – confuso in passato con Giove, nonostante la presenza del bastone con serpente avvolto – nella sua integrità. Da lì a non molti anni quest’ultima subiva un danno, venendo decollata. Era scomparsa anche la testa della divinità medica, trafugata e non più ritrovata.

Fontana del Prigione, dettaglio della statua di Esculapio (fonte: Roma Sparita; rielaborazione grafica di Cristina Cumbo)

La fontana, già obiettivo di atti vandalici che causarono la distruzione del bordo della vaschetta destra, quando era ancora in via Genova (1904), fu affidata nel 2005-2006 alla ditta De Feo restauri per procedere con un intervento conservativo. Fu così che si iniziò con il reintegro di una voluta spezzata (nuovo atto vandalico), con l’eliminazione delle patine per far sì che la fontana potesse nuovamente essere ammirata in tutta la sua bucolica bellezza, seppur mutilata di parti di storia, e con la creazione quell’area di rispetto che attualmente impedisce alle automobili di parcheggiare a ridosso del monumento.

Certo, le condizioni odierne non sono forse delle migliori: il muro di contenimento è segnalato da una rete che indica pericolo, le concrezioni calcaree si sono logicamente formate di nuovo e nella boscaglia, immediatamente dietro l’attico della fontana, sono ben evidenti i segni di uno dei tanti accampamenti appartenenti a senza fissa dimora sparsi per la Capitale.

Quella del Prigione è stata, forse, una fontana un po’ “sfortunata”, vittima di quelle trasformazioni che la Roma albertina stava subendo, con distruzioni, sventramenti e ricostruzioni. È quasi una sopravvissuta al tempo e all’uomo, soprattutto all’azione di quest’ultimo che modificò completamente il volto della Capitale d’Italia, spesso operando vere e proprie decontestualizzazioni. Il nome che la caratterizza, già dal suo trasferimento ai piedi del Gianicolo, costituiva soltanto una tradizione, ricordo di un monumento completamente differente e totalmente ricostruito. Oggi costituisce un elemento quasi “invisibile”, in un contesto che necessita di una riqualificazione.

E per quel che riguarda le statue, il mascherone e il sarcofago? Non sappiamo in quale anno preciso siano avvenuti i vari furti, se di questi si trattò, escluso quello certo del capo di Esculapio. Ma ci piace forse pensare, in un’ottica più positiva, che tali elementi giacciano invece in qualche deposito in attesa di una riscoperta, o meglio di un risveglio da quel sonno in cui sono state relegate dopo la lunga “vita” nella residenza papale di Sisto V, ancora a disposizione della comunità e non del singolo collezionista in una qualsiasi parte del mondo.

Bibliografia:

B. Nobiloni, Il restauro della fontana del Prigione, in L. Cardilli (ed.), L’acqua, le pietre, i bronzi, le fontane monumentali. Gestione e conservazione. Esperienze a confronto, Roma 2010, p. 285.

W. Pocino, Le fontane di Roma, Roma 1996, p. 203.

Archivio Storico Capitolino (ASC), Studi e progetti. Segnalazione di avvenuto atto vandalico a carico della fontana del Prigione (1904): Ripartizioni| Ripartizione V Lavori Pubblici| Servizio Idraulico| Carteggio| Studi e progetti. “Acqua Felice – Fontane pubbliche e semipubbliche”: elenchi di fontane pubbliche, semipubbliche e di bocchette provvisorie suddivise sulla base dell’acqua in esse fluenti| busta 57, fascicolo 3, sottofascicolo 9.

Archivio Storico Capitolino (ASC), Ripartizioni| Ripartizione X Antichità e Belle Arti| Ripartizione X (1920-1953)| Titolario 1929| Titolo 17. Fontane| busta 30, fascicolo 3.

Siti consultati:

Sovrintendenza Capitolina: http://www.sovraintendenzaroma.it/i_luoghi/roma_medioevale_e_moderna/fontane/fontana_del_prigione_in_trastevere

Ingegneri.info – Recupero e restauro: http://www.ingegneri.info/news/recupero-e-restauro/il-restauro-della-fontana-del-prigione-a-roma/

Trastevere App: http://www.trastevereapp.com/storia-del-rione/fontana-del-prigione/

Roma Sparita: https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/60518/via-luciano-manara

Autrice dell’articolo e delle foto (tranne dove diversamente indicato): Cristina Cumbo. Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

Le immagini sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Contributo precedentemente pubblicato su “The Journal of Cultural Heritage Crime” in data 20.02.2019 e disponibile al seguente link.  

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Pubblicato da Cristina Cumbo

Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.