Il mosaico della Chiesa di Santa Pudenziana a Roma: straordinaria testimonianza di un mosaico medievale in città

In questo nuovo articolo, parleremo di uno straordinario monumento della Roma medievale: il mosaico absidale della chiesa di Santa Pudenziana. Quel che ci interessa è osservarne la decorazione perché, come noteremo tra poco, essa presenta delle caratteristiche che non dovevano far parte del progetto iniziale, ma che sono piuttosto il risultato del susseguirsi di restauri storici. Esaminiamolo, dunque, nel dettaglio: al centro, seduto su un trono riccamente decorato, è stato raffigurato Cristo. Egli, che veste una tunica dorata, mostra con la mano destra un libro aperto su cui si legge l’espressione Dominus conservator ecclesiae Pudentianae (letteralmente Signore conservatore della chiesa di Pudenziana), mentre con la sinistra fa il segno della benedizione. Poco più in basso si dispongono, ciascuno ritratto a mezzo busto, dieci uomini e due donne. Sullo sfondo si intravede un paesaggio urbano dietro un muro ritmato da archi, mentre nel cielo costellato di nubi apocalittiche si erge una grande croce dorata e gemmata, ai cui lati sono disposti i quattro simboli degli Evangelisti (l’aquila di San Giovanni, il leone di San Marco, il toro di San Luca e l’uomo di San Matteo).

Con la premessa che quanto segue è soltanto una sintesi di alcune delle numerose chiavi di lettura che sono state date dagli studiosi, iniziamo dal fulcro della composizione, dunque dalla figura di Cristo, in cui c’è chi riconosce tre livelli di significato: quello filosofico in quanto docente, quello escatologico (di salvezza) in quanto giudice e quello imperiale in quanto appunto imperatore del regno celeste. Altri studiosi hanno invece rigettato interpretazioni come quest’ultima, a fronte della effettiva mancanza degli strumenti regali quali lo scettro, la corona e tutte quelle insegne utili che simboleggiano il potere. Tuttavia, c’è anche chi ha interpretato il mosaico nel trionfo di un nuovo regno romano sotto il segno della Croce, che ha avuto inizio a partire dalla vittoria di Costantino su Massenzio nel 312. Da un punto di vista cronologico, si data la decorazione sotto il centenario di questo avvenimento, quindi il 412, caduto due anni dopo il disastroso sacco di Roma di Alarico. Infatti, la stessa scuola di pensiero crede che simboli come la croce o quelli degli Evangelisti siano la rappresentazione apocalittica di quel tragico evento, il sacco appunto, che sconvolse Roma e di cui si aveva ancora viva memoria. La città sullo sfondo, che secondo alcuni fotograferebbe un quartiere romano, forse lo stesso rione Esquilino in cui la chiesa sorge, potrebbe in realtà rappresentare la Gerusalemme celeste a conferma della lettura apocalittica della decorazione.

Continuando questo processo di identificazione, le due donne ritratte potrebbero essere le personificazioni della Ecclesia ex gentibus e della Ecclesia ex circumcisione, rispettivamente la Chiesa dei pagani (o dei gentili) e degli ebrei convertiti al Cristianesimo che, insieme, simboleggiano la Chiesa universale. Esiste anche una lettura più profana che vede queste figure femminili come Vittorie. Infine, gli ultimi personaggi rimasti sono quelli maschili, disposti ai lati della composizione e che, senza troppa difficoltà, identifichiamo negli Apostoli.

È proprio su quest’ultimo punto e cioè sul numero degli Apostoli che vogliamo soffermarci per introdurre la storia conservativa di questo straordinario monumento medievale. Infatti, contando ogni singola figura, ci accorgiamo che, anziché essere dodici, sono dieci. Che fine hanno fatto gli altri due? Cercheremo di capirlo insieme raccontando la storia dei restauri che si sono avvicendati nel tempo.

Il primo restauro di cui si abbia documentazione è quello avvenuto sotto il pontificato di papa Adriano I (772-795), che curò l’intradosso (ovvero la parte interna) dell’arco absidale e, forse, il mosaico che è al centro.

Un secondo intervento si affacciò soltanto alla fine del Cinquecento, quando il cardinale Enrico Caetani (1585-1588) decise di restaurare la decorazione. Di questa attività ne abbiamo testimonianza in un disegno acquerellato di Alfonso Ciacconio del 1595 circa, un documento molto interessante perché rivela alcune differenze rispetto all’attuale aspetto della decorazione (si rimanda alla digitalizzazione: Vat. Lat. 5407): ciò che colpisce innanzitutto è la totale assenza del paesaggio urbano, di cui si ravvede soltanto il monte su cui si erge la croce. Come ora, ciascun personaggio disposto lateralmente è ritratto a mezzo busto ed il resto del corpo è nascosto da una doppia cornice aperta al centro, inserita proprio in quella circostanza, che quindi non coincide con quella attuale che invece è continua. Proprio nel punto di interruzione, si notano l’immagine di un agnello, una colomba ed infine delle lettere nere: se il primo è da identificare con l’Agnello di Dio (Agnus Dei), mentre il secondo nello Spirito Santo, il terzo è stato invece ricondotto al monogramma di Adriano I che, ricordiamo, è stato il primo pontefice ad essere intervenuto sul mosaico. Tuttavia, essendo stato questo dettaglio replicato poco al di fuori dell’acquerello, si è pensato che la sua collocazione originaria non fosse in basso, ma al centro della decorazione dell’arco oggi totalmente perduta. Ultimo elemento che differenzia questo disegno dalla visione attuale è lo sgabello su cui gli Apostoli più vicini al centro, da identificare in Pietro e Paolo, poggiano un piede.

Quindi, soffermandoci su quanto detto fino ad ora, ad essere andati perduti a causa dell’intervento voluto dal cardinale Caetani sono il monogramma pontificio dell’arco absidale e due degli Apostoli, quelli alle estremità della scena, sacrificati per l’inserimento della cornice. Ecco spiegato perché essi, invece di dodici, siano ad oggi dieci. Concludendo la storia di questo restauro, dalla lettura dei documenti si evince che le spese interessarono anche l’intero rifacimento ad intonaco del busto e delle mani dei primi tre personaggi a sinistra e delle architetture alle loro spalle; una porzione del cielo e il simbolo del toro; infine, tutto il gruppo dei sei personaggi a destra.

Nel 1711, per volere del cardinale Giovanni Maria Gabrielli (1699-1711), venne rifatto con intonaco dipinto il libro sorretto da San Paolo e parte della veste dell’apostolo che gli è accanto. Probabilmente, fu questo il momento in cui l’Agnello e la colomba vennero rimossi con l’inserimento dell’attuale cornice continua che chiude in basso la decorazione.

Tra il 1802 ed il 1814 seguì il quarto restauro, che fu invece di natura conservativa. Una curiosità: tra gli interventi eseguiti per l’occasione, ci fu l’inserimento di tante “L” in rame ritrovate successivamente nei restauri dei primi del Duemila. La spiegazione sta nel fatto che il committente dell’impresa fu il cardinale all’epoca titolare della chiesa, che infatti si chiamava Lorenzo Litta (1801-1814).

Sempre nell’Ottocento iniziò il 15 luglio 1831 un nuovo restauro sotto la direzione di Vincenzo Camuccini, Ispettore delle Pubbliche Pitture e direttore dello Studio Vaticano del Mosaico, che interessò l’integrazione delle lacune con nuove tessere di mosaico e l’eliminazione dei rifacimenti cinquecenteschi con, parimenti, l’applicazione di nuove tessere. Rispetto a quest’ultimo passaggio, ad oggi un’azione del genere non verrebbe eseguita in quanto l’eliminazione di un restauro passato equivale alla cancellazione di un capitolo di storia di quel bene culturale.

Negli anni Trenta del secolo scorso ci fu un nuovo intervento, compiuto dalla Regia Soprintendenza ai Monumenti del Lazio su incarico del restauratore Alfredo Casagrande Stano e, alla sua morte, di Fulvio Vettraino, in cui si provvide al consolidamento delle superfici e alla rimozione di polvere e grasso attraverso una pulitura effettuata con olio di tartaro.

L’ultimo restauro fu quello del 2001-2002, condotto dalla Soprintendenza Speciale per il polo museale di Roma sotto la direzione di Vitaliano Tiberia ed eseguito dalla ditta di Susanna Sarmati. Quest’intervento ha previsto numerose operazioni, tra cui la riduzione delle infiltrazioni d’acqua negli strati preparatori del mosaico, soprattutto sull’estremità sinistra. In quella circostanza, venne purtroppo constatata la perdita importante di numerose tessere di mosaico.

La storia del mosaico absidale della chiesa di Santa Pudenziana accomuna molte altre vicende di decorazioni di edifici ecclesiastici. Come osservato, ciò che rimane è quasi sempre la manifestazione di numerose modifiche e perdite, risultato di restauri secolari che non si curavano spesso del mantenimento dell’aspetto originario dell’opera. Oggigiorno, trovare e studiare le fonti è il primo passo che lo studioso deve compiere per ricostruire l’iconografia di un tempo, con la consapevolezza che ogni sua scoperta potrà essere fondamentale nell’aggiunta di un tassello in più su decorazioni tanto alterate. Il restauratore, che è anch’esso uno studioso alla ricerca delle documentazioni storiche, è chiamato non solo al mantenimento, per quanto possibile, dell’integrità materiale del bene culturale, ma anche alla conservazione di ogni passaggio storico che lo ha restituito tale fino ai giorni nostri.

Bibliografia essenziale:

M. Andaloro (a cura di), L’orizzonte tardoantico e le nuove immagini. 312-468, vol. I, Milano 2006.

E. Dassmann, Il mosaico absidale di S. Pudentiana a Roma: aspetti filosofici, imperiali e teologici in un’immagine di Cristo all’inizio del V secolo, in Trimestrale Romano per l’Antichità Cristiana e la Storia della Chiesa, 65 (1970), pp. 67-81.

T. F. Mathews, The clash of gods: a reinterpretation of Early Christian art, Princeton 1993.

V. Tiberia, Il mosaico di Santa Pudenziana a Roma. Il restauro, Todi 2003.

Abstract:

The decoration of the church of Saint Pudenziana is a rare testimony of medieval mosaic in Rome. Its complex iconography has more than one interpretation, but today we can observe it as the result of historical restorations, giving us a different and not original aspect.

Keywords:

Rome, Saint Pudenziana, medieval art, medieval church, mosaic, restauration

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Giulia Abbatiello

Scritto in data: 10 marzo 2024

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Pubblicato da Giulia Abbatiello

Storica dell'arte, Bibliotecaria e abilitata all'insegnamento della Storia dell'Arte (classe A-54) nelle scuole secondarie di secondo grado. Si laurea nel 2020 in Storia dell'Arte con 110 e lode all’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". L'anno successivo consegue il diploma di Master di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” presso l'Università degli Studi di “Roma Tre”. Diplomatasi presso la Scuola Vaticana di Biblioteconomia (2023), ha preso parte al al progetto di catalogazione del libro antico del Fondo "Antichi e Rari" della Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana e collabora attualmente al progetto di catalogazione dei manoscritti miniati del Fondo "Urbinate" nell’ambito del “Censimento e catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Apostolica Vaticana”, sostenuto dall’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e dall’Università degli Studi della Tuscia.