Il ruolo di Giorgio Castelfranco nella difesa e tutela del patrimonio artistico italiano (parte 1)

Tra la vasta e complessa documentazione che è stata prodotta a proposito della difesa e tutela del patrimonio artistico italiano intorno agli anni della Seconda guerra mondiale, emerge spesso il nome di Giorgio Castelfranco (1896 – 1978). Nome che, però, rimane tra i meno noti, nonostante l’impegno e la professionalità dello storico dell’arte e stimato funzionario di soprintendenza.

Giorgio Castelfranco.
Fonte immagine: toscananovecento.it

Nato a Venezia il 18 gennaio 1896 da Adolfo e Elisa Forti, nel 1914 egli si trasferì a Firenze con la famiglia e prese parte alla Prima guerra mondiale durante la quale fu ferito gravemente. Mutilato di guerra fu decorato nel 1916 con medaglia d’argento. Nel 1921 si laureò in Lettere presso l’Università di Firenze. Avendo vinto il concorso per entrare nel personale delle Belle Arti, nel gennaio 1926 Castelfranco fu nominato ispettore aggiunto alla Soprintendenza alle opere di antichità e arte delle Puglie, con sede a Taranto. Il primo settembre 1927 fu trasferito presso la Soprintendenza Medievale e Moderna dell’Umbria, con sede a Perugia e nel 1929, trasferito alla Soprintendenza all’arte Medioevale e Moderna per la Toscana, con sede a Firenze, sotto la direzione di Giovanni Poggi.

Nel 1936 gli venne affidata la direzione della Galleria di Palazzo Pitti. Trasferito alla Galleria Estense di Modena nel 1938 e dispensato dal servizio il primo febbraio 1939, per effetto delle leggi razziali, Castelfranco dovette momentaneamente rinunciare a mettere a disposizione della pubblica utilità la propria decennale esperienza, coltivata operando nella varie soprintendenze italiane. E pensare che proprio Castelfranco si era occupato di riallestire il corridoio vasariano in vista della visita del Führer del maggio del ’38.

Castelfranco lasciò, così, Firenze e la propria palazzina di Lungarno Serristori. Il villino fu allora messo a disposizione di Rodolfo Siviero e del suo gruppo di uomini che, soprattutto da dopo l’8 settembre 1943, lavorò all’individuazione e recupero delle opere d’arte trafugate dai nazisti. Castelfranco riparò a Taranto, dove venne accolto e aiutato dal soprintendente alle antichità Ciro Drago. Assunto nuovamente, Castelfranco fu assegnato al Provveditorato degli studi di Bari e nel ’44 comandato a prestare servizio nell’amministrazione centrale del ministero della nuova capitale del regno del sud, a Salerno, nominato reggente provvisorio della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti presso il Ministero della Pubblica Istruzione. 

Dopo quasi quattro anni di forzata inattività, Castelfranco poteva finalmente riprendere il suo lavoro. L’Italia era un Paese completamente da riorganizzare e ricostruire, anche da un punto di vista burocratico. Di certo vi erano le macerie delle bombe e l’urgenza di stilare una panoramica dei danni al patrimonio di quella parte di Italia che già era stata liberata. Mancavano, però, il personale e le risorse finanziarie. Le Soprintendenze erano totalmente da ricostituire, le strade erano completamente dissestate. Nonostante le evidenti difficoltà nel tenere contatti con i colleghi, Castelfranco cercò di riattivare una rete tra tutte le soprintendenze del Sud con i grandi funzionari, come Bruno Molajoli, soprintendente alle Gallerie e ai Musei di Napoli, e Sergio Ortolani, direttore della Pinacoteca napoletana: con questi ultimi iniziò già a occuparsi della questione relativa al recupero e alla restituzione delle opere trafugate dai tedeschi. Assidua fu anche la collaborazione con gli ufficiali alleati della sezione Monuments, Fine Arts, and Archives dell’amministrazione militare alleata, che si stupivano di come i funzionari italiani, in così modeste condizioni finanziarie, possedessero invece una solida cultura assommando in loro capacità amministrative, scientifiche e tecniche talmente varie e in grado tanto elevato. Nel marzo 1944 Castelfranco fu impegnato in quotidiani viaggi di ispezione al patrimonio artistico tra Napoli, Paestum, Eboli, controllando in maniera attenta e capillare che le autorità alleate militari non requisissero musei, scuole d’arte, biblioteche e locali delle soprintendenze, sicuramente vitali per la ripartenza delle attività dell’Amministrazione della Pubblica Istruzione.

Dopo la liberazione di Roma, prestò servizio presso la Soprintendenza alle Gallerie della capitale. Nel luglio del ’44, venne incaricato, dal Ministro della Pubblica Istruzione Guido De Ruggiero, di affiancare, insieme ad Emilio Lavagnino, gli ufficiali alleati nel giro di ricognizioni ai depositi in cui erano state messe al riparo le opere d’arte dei musei toscani.

In effetti, a partire dal 1940, praticamente subito dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il Ministero dell’Educazione Nazionale emanava una serie di provvedimenti per la salvaguardia del patrimonio artistico, che si possono riassumere brevemente in due tipologie di misure protettive: la prima, di messa in sicurezza delle opere monumentali ed inamovibili in situ, protette, cioè, sotto coperture di sacchi di sabbia e vere e proprie strutture murate; la seconda, di trasferimento in depositi di campagna di tutte le opere mobili delle Gallerie fiorentine. Ma fu in particolare dal mese di novembre 1942 che gran parte delle opere mobili vennero trasferite in luoghi collocati nei dintorni di Firenze, più isolati e sicuri, come i castelli di Poppi e Cafaggiolo, di Oliveto a Castelfiorentino e di Poppiano presso Montespertoli, Sant’Onofrio a Dicomano, Montalto, Poggio a Caiano, le ville di Montegufoni, la Badia a Passignano e altri ancora. Si trattava, oltre a casse provenienti da archivi e biblioteche, per lo più di opere, dipinti e sculture, provenienti dai musei fiorentini sotto la competenza della Soprintendenza alle Gallerie allora diretta da Giovanni Poggi. Questi depositi furono oggetto, proprio nell’estate del 1944, delle razzie dei nazisti in ritirata. Da qui la necessità di effettuare sopralluoghi per verificare cosa i nazisti avessero prelevato, ma finalizzati anche a verificare le condizioni delle opere rimaste all’interno dei depositi. Dopo l’eccezionale lavoro svolto in tali circostanze, a partire dal 2 ottobre 1946, Castelfranco, in qualità di rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione, prese parte alla missione italiana per il recupero delle opere d’arte in Germania, alla cui direzione era Siviero. Il 12 aprile 1946, infatti, era stato istituito con decreto luogotenenziale l’Ufficio per il recupero delle opere d’arte e del materiale bibliografico, posto sotto la supervisione del Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto coi ministeri della Guerra e degli Esteri; Siviero venne chiamato a dirigere il nuovo ente, per il quale fu inizialmente prevista una durata di due anni. Con una nota verbale del 19 luglio 1946 il Governo italiano era invitato dall’amministrazione militare americana a inviare a Francoforte una missione per istruire le procedure di restituzione dei beni artistici; lo stesso Siviero fu designato capo missione su proposta del Ministero degli Esteri. Dopo un primo incontro ufficiale il 31 settembre 1946, la delegazione iniziò i lavori nell’autunno dello stesso anno. 

Quest’ultima arrivò a contare 14 membri, fra i quali il soprintendente e storico dell’arte Roberto Salvini, il diplomatico Andrea Orsini Baroni per il Ministero degli Esteri, il capitano dei carabinieri Carlo Rupnik in rappresentanza del Ministero della Guerra, nonché personale ausiliario e di servizio. Giorgio Castelfranco ebbe un ruolo chiave nel lavoro di indagine e identificazione delle opere d’arte di provenienza italiana; la sua permanenza a Monaco durò circa tre mesi, durante i quali egli fu il principale incaricato per le questioni artistiche.

Il risultato del lavoro della missione fu la mostra delle opere d’arte recuperate in Germania che si tenne a Roma, presso Villa Farnesina, dal 10 novembre 1947 al 10 gennaio 1948, curata personalmente da Giorgio Castelfranco in veste di alto funzionario del Ministero.

Promosso a soprintendente di seconda classe nel 1949, gli venne poi affidata la direzione dell’ufficio Esportazione di oggetti di antichità e d’arte di Roma nel 1951. Nel 1953 prese avvio, su iniziativa di Castelfranco, l’impostazione di una nuova serie di cataloghi scientifici Itinerari dei Musei e Monumenti d’Italia. Nel 1957 Castelfranco venne nominato membro della commissione creata per l’esame delle opere d’arte della Collezione Contini Bonacossi e dal 1958 al 1964 ebbe la direzione del Gabinetto fotografico Nazionale. Infine, dopo l’improvviso decesso di Emilio Lavagnino, nel 1964 Castelfranco fu designato titolare della Soprintendenza alle Gallerie ed alle Opere d’Arte Medioevali e Moderne per il Lazio fino al 1966, anno del suo ritiro.

Con questo primo articolo abbiamo voluto fornire una panoramica sulla vita e l’operato di Giorgio Castelfranco, riservandoci di scrivere ulteriori approfondimenti negli articoli a seguire, volti a far emergere il ruolo di Castelfranco nella difesa e tutela del patrimonio artistico italiano, concentrandosi in particolare su tre fasi dell’attività professionale dello storico dell’arte e soprintendente: l’apporto che Castelfranco ha dato, in qualità di funzionario, presso la Soprintendenza fiorentina diretta da Giovanni Poggi, al dibattito circa le misure di tutela del patrimonio artistico e monumentale adottate tra gli anni Trenta e Quaranta; i rapporti di collaborazione che Castelfranco ebbe con i cosiddetti Monuments Men, vale a dire gli ufficiali dell’esercito alleato affidati alla MFAA, nell’estate del 1944 durante i sopralluoghi ai depositi delle opere d’arte fiorentine; il lavoro svolto durante la missione per il recupero delle opere d’arte in Germania e soprattutto le azioni di Castelfranco volte a identificare anche i beni esportati fuori dall’Italia prima dell’8 settembre 1943, la cui restituzione sollevò i maggiori dibattiti e contrasti a livello internazionale.

Bibliografia

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Mostra delle opere recuperate in Germania, introduzione di G. Gonella, catalogo a cura di L. Banti e G. Castelfranco, Roma, Ministero della Pubblica Istruzione-Istituto Poligrafico dello Stato, 1947.

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R. Siviero (a cura di), Seconda mostra nazionale delle opere d’arte recuperate in Germania, prefazione di G. Gonella, Firenze, Sansoni, 1950.

R. Siviero, L’arte e il Nazismo. Esodo e ritorno delle opere d’arte italiane 1938-1963, a cura di M. Ursino, ed. Cantini, Firenze, 1984.

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F. Fortino, C. Paolini, Firenze 1940-1943. La protezione del patrimonio artistico dalle offese della guerra aerea, Firenze, Polistampa, 2011.

F. Bottari, Rodolfo Siviero. Avventure e recuperi del più grande agente segreto dell’arte, Roma, Castelvecchi, 2013.

Giorgio Castelfranco da Leonardo a De Chirico. Le carte di un intellettuale ebreo nell’Italia.

del Fascismo (Cat. mostra Firenze, Museo Casa Siviero, 25 gennaio – 31 marzo 2014), Firenze, Centro Stampa Giunta Regione Toscana, 2014.

A. Cecconi, Resistere per l’arte 1940-1945. 10 storie di uomini e di opere salvate, Firenze,Edizioni Medicea, 2015.

Giorgio Castelfranco un monument man poco conosciuto (Cat. mostra Firenze, Museo Casa Siviero, 31 gennaio – 31 marzo 2015), Firenze, Pacini Editore, Pisa,  2015.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Caterina Zaru

Scritto in data: 25 settembre 2020

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