La fu Villa Montalto a Roma: quando la campagna incontrava la città

Torniamo a parlare di angoli scomparsi della città di Roma, facendolo con il racconto di uno dei suoi luoghi più caotici: Piazza dei Cinquecento e la vicina stazione Termini. Dovete immaginare che fino alla seconda metà dell’Ottocento quest’area, corrispondente all’attuale rione Esquilino, era immersa nel verde del colle, puntellato un po’ ovunque da ville e villini appartenenti a ricche famiglie aristocratiche tra cui quella di un papa, Sisto V (1585-1590).

Questo pontefice è noto per aver apportato importanti piani urbanistici nella città, affiancato nella loro attuazione dal fedelissimo architetto Domenico Fontana: ad esempio, si ricorda l’imponente smantellamento del Patriarchio Costantiniano, ovvero l’originario palazzo dei papi prima del loro ingresso al Vaticano, per dar vita ad un’area aperta e scorrevole oggi coincidente con la zona di Piazza San Giovanni; ancora, fece realizzare una lunga strada che formasse il braccio mancante, insieme a Via Pia (oggi Via Venti Settembre), di una croce ideale unendo la chiesa di Santa Maria del Popolo a quella di Trinità dei Monti e quella di Santa Maria Maggiore a Santa Croce in Gerusalemme, quest’ultima scrigno di importantissime reliquie. Proprio a metà di questo percorso, potremmo dire “al centro della croce”, Sisto V indicò l’area in cui sarebbe sorta Villa Montalto, così chiamata dal nome dell’omonimo paese marchigiano di cui era nativo e che con i suoi quaranta ettari divenne la più grande all’interno delle Mura Aureliane.

Essa infatti aveva un’estensione che andava dall’attuale Porta Tiburtina, alle spalle delle Terme di Diocleziano, fino a Santa Maria Maggiore; ma prima di parlare della storia, purtroppo ingloriosa, di questa meravigliosa villa urbana, vogliamo fare un accenno al lavoro del già menzionato Domenico Fontana che, insieme al fratello Giovanni, venne incaricato di realizzare la Mostra dell’Acqua Felice, ovvero dell’Acquedotto che il papa – il cui nome di battesimo era appunto Felice – fece costruire per irrigare vaste zone dell’urbe. Di esso un’importante testimonianza, rimasta pressoché integra, è quella nel Parco degli Acquedotti ed in quello di Tor Fiscale a sud-est di Roma.

Parco degli Acquedotti: a destra, un tratto dell’Acquedotto Felice; in fondo a sinistra, una porzione dell’Acquedotto Claudio (Maurizio Moro5153, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons)

Quindi, la Mostra dell’Acquedotto Felice è la Fontana del Mosè, oggi in Largo Santa Susanna, punto poco godibile per i romani e per i turisti essendo stata nel tempo fagocitata dal ben più tardo rione di Castro Pretorio che si sviluppa tutt’attorno.

La Mostra dell’Acquedotto Felice di Domenico e Giovanni Fontana. Il gruppo scultoreo all’interno dei nicchioni è invece degli artisti Prospero Antichi e Leonardo Sormani (NikonZ7II, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons)

Una curiosità: tra l’hotel St. Regis, alla destra della fontana, e la fontana stessa rimane ancora un affaccio con tanto di balcone al di sopra di una porta, ingresso questo di una costruzione evidentemente non più in piedi.

Al centro dell’immagine si può notare la facciata con finestra e balcone, già presente alla fine del Cinquecento, che ad oggi è l’unica testimonianza di un “finto” ingresso, poiché non conduce più a nulla (foto da Google Street View)

Tornando alla villa del papa, il progetto è da fissare ugualmente alla fine del Cinquecento, quando lo stesso Domenico Fontana venne incaricato di erigervi all’interno un palazzo nobiliare, chiamato Palazzo Termini per le vicine Terme di Diocleziano, oggi non più esistente ma che doveva occupare la metà circa dell’odierna Piazza dei Cinquecento.

Palazzo Termini, oggi in corrispondenza di Piazza dei Cinquecento, in un’incisione di Giuseppe Vasi (Giuseppe Vasi, Public domain, via Wikimedia Commons)

In prossimità di uno degli ingressi alla villa, precisamente quello alle pendici di Santa Maria Maggiore, sorgeva un edificio più piccolo ed appartato, noto come Casino o Palazzetto Felice. Tra i due complessi architettonici Domenico Fontana ideò un’area boschiva intervallata da fontane, di cui rimane soltanto quella del Prigione che ad oggi si trova nel rione Trastevere, ai piedi del Gianicolo.

La fontana del Prigione, un tempo in Villa Montalto ed oggi alle pendici del Gianicolo (user:Lalupa, CC BY-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/, via Wikimedia Commons)

Villa Montalto fu il primo motore trainante di quest’area di Roma, per noi così centrale ma che alla fine del Cinquecento non doveva esserlo affatto; una volta poi che il pontefice vi fece confluire l’acqua del suo acquedotto, decise che qui sarebbe avvenuto il trasferimento del mercato cittadino, che fino a quel momento aveva colonizzato la zona di Campo de’ Fiori.

La decadenza della villa ebbe inizio quando la proprietà venne acquisita da Giuseppe Staderini, mercante toscano il cui obiettivo fu quello di vendere le opere d’arte che nel tempo erano andate a decorare gli ambienti, tra cui una statua di Nettuno di Bernini acquistata dal pittore inglese Thomas Jenkins ed oggi al Victoria & Albert Museum di Londra. Dopo lo Staderini, il complesso passò nelle mani della famiglia Negroni ed infine in quella dei Massimo. L’ultimo triste capitolo della splendida villa di Sisto V ha inizio nel 1860, con l’esproprio del terreno da parte del governo pontificio per la realizzazione del primo nucleo della stazione Termini, che inizialmente altro non era che un piccolo scalo merci.

Il primo nucleo della futura stazione Termini negli anni Sessanta dell’Ottocento (Unknown authorUnknown author – The original uploader was Indeciso42 at Italian Wikipedia., Public domain, via Wikimedia Commons)

Poi, circa una ventina di anni più tardi, dopo la breccia di Porta Pia, l’intera area iniziò ad essere urbanizzata con l’applicazione dei primi piani regolatori sulla città, dando lì vita all’attuale rione di Castro Pretorio, sorto per ospitare uffici e case degli esponenti dell’emergente potere politico e finanziario. Così, tra il 1886 ed il 1888, Villa Montalto e il Casino Felice furono abbattuti e di quel verde che caratterizzava la zona, circondata dai colli romani, iniziò a non rimanerne più traccia. La famiglia Massimo, l’ultima che nel frattempo era diventata proprietaria della villa di Sisto V, ebbe tuttavia in concessione la possibilità di innalzare un proprio palazzo, il noto Palazzo Massimo alle Terme che oggi è sede del Museo Nazionale Romano e spazio di bellissime testimonianze di un’archeologia che abbraccia molti secoli. Al posto del lotto occupato un tempo dalla dimora del Peretti iniziarono i lavori per la costruzione della stazione Termini, non quella attuale della fine degli anni Trenta e dell’inizio degli anni Cinquanta del Novecento ma quella inaugurata nel 1874.

La stazione Termini alla fine dell’Ottocento (See page for author, Public domain, via Wikimedia Commons)

Osservandola in foto, assomiglia molto ad alcune stazioni estere venute su in quel torno di anni. Infatti, tra gli obiettivi della monarchia sabauda c’era quello di rendere la neonata capitale d’Italia una città internazionale, che non fosse da meno rispetto ad altre capitali. Questo fine ha purtroppo compromesso per sempre bellezze ed angoli del centro cittadino come, ad esempio, anche la vasta area di Piazza Venezia, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo (link).

Presto racconteremo un’altra meravigliosa villa della città che oggi, a fatica, riusciamo ad immaginare se consideriamo che essa si estendeva dall’area in cui sorge la sede dell’ambasciata americana, a due passi dalla fermata metro A di Barberini, fino alle cancellate esterne di Villa Borghese. È Villa Ludovisi, la fu Villa Ludovisi, di cui oggi rimane il Casino Ludovisi ospitante l’Aurora di Domenichino e l’unico affresco conosciuto di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.

Bibliografia essenziale:

S. Caviglia, Guida inutile di Roma. Luoghi e storie dalla città di un tempo, Napoli 2020.

M. Fagiolo, Roma barocca. I protagonisti, gli spazi urbani, i grandi temi, Roma 2013.

Abstract:

Sisto V (1585-1590) was an important pope who changed the face of Rome: in particular, he brought an acqueduct, Felice’s Acqueduct, whose the so called “Mostra” is the Moses’ Fountain in Largo Santa Susanna. An other monument connected with this pope is Villa Montalto, the biggest urban villa of Rome. Its name was originated by Sisto V’s birth place, Montalto, situated in Marche, an Italian region. In particular, this villa was characterized by Termini Palace, which takes its name by Diocleziano’s Terme and whose planner was the architect Domenico Fontana. At the moment the Prigione Fountain, in Trastevere, is the only trace of this incredible villa. In fact, during the XVIII century, Villa Montalto started its decline. In the XIX century, the Monarchy decided to destroy it to building Castro Pretorio district and Termini Station.

Keywords: Sisto V, Mose’s Fountain, Villa Montalto, Termini’ Palace, Domenico Fontana, Prigione Fountain, Termini Station.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Giulia Abbatiello

Scritto in data: 7 giugno 2023

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Pubblicato da Giulia Abbatiello

Storica dell'arte, Bibliotecaria e abilitata all'insegnamento della Storia dell'Arte (classe A-54) nelle scuole secondarie di secondo grado. Si laurea nel 2020 in Storia dell'Arte con 110 e lode all’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". L'anno successivo consegue il diploma di Master di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” presso l'Università degli Studi di “Roma Tre”. Diplomatasi presso la Scuola Vaticana di Biblioteconomia (2023), ha preso parte al al progetto di catalogazione del libro antico del Fondo "Antichi e Rari" della Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana e collabora attualmente al progetto di catalogazione dei manoscritti miniati del Fondo "Urbinate" nell’ambito del “Censimento e catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Apostolica Vaticana”, sostenuto dall’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e dall’Università degli Studi della Tuscia.