La riforma dei reati in materia di tutela del patrimonio culturale

Quelle che seguono sono le prime sommarie considerazioni a seguito dell’approvazione delle norme penali in materia di tutela del patrimonio culturale.

Il Parlamento italiano, all’esito dell’iter legislativo, ha definitivamente approvato la legge di riforma in materia di tutela penale dei beni culturali, inserendo nel codice penale specifiche fattispecie delittuose fino a qualche giorno fa comprese nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs.vo n. 42 del 2004).

In attesa della promulgazione e della successiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, possiamo già tentare un approccio valutativo delle novità apportate dalla nuova normativa.

Intanto occorre precisare che, come già annunciato, la normativa appena approvata inserisce nel codice penale il titolo VIII-bis rubricato «Dei delitti contro il patrimonio culturale», costituito da diciassette nuovi articoli (da 518-bis a 518-undevicies).

Tutte le fattispecie di reato, quindi, un tempo già previste nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, confluiranno ora in questo titolo del codice penale, prevedendole in modo tassativo.

La scelta del legislatore è abbastanza chiara e cioè quella di dare dignità di tutela rafforzata ad un ambito sensibile, quale è quello dei beni culturali, facilmente esposto alla delittuosità.

La riforma era attesa da anni e non è un caso se la sua approvazione avviene immediatamente dopo la ratifica della “Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni coinvolgenti i beni culturali”, data a Nicosia il 19 maggio 2017, ratificata dall’Italia con Legge 21 gennaio 2022, n. 66, che entrerà in vigore il 1° aprile 2022.

La Convenzione, che nasce come trattato internazionale, obbliga gli Stati che l’hanno ratificata a dotarsi di un sistema penale efficace in materia di contrasto dei delitti in danno dei beni culturali, affinché prevedano sul piano sostanziale norme specificamente orientate e sul piano procedurale strumenti idonei per la esigenza.

Per capirne la sua portata, è importante riportarne testualmente alcuni brevissimi passi del preambolo:

«Gli Stati membri del Consiglio d’Europa e gli altri firmatari della presente Convenzione… essendo convinti che i beni culturali appartenenti ai popoli costituiscano una testimonianza unica e importante della cultura e dell’identità di tali popoli e che formino il loro patrimonio culturale … Preoccupati che i reati connessi ai beni culturali siano in crescita e che tali reati, in misura crescente, conducano alla distruzione del patrimonio culturale mondiale…».

La Convezione fa obbligo agli Stati che la ratificano di prevedere nei rispettivi ordinamenti fattispecie delittuose tipiche in materia di beni culturali: il furto, la ricettazione, l’importazione e l’esportazione, il danneggiamento, la falsificazione e l’alterazione di documenti relativi ai beni culturali. Essa prevede anche la punibilità di comportamenti di soggetti che agiscono sia in concorso con altri nella commissione di tali reati sia a titolo di tentativo. Deve sottolinearsi che quest’ultima scelta appare rivoluzionaria perché si tratta di norme che prendono in esame ipotesi comprese nella parte generale del codice penale, ove è assai difficile che il diritto europeo e quello internazionale possano legiferare con proprie norme. È il segnale di una chiara volontà degli Stati di perseguire efficacemente delittuosità legate ai beni culturali perpetrate con ogni forma di condotta.

La Convenzione prevede, inoltre, norme procedurali che rendono più snelle ed efficaci le indagini. Infatti, all’art. 17, è per esempio previsto che «per assicurare che le indagini o il  perseguimento dei reati di cui alla presente Convenzione non debbano essere subordinati a una denuncia» e all’art. 18 dove è previsto «Ciascuna Parte prenderà in considerazione l’opportunità di adottare misure legislative e di altro tipo per garantire che le persone, le unità o i servizi incaricati delle indagini siano specializzati nel campo della lotta contro la tratta di  beni  culturali  o  che siano addestrati a tal fine» e all’art. 19 dove è prevista una fattiva collaborazione internazionale tra gli Stati stessi.

Ecco allora che la riforma approvata dal Parlamento nasce dalla impalcatura della Convenzione di Nicosia.

Il legislatore, con i diciassette articoli che inseriscono nel codice penale i nuovi delitti contro il patrimonio culturale, punisce, tra l’altro, con pene più severe rispetto a quelle previste per i corrispondenti delitti semplici: il furto, l’appropriazione indebita, la ricettazione, la contraffazione di opere d’arte, il riciclaggio e l’autoriciclaggio, distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici, devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici, violazioni in materia di alienazioni di beni culturali, la falsificazione di scritture private riguardanti i beni culturali (si tratta delle certificazioni che ne accertano la autenticità).

Inoltre, si prevede «la confisca penale obbligatoria (il bene cade nella proprietà dello Stato) delle cose […] che hanno costituito l’oggetto del reato, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato […] e la punibilità dei fatti commessi all’estero».

Nel novero dei reati è stata introdotta una fattispecie nuova, mai contemplata prima d’ora, si tratta del «Possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o per la rilevazione dei metalli», la quale punisce chiunque sia ingiustificatamente colto in possesso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli in aree di interesse archeologico. Per la sussistenza del reato occorre che il possesso ingiustificato degli attrezzi si realizzi all’interno di aree archeologiche, oppure zone di interesse archeologico, ovvero ancora aree sottoposte a verifica preventiva dell’interesse archeologico, secondo le disposizioni del Codice dei contratti pubblici.

Infine, altre due novità assolute: la possibilità di svolgere attività sotto copertura che prevede l’applicabilità anche nelle attività di contrasto dei delitti di riciclaggio e di autoriciclaggio di beni culturali, svolte da ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nello specifico settore; la responsabilità amministrativa degli enti quando i reati contro i beni culturali siano commessi a vantaggio di questi, prevedendo l’applicabilità delle sanzioni amministrative pecuniarie e interdittive già contemplate dal D.Lgs.vo n. 231 del 2001.

Nel riservarci al momento della loro entrata in vigore un’analisi più precisa e completa delle singole norme, possiamo già ora proporre alcune sommarie considerazioni.

La riforma, nell’introdurre novità importanti per il sistema di contrasto alla delittuosità in danno dei beni culturali sia sul piano sostanziale, dove sono previsti delitti tipici e tassativi, sia su quello sanzionatorio, dove sono previste pene severe che si auspicano pongano una effettiva deterrenza in chi delinque in questo campo, dimostra di voler tutelare con estrema efficacia quella «testimonianza unica e importante della cultura e dell’identità di tali popoli» citata nel preambolo della Convenzione di Nicosia, che viene rappresentata dal nostro patrimonio culturale.

Sitografia:

Sito del Consiglio d’Europa: https://www.coe.int/it/

Sito della Camera dei Deputati: https://temi.camera.it/leg18/

Ministero della cultura, comunicato stampa: https://www.beniculturali.it/comunicato/22375

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 6 marzo 2022

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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Pubblicato da Leonardo Miucci

Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa