La tutela del paesaggio e del patrimonio culturale nella Costituzione repubblicana

La tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, prima che nelle leggi ordinarie e nella legislazione speciale, trova preciso riferimento nella nostra Costituzione. È quindi dalla Costituzione che bisogna partire per capire cosa significhi tutelare il patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese.

L’art. 9 Cost., infatti, dichiara: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

Come bene sanno i costituzionalisti, i primi dodici articoli della Costituzione non sono modificabili; ciò significa che, a meno di non voler sovvertire l’attuale forma di Stato, tali disposizioni non solo non possono essere abrogate, ma nemmeno modificate, neanche attraverso il c.d. procedimento aggravato previsto dall’art. 138 Cost. Nonostante non sia questa la sede per spiegare in cosa consista il procedimento aggravato, basti qui dire che si tratta di una procedura legislativa secondo cui, a differenza di quanto avviene per l’approvazione delle leggi ordinarie, in caso di revisione o di approvazione di una norma costituzionale, la stessa Costituzione (art. 138) prevede una doppia approvazione, separata e a distanza di tempo, sia della Camera dei deputati, che del Senato della Repubblica nonché, eventualmente, un referendum popolare.   

L’art. 9 della Costituzione è una norma costituita da una doppia anima. Essa è, al contempo, norma di principio e norma programmatica: l’essenza di ciò si trova tutta in quei due verbi citati rispettivamente al primo ed al secondo comma della disposizione costituzionale:

“… riconosce lo sviluppo culturale … e … tutela il patrimonio paesaggistico e storico e artistico della Nazione”.

La norma di principio dovrà trovare attuazione nella legislazione di dettaglio ispirata alla stessa: nel caso dell’art. 9 Cost., occorre, in sostanza, che si dia concreta ed effettiva attuazione allo sviluppo culturale e alla ricerca scientifica e tecnologica. La norma programmatica impone necessariamente l’approvazione di una legislazione, ordinaria o speciale che sia, che regolamenti la tutela, che specifichi chi fa cosa e come lo deve fare. Anche in questo caso, si tratta di dare concreta attuazione alla programmaticità della norma costituzionale, quindi alla tutela. Le due anime, quella di principio e quella programmatica, come si vede, sono complementari.

Ciò detto, è legittimo ora chiedersi per quale ragione i padri costituenti deliberarono di consacrare e di inserire all’interno dei primi dodici articoli del testo costituzionale anche la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico.

Si è sempre affermato che l’insieme del patrimonio culturale e paesaggistico rappresenti un elemento costitutivo della identità della Nazione. Per fare un esempio e rendere concreto ciò che si è detto, si pensi al Colosseo. Ogni persona al mondo, anche la più sprovveduta, sa che il Colosseo si trova in Italia, a Roma, ed è un monumento della romanità. Il legame e quindi il collegamento Colosseo – Italia viene fatto mentalmente in modo automatico, cioè l’Italia viene identificata con il Colosseo e viceversa. La stessa cosa avviene per il paesaggio. Anche qui, per fare un esempio, si pensi alla località delle “Cinque Terre” liguri, o alla Maremma toscana, o all’Aspromonte calabro, e via dicendo.

Quindi va da sé che il patrimonio culturale (artistico, storico, archeologico, bibliografico, etnoantropologico, ecc…) e quello paesaggistico sono elementi che identificano una Nazione, un popolo e che dunque meritano di essere tutelati in quanto la loro eventuale depredazione, devastazione, distruzione, viene parificata ad una offesa arrecata alla identità della persona.

Non a caso, per esempio, il furto di un’opera d’arte è stato definito un furto di identità.

Ecco dunque che i padri costituenti, nel condividere una visione unitaria del patrimonio culturale e di quello paesaggistico, videro lungo: si trattava di dare cittadinanza costituzionale ad un elemento importante e significativo, quale era ed è quello dell’identità, per un’Italia appena nata, unita da pochi decenni, ma che vantava e vanta un patrimonio culturale e paesaggistico di valore inestimabile.

La legislazione post Costituzione ha cercato di rendere concreto il proposito dei padri costituenti, a volte riuscendoci, altre volte un po’ meno. Tuttavia, qui occorre precisarlo, anche se la questione non presenta risvolti propriamente giuridici, l’impresa implica il possesso di una concezione culturale intimamente protesa alla conservazione del nostro patrimonio culturale e paesaggistico, prescindendo da quelli che sono gli obblighi e i doveri previsti dalle leggi.

Occorre che il cittadino abbia già la consapevolezza della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, che egli cioè sedimenti nella sua anima che non è dunque possibile impossessarsi di una moneta antica; non è possibile realizzare unità abitative/ricettive in prossimità di spiagge o comunque su area paesaggistica vincolata e, non perché ciò costituisca reato, bensì perché ciò costituisce una lesione grave ed a volte insanabile della nostra identità, che neppure la sanzione penale potrà reintegrare.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 21 marzo 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

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Pubblicato da Leonardo Miucci

Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa