Le nuove disposizioni in materia di deturpamento di beni culturali

È di qualche giorno fa la notizia relativa all’imbrattamento delle statue dei leoni in Piazza del Popolo a Roma, in segno di protesta per l’impiego degli animali nei circhi. Solo poco tempo prima altri attivisti, per far valere le ragioni legate allo sfruttamento dei prodotti della filiera alimentare, hanno lanciato della zuppa sulla teca della Gioconda al Louvre.

Sia chiaro subito che le proteste sono in sé legittime, perché servono a suscitare moti di coscienza nell’opinione pubblica verso problemi che affliggono l’umanità, quali, per esempio, quelli legati all’inquinamento. Ciò che non si condivide è il modo attraverso il quale queste forme di protesta vengono realizzate.

Il prossimo 8 febbraio entrerà in vigore la Legge 22 gennaio 2024, n. 6, già pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2024, recante “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale”.

In sostanza il nostro legislatore, al fine di contrastare in maniera più efficace le azioni di deturpamento e imbrattamento di beni culturali, ha introdotto due nuovi illeciti amministrativi che troveranno applicazione congiuntamente alle sanzioni penali già previste dalla fattispecie.

Vediamo in cosa consistono queste sanzioni amministrative e in che modo è possibile applicarle senza che da ciò discenda la violazione del principio “ne bis in idem”.

Il comma 1 dell’art. 1 della Legge punisce con la sanzione amministrativa da euro 20.000 a euro 60.000 chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o, ove previsto, non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui.

La disposizione in esame si affianca al comma 1 dell’art. 518-duodecies c.p. e si riferisce al soggetto che pone in essere una condotta sostanzialmente distruttiva del bene culturale, giustificando così la più incisiva sanzione pecuniaria in astratto prevista rispetto all’altra violazione per le ipotesi di imbrattamento.

Il comma 2 dell’art. 1 della stessa legge punisce con la sanzione amministrativa da euro 10.000 a euro 40.000 chiunque deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina i beni culturali a un uso pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, ovvero a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico.

Questa disposizione si affianca invece al comma 2 dell’art. 518-duodecies c.p. e si riferisce a comportamenti di offesa mediante condotte che mirano a deturpare o imbrattare i beni culturali.

Un aspetto importante che giova rilevare consiste nel fatto che la novella in esame ha modificato alcune fattispecie penali.

In particolare lo stesso articolo 518-duodecies del codice penale nella parte in cui ora viene previsto che la condotta aggressiva che dovesse rendere il bene non fruibile deve riferirsi a bene culturale o paesaggistico la cui fruibilità sia prevista da una disposizione normativa. 

Da ciò discende – è presumibile – che gli organi deputati alla conservazione e, in particolare, alla fruizione dei beni culturali debbano adottare specifici provvedimenti amministrativi che non solo individuino tali beni ma che li dichiarino fruibili, pena la impossibilità di contestare il reato in esame.

L’art. 3 della legge ha, inoltre, introdotto un aggravamento della multa fino a euro 10.000 in aggiunta alla reclusione da uno a cinque anni per il delitto di danneggiamento, previsto all’art. 635 c.p., commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Infine l’art. 4, in relazione alla ipotesi delittuosa di deturpamento e imbrattamento prevista all’art. 639 c.p., ha previsto la multa fino a euro 309 e specifiche sanzioni per condotte delittuose in danno di teche, custodie e altre strutture adibite alla esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esibiti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi pubblici, nonché un aggravamento del doppio delle pene per atti delittuosi posti in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.

La legge individua nel Prefetto del luogo della commissione della violazione l’autorità legittimata ad emettere la relativa sanzione sulla base del rapporto inviatogli dall’organo che ha accertato l’illecito, la cui contestazione deve essere notificata al trasgressore nel termine di 120 giorni. Quest’ultimo può essere ammesso al pagamento in misura ridotta se vi ottempera nel termine di 30 giorni dalla notifica, possibilità questa esclusa qualora il soggetto abbia fatto ricorso a tale facoltà nei cinque anni precedenti.

Le somme pagate dal trasgressore – prevede l’art. 1 comma 4 della legge – sono devolute al Ministero della Cultura con prevalente impiego al ripristino dei beni oggetto delle condotte illecite.

Al netto delle novità apportate dalla legge in questione, occorre precisare alcuni aspetti di natura squisitamente tecnica che, tuttavia, cercheremo di rendere semplici.

L’ordinamento giuridico prevede il principio “ne bis in idem” (non due volte per la stessa cosa) il quale si traduce nel divieto di imputare o condannare la stessa persona per lo stesso fatto.

Il principio ha un duplice significato: in senso processuale, come divieto di doppio processo per lo stesso fatto; in senso sostanziale, come divieto di imputare più volte lo stesso fatto al medesimo autore.

In tale quadro, la previsione di una duplice sanzione – penale e amministrativa – quale è quella prevista per le ipotesi delittuose in questione potrebbe fare emergere una violazione del principio “ne bis in idem” e infatti, dopotutto la persona in caso di commissione del delitto di cui all’art. 518-duodecies c.p., verrebbe di fatto assoggettata sia alla sanzione penale (reclusione e multa), sia a quella amministrativa (pagamento della somma prevista per l’illecito commesso).

Tuttavia, sulla prevedibilità della irrogazione della doppia sanzione penale e amministrativa si sono espresse alcune pronunce giurisprudenziali, sia di rango sovranazionale che nazionale, le quali hanno affermato la compatibilità dei due sistemi sanzionatori.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (C.E.D.U.) ha chiarito infatti che il principio “ne bis in idem” è compatibile con i sistemi a “doppio binario sanzionatorio”, purché in presenza di una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta tra i due procedimenti, ossia evitando duplicazioni nella raccolta delle prove e assicurando l’interazione tra le Autorità procedenti, scongiurando che il soggetto permanga in una indecisione processuale e, soprattutto, che la doppia sanzione risulti prevedibile per il trasgressore e sia assicurata la giusta proporzionalità nella irrogazione dell’impianto sanzionatorio, evitando un’eccessiva severità (sentenza del 2016 contro Norvegia).

La Corte di Giustizia dell’U.E. ha accolto gli indirizzi della C.E.D.U., a condizione che gli ordinamenti nazionali rispettino specifici criteri, in particolare quello della proporzionalità.

Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione (V Sz. Pen. sentenza del 31.10.2018, n. 49869) ha precisato che il vaglio della proporzionalità della sanzione da irrogare comporta la disapplicazione delle norme sanzionatorie del secondo procedimento qualora la sanzione del primo procedimento “assorbe interamente il disvalore del fatto”.

In sostanza, il giudice (o l’autorità prefettizia) nell’irrogare la pena deve tener conto della sanzione già sofferta dal soggetto.

In tale quadro, l’art. 1, comma 7, Legge 22 gennaio 2024, n. 6, prevede un coordinamento, imponendo all’autorità – giudiziaria o amministrativa – che si pronuncia per seconda di tenere in considerazione, al momento della irrogazione della sanzione di competenza, delle sanzioni già irrogate al soggetto.

Nella prassi potrebbe apparire difficile che tale coordinamento possa effettivamente avere luogo; si ritiene, più realisticamente, che sarà il cittadino indagato, ovvero sottoposto a procedimento amministrativo sanzionatorio, a rappresentare i suoi diritti alle autorità investite della vicenda.

Non sappiamo se la legge in questione possa o meno apportare la auspicata deterrenza ai comportamenti dei soggetti appartenenti alle associazioni ambientalistiche che, seppur di legittima protesta, arrecano in ogni caso danni alle opere e ai beni culturali.

Certo è che il nostro patrimonio culturale merita di essere difeso e tutelato, comunque e sempre.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Leonardo Miucci

Scritto in data: 4 febbraio 2024

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Pubblicato da Leonardo Miucci

Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, precedentemente in servizio presso la Sezione TPC di Siracusa