L’utilità del riconoscimento UNESCO: alcune considerazioni

Navigando sul web capita spesso di imbattersi in notizie quali ‘La Sardegna e i suoi nuraghi si preparano alla “Missione Unesco”’, ‘Paesaggio unico al mondo. Gessi e grotte dell’Appennino candidati a patrimonio Unesco’, ‘Cremona si presenta alla Borsa Turistica per Patrimonio Unesco’, ‘I monasteri di Subiaco candidati a sito Unesco’, ‘Riconoscimento Unesco per sei giochi tradizionali lombardi: ci sono anche le bisse’, ‘Il Pirlì, gioco della tradizione riscoperto: dalla soffitta al Registro dell’Unesco’ e così via.

Per coloro che si interessano di patrimonio culturale questa frequenza può, da un lato, fare piacere ma suscita, dall’altro, una certa ‘preoccupazione’. Chi scrive, almeno, notando la ripetitiva pubblicazione di queste notizie, si chiede se e fino a che punto sia positivo cercare di ampliare la lista dei beni patrimonio UNESCO, materiali e immateriali. È inevitabile domandarsi: queste candidature sono proposte su presupposti coerenti con il valore rappresentato dai beni candidabili, o rispondono piuttosto a logiche di interesse economico, turistico e – si osa aggiungere – propagandistico/autoreferenziale (come sembrerebbe capire dai titoli dei seguenti articoli: ‘Il riconoscimento Unesco per i nuraghi porterebbe all’Isola un miliardo di Pil all’anno’[1], ‘Parco Nazionale del Pollino patrimonio Unesco.: cosa fare, vedere e gustare’[2], ‘I Gessi nell’Unesco: “Ora spingiamo l’acceleratore su turismo e ricettività”’[3])?

Castel del Monte, Andria (Manidifoto, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons)

Per provare a rispondere a questi quesiti occorre analizzare i criteri stabiliti dall’UNESCO affinché si possa proporre una candidatura, sintetizzati nelle dieci linee guida reperibili al seguente link: <https://www.unesco.it/it/ItaliaNellUnesco/Detail/188> (per candidare un bene è necessario che esso risponda almeno ad uno dei principi elencati).

I beni devono pertanto dimostrare di possedere caratteristiche uniche, valide a livello internazionale; lo stesso principio è evidenziato da Martin Tauschek in un suo articolo sui beni immateriali nel quale lo stesso ricercatore, riferendosi ad un’esperienza concreta, ricorda anche come, molto spesso, pur di ottenere il riconoscimento, qualcosa di questa tipologia di beni possa venire appositamente modificata[4]. Ma ciò significa, di per sé, alterare il valore originario del bene. Si è allora sicuri che, nel caso di beni immateriali, si voglia candidare qualcosa che, probabilmente, sarà destinata ad essere modificata?

Siti UNESCO Italia 2013 (Sicilian fan, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons)

Nonostante queste considerazioni, l’essere riconosciuto come bene UNESCO vuol dire vedersi attribuito un prestigio unico che avrà ricadute sull’ambiente circostante, innanzitutto a livello turistico: questi beni hanno una capacità attrattiva molto superiore rispetto a quelli ‘tradizionali’, ‘locali’; aumenta la loro visibilità e, di conseguenza, si implementano i flussi turistici, gli introiti e le ricadute economiche (positive?) per il territorio e il contesto in cui gli stessi beni sono inseriti.

Nel caso di beni materiali possiamo parlare di Roma o Venezia, iscritte da tempo e, complici anche le politiche ministeriali sulle aperture straordinarie di monumenti o aree museali, cui si aggiungono altre iniziative, sempre sovraffollate di turisti che, se per certi aspetti sono importanti per le città in questione, per altri, spesso, creano non pochi disagi ai cittadini. Altro grande problema è legato alla tutela dei beni: è necessario che il principio per il quale il sito è stato iscritto venga mantenuto nel tempo – in particolare per i beni immateriali –. Se così non fosse, il sito rischierebbe di essere cancellato dalla lista (come è quasi avvenuto di recente proprio con la città di Venezia, con tutte le polemiche che ne sono seguite).

UNESCO, Parigi (Fred Romero from Paris, France, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons)

Eppure, stando ai titoli degli articoli che si leggono e alla frequenza con la quale vengono pubblicati, sembrerebbe quasi che ci sia una corsa da parte di enti e associazioni a iscrivere quanti più beni possibile, quasi una competizione per voler dimostrare la grandezza del nostro territorio rispetto agli altri. Ma iscrivendo tutti i beni che vengono proposti non si rischia, invece, di sminuirne il valore e il prestigio a livello internazionale? E, di conseguenza, non si corre il medesimo rischio per i beni già iscritti?

Forse anche per questo motivo l’ICOMOS ha proceduto a limitare il numero di iscrizioni annuali, passando nel 2016 all’accettazione di una sola candidatura per Stato. Da allora ciò che conta per proporre una candidatura è l’individuazione del criterio (o dei criteri) necessario/i e la successiva dimostrazione dell’eccezionalità del bene in riferimento al criterio (o ai criteri) individuato/i. Candidatura che, a sua volta, si configura come un progetto che attesti un’eccezionalità già posseduta dal bene e dimostrata attraverso studi svolti in precedenza. Tutt’altra cosa rispetto all’irrefrenabile corsa all’iscrizione che sembra leggersi dai media e che attesterebbe solamente una competizione mossa da quei già citati motivi economici e autoreferenziali che sono in contrapposizione con i principi dell’UNESCO.

Siti naturali del patrimonio mondiale UNESCO (Joey80, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons)

Bibliografia essenziale:

  • M. Tauschek, Beni culturali e demologia: alcune osservazioni su un rapporto complicato, in La ricerca folklorica, 64 (ottobre 2011), Beni immateriali. La convenzione Unesco e il folklore, Grafo, Brescia 2011 (Online all’URL <https://www-jstor-org.unimib.idm.oclc.org/stable/23629704>).

Sitografia:

Abstract:

This article invites to reflect about the importance to inscribe many cultural heritage sites in the UNESCO’s tangible and intangible cultural heritage lists. Are we sure that the numerous applications submitted match all the guidelines established by UNESCO or does this race respond to economic and self-referential principles instead? And, furthermore, do the UNESCO’s tangible and intangible cultural heritage lists risk of seeing their value and principles belittled and altered by this ‘race to apply for UNESCO recognition’?

Finally, this article discusses the decision of ICOMOS to limit the number of annual applications to UNESCO’s lists to two per State.

Keywords: UNESCO, ICOMOS, UNESCO’s lists, cultural heritage

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Emanuele Riccobene

Scritto in data: 3 dicembre 2023

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Foto di copertina: Henrik Sendelbach, CC BY-SA 2.5 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5>, via Wikimedia Commons

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.


[1] SardiniaPost, Il riconoscimento Unesco per i nuraghi porterebbe all’Isola un miliardo di Pil all’anno (14/10/2023): https://www.sardiniapost.it/economia/il-riconoscimento-unesco-per-i-nuraghi-porterebbe-allisola-un-miliardo-di-pil-allanno/.

[2] CosenzaChannel, Parco Nazionale del Pollino patrimonio Unesco: cosa fare, vedere e gustare (31/10/2023): https://www.cosenzachannel.it/2023/10/31/parco-nazionale-pollino-patrimonio-unesco/.

[3] Il Resto del Carlino, I Gessi nell’Unesco: “Ora spingiamo l’acceleratore su turismo e ricettività” (21/09/2023): https://www.ilrestodelcarlino.it/imola/cronaca/i-gessi-nellunesco-ora-spingiamo-lacceleratore-su-turismo-e-ricettivita-b779a867.

[4] Cfr. M. Tauschek, Beni culturali e demologia: alcune osservazioni su un rapporto complicato, in La ricerca folklorica, 64 (ottobre 2011), Beni immateriali. La convenzione Unesco e il folklore, Grafo, Brescia 2011 (Online all’URL <https://www-jstor-org.unimib.idm.oclc.org/stable/23629704>).

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Pubblicato da Emanuele Riccobene

Storico. Ha conseguito il master I° livello in "Esperti nella tutela del patrimonio culturale" presso l'Università "Roma Tre". Ha all'attivo pubblicazioni sulla storia politica, militare, economica e sociale della Sicilia. Sta inventariando il patrimonio culturale immateriale del Comune di Delia (CL).