Proteggere il passato custodendolo: l’intervento di Borromini sulla basilica di San Giovanni in Laterano

Torniamo sul blog trattando un nuovo argomento, che ruota attorno alla storia di un interessante restauro cui venne sottoposta la basilica romana di San Giovanni in Laterano nel corso del Seicento sotto la guida di Francesco Castelli, a noi noto come il Borromini, su commissione di papa Innocenzo X Pamphilij (1644-1655). In modo particolare, si farà accenno a quegli aspetti più curiosi, che ci forniranno una spiegazione sulla simbologia (attribuita alla basilica in quella circostanza).

La basilica di San Giovanni in Laterano è un esempio architettonico dei primi secoli della fede cristiana, quindi di quel contesto storico definito Paleocristianesimo o Protocristianesimo. A deciderne la fondazione fu l’imperatore Costantino il Grande (306-337), cioè colui che, a seguito della vittoria contro Massenzio nei pressi di Ponte Milvio nel 312, indisse a Milano nell’anno a venire un editto, con il quale si sanciva la libertà per la pratica del cristianesimo (infatti è conosciuto anche come “editto di tolleranza”), ponendo fine alle persecuzioni. Si ricorda che il culto cristiano esisteva, da almeno trecento anni, e conviveva con i romani, profondamente legati al paganesimo, ma Costantino decise di far erigere San Giovanni in Laterano in prossimità delle Mura Aureliane, quindi di quelle che, al tempo, tracciavano il limite della città. Questa decisione, all’apparenza di secondo ordine, è da leggersi in una mossa molto acuta, che l’imperatore mise in atto considerando infatti che la città era ancora prevalentemente pagana e quindi sensibile alla minima – si fa per dire – novità. Inoltre, Costantino fece costruire la basilica insistendo sulle preesistenti strutture murarie della caserma degli Equites singulares Augusti, ovvero un corpo di cavalieri – dunque di soldati a cavallo – istituito a guardia dell’imperatore; ma questi ebbero la “sfortuna” di schierarsi con Massenzio perciò, ottenuta la vittoria, Costantino ne decretò lo scioglimento distruggendone la caserma. Il toponimo in Laterano, invece, deriverebbe dal ritrovamento, lì nei pressi alla fine del XVI secolo, di tre frammenti di condutture su cui era inciso il nome di un generale, Sexti Laterani, cioè di Sesto Laterano.

Quando oggi entriamo in una chiesa di culto cattolico, diamo per scontato ciò che facciamo: generalmente accediamo dalla facciata e, una volta dentro, percorriamo lo spazio che ci si presenta davanti fino a giungere in prossimità dell’altare. In realtà al tempo di Costantino si dovette pensare ad un nuovo modello architettonico, non esistendo infatti un esempio ad esso precedente. Anche in questo caso, per non creare tagli netti con il passato, fu deciso di riprendere la forma della basilica che era, infatti, già in uso nell’edilizia civile romana come luogo di incontro pubblico, per vari scopi, e tribunale. Tuttavia, furono introdotte delle significative varianti: l’ingresso fu ridotto ad unico principale sul lato breve, dove è la facciata; al posto di una doppia abside, cioè di quello spazio semicircolare in cui è collocato l’altare, si decise di inserirne un’unica opposta alla porta di entrata. Queste modifiche, oltre a definire un modello nuovo, quale quello dell’edificio di culto cristiano, furono effettuate con strategia, perché in questo modo il fedele, una volta entrato in chiesa, si sarebbe trovato già immesso nello spazio centrale, quindi in direzione dell’altare che è, lo sappiamo, il punto più sacro.

Generali elementi di novità rispetto al modello della basilica civile furono il quadriportico (cioè uno spazio porticato su quattro lati) e sicuramente il transetto che, innestandosi trasversalmente in prossimità dell’abside, conferiva alla chiesa la forma della croce latina. Si faccia attenzione, quindi, a come agirono l’arte e l’architettura del primo cristianesimo: attingendo a forme e a simboli, di un passato oltretutto pagano, esse sono state plasmate in un modello noto, di poco variante ma con un scopo ben diverso (foto 1).

Riproduzione grafica del modello di basilica paleocristiana. Si notino l’atrio ed il transetto, che sono gli elementi di novità rispetto al precedente modello di basilica civica. Inoltre, è interessante poter notare l’accesso unico, che avveniva in corrispondenza dell’atrio e dunque della facciata, ed una sola abside in fondo (Locutus Borg, Public domain, da Wikimedia Commons)

Dovendo, per forza di cose, sintetizzare al massimo diremo soltanto che, col passare del tempo, la basilica fu soggetta ad importanti ampliamenti e rifacimenti, che oggi le danno l’aspetto attuale. Anche l’occhio meno esperto può percepire il distacco tra i primi secoli della cristianità, cui prima abbiamo fatto accenno, e l’odierna facciata osservabile in piazza San Giovanni in Laterano: essa risale al XVIII secolo e reca la firma dell’architetto Alessandro Galilei (1691-1736), incaricato del lavoro dal cardinale Neri Corsini, nipote di papa Clemente XII (1730-1740).

Roma, San Giovanni in Laterano, esterno: la facciata a seguito dei lavori dell’Alessandro Galilei (foto di Giulia Abbatiello)

Già dalla metà del secolo precedente erano iniziati gli interventi di Borromini per volere di Innocenzo X. I lavori ebbero inizio nel 1646 con scadenza quattro anni dopo, cioè il 1650, in previsione del Giubileo. Riteniamo che parlare di quest’intervento sia fatto interessante in quanto le direttive del papa furono quelle non di distruggere e ricostruire l’edificio – consuetudine, questa, del tutto normale soprattutto a Roma –, ma di custodire, restaurando, la basilica costantiniana. Perciò il lavoro borrominiano ebbe la precisa direttiva di preservare il preesistente, un reliquiario a protezione della sua reliquia. Questa volontà di conservazione può essere nella pratica riassunta con le parole di Marcello Fagiolo:

«Borromini interviene sulle antiche pareti irrobustendole in previsione della volta che avrebbero dovuto sorreggere; scava gli arconi e ingloba gruppi di antichi pilastri entro i nuovi. Alla fine, però, lascia una spia del suo intervento, apre uno spiraglio sul muro con le cornici ovali poi riempite dalle tele settecentesche: le vecchie pareti, gloriose e consunte come reliquie di martiri, sono viste come attraverso una fenestella confessionis; le ceneri dell’antica basilica trovano così un’urna religiosa».

Il restauro borrominiano, oltre ad aver comportato una serie di interventi strettamente architettonici, ha curato meticolosamente anche l’aspetto iconografico e simbolico: l’imperatore Costantino è universalmente legato al chrismon, ossia le prime due lettere del nome greco di Cristo (Χριστός, da leggersi Christós), che comparvero sugli scudi del suo esercito poco prima di vincere contro il nemico Massenzio. Ecco che Borromini decorò la parte più alta delle pareti dello spazio centrale con questo simbolo, in segno di totale e fedele continuità con il passato del fondatore dell’edificio (foto 3).

Roma, San Giovanni in Laterano, interno, navata centrale: particolare del chrismon (foto di Giulia Abbatiello)

Altra interessante citazione è quella di un ingresso superstite che, dalla basilica, immetteva nel distrutto complesso lateranense, cioè nell’insieme di edifici in cui per secoli i papi risiedettero prima di stabilirsi in Vaticano: esso infatti ha una forma che ricorda l’ingresso del vicino Battistero, ugualmente fatto erigere da Costantino, il cui soffitto attinge a sua volta a quello di una parte della decorazione della volta anulare del mausoleo paleocristiano di Costanza, figlia dell’imperatore. Quante citazioni! Inoltre, rispetto al Battistero, Borromini ne copiò anche il motivo vegetale a decoro dell’unico mosaico superstite, replicandolo dove sono le finestre (foto 4-6).

Roma, San Giovanni in Laterano, interno: particolare della decorazione della lunetta con rami di ulivo nel passaggio tra la basilica ed il complesso lateranense (foto di Giulia Abbatiello)
Roma, Battistero lateranense, interno: particolare della decorazione del mosaico (foto di Giulia Abbatiello)
Roma, San Giovanni in Laterano, interno: particolare della decorazione della volta dell’ingresso tra la basilica ed il complesso lateranense (foto di Giulia Abbatiello)

Ricordiamo che il lavoro doveva giungere al suo termine di lì a quattro anni in previsione del Giubileo. Sappiamo che l’apertura della Porta Santa è simbolicamente intesa come l’ingresso nel Regno dei Cieli, quindi nella Gerusalemme Celeste. Ecco che Borromini decise di lavorare la sola pietra bianca perché, secondo il racconto dell’Apocalisse, nella Città Celeste è sempre giorno e mai notte. Inoltre, dallo stesso testo biblicoleggiamo che la Città era «pronta come una sposa, abbigliata per il suo sposo»: il pontefice, vicario di Cristo in terra, ordinò di restaurare a tal modo, cioè con ampio uso di bianco, la basilica/sposa che, di lì a pochi anni, avrebbe accolto all’apertura del Giubileo

«Il muro della città ha dodici fondamenta e sopra di esse i nomi dei dodici apostoli dell’agnello» (Ap 21, 12-14): l’architetto realizzò così dodici nicchie lungo le pareti dello spazio centrale, dunque sei per parte, dove sarebbero state inserire le statue degli Apostoli (che sono in realtà posteriori, foto 7).

Roma, San Giovanni in Laterano, interno, navata centrale: l’Apostolo Taddeo (foto di Giulia Abbatiello)

Inoltre, alle spalle di ciascuno sono state scolpite delle porte affinché si possa apprendere ancora che la Gerusalemme Celeste presenta, lungo le proprie mura, un numero equivalente di accessi. A tal proposito, fatto incredibile è che il 17 febbraio di ogni anno i raggi solari entrano nella basilica illuminando perfettamente il profilo di ciascuna nicchia. Come mai proprio questo giorno? Una casualità? In realtà, no: il 17 febbraio del 1300 papa Bonifacio VIII (1294-1303) indisse il primo Giubileo della storia. Si continua a ricordare, quindi a custodire e a proteggere, il passato.

Tornando all’immagine della Gerusalemme Celeste, immaginiamoci quindi di essere accolti, una volta superato l’ingresso, dagli Apostoli che ne sono le fondamenta. Con lo sguardo fisso alle pareti, poco al di sopra di essi, ci accorgiamo della serie di rilievi narranti episodi della Bibbia e, ancora più in alto, troviamo scolpite corone e ghirlande (foto 8).

Roma, San Giovanni in Laterano, interno, navata centrale: al di sopra della nicchia contenente la statua di uno degli Apostoli e del rilievo narrante, in questo caso, il sacrificio di Isacco si noti la cornice a fiori che inquadra la tela (foto di Giulia Abbatiello)

In merito a quest’ultime, secondo Argan, sarebbero la rappresentazione in scultura dei doni che i fedeli, provenendo dalla città e dalla campagna in occasione del Giubileo, erano soliti lasciare nella basilica. Proseguendo, arriviamo in prossimità dell’altare di cui colpisce immediatamente il mosaico: si faccia caso a ciò che appare al di sotto della croce al centro, cioè una città attorniata da possenti mura a guardia delle quali vi è un cherubino. Si tratta della Gerusalemme Celeste di cui la stessa San Giovanni in Laterano è concreta architettura in terra. Il fedele/pellegrino, giunto da chissà dove, avrebbe qui concluso il suo percorso (foto 9-10).

Roma, San Giovanni in Laterano, interno, abside: il mosaico absidale della basilica (foto di Giulia Abbatiello)
Roma, San Giovanni in Laterano, interno, abside: particolare della decorazione del mosaico dove, al di sotto della croce, è la piccola Gerusalemme Celeste protetta da un angelo (foto di Giulia Abbatiello)

Come è stato scritto da Argan, se la basilica di San Pietro in Vaticano è stata concepita per l’eternità, San Giovanni in Laterano era stata creata per un solo giorno, quello del Giubileo.

Non possiamo infine non accennare all’immancabile tocco da maestro del Borromini che chiunque, una volta dentro, non può che percepire. A dimostrazione di una totale aderenza al gusto barocco del tempo, si segnala quanto segue: varcata la soglia d’ingresso, dirigetevi in direzione della navata centrale e poi verso la Porta Santa. A quel punto, rimarrete colpiti dalla cosiddetta Loggia delle Benedizioni, un vero e proprio affaccio sull’interno dove compaiono delle nuvole in stucco dall’aspetto molto realistico (foto 11).

Roma, San Giovanni in Laterano, interno, navata centrale, Loggia delle Benedizioni: si noti il particolare delle nuvole in stucco (foto di Giulia Abbatiello)

Posizionatevi lì sotto e alzate lo sguardo: un tondo luminoso, posto al centro dell’arco, vi mostrerà una colomba che vola nel Paradiso (foto 12).

Roma, San Giovanni in Laterano, interno, navata centrale, Loggia delle Benedizioni: particolare del tondo con la colomba (foto di Giulia Abbatiello)

Suggestivo è anche l’effetto che suscitano le teste in stucco dei cherubini che riempiono, letteralmente con la loro presenza, le quattro navate laterali. A tal proposito, sembrerebbe che i cherubini stiano partecipando alla gioia che il fedele avrebbe provato per i festeggiamenti giubilari (foto 13).

Roma, San Giovanni in Laterano, interno, prima navata di destra: si noti la schiera di teste di cherubino che ritma le navate laterali della basilica (foto di Giulia Abbatiello)

Tanti di noi hanno visitato quest’edificio sacro e altrettanti vi sono passati davanti, distrattamente, nelle loro giornate piene di impegni. È incredibile pensare che si sia deciso di preservare così radicalmente il passato di questa chiesa, edulcorandolo ancor di più con la simbologia di cui è stata investita. Non sono certo mancate le inevitabili distruzioni, come ad esempio quella della decorazione del mosaico dell’abside, risalente al XIII secolo, sostituito con una sua copia nel corso dell’Ottocento: la causa venne determinata dalla decisione di rinnovare l’area dell’altare, comportando la distruzione dell’abside e quindi la perdita del mosaico. Il fatto risulta ancora più increscioso se si viene a sapere che la decorazione custodiva una reliquia, ovvero un’icona con il volto di Gesù apparsa durante la consacrazione della basilica costantiniana nel 319. Al di là di questo triste ed irreversibile episodio, che è stato seguito da un altro addirittura di natura mafiosa, ovvero l’esplosione di un ordigno nei pressi degli uffici del Vicariato nella notte del 27 luglio 1993, ci è piaciuto poter riflettere sulla sensibilità che uomini del nostro passato hanno provato verso un monumento grandioso, così tanto da volerlo conservare all’interno di un nuovo edificio di culto.

Bibliografia generale:

M. Fagiolo, Roma barocca. I protagonisti, gli spazi urbani, i grandi temi, Roma 2013.

M. Andaloro (a cura di), L’orizzonte tardoantico e le nuove immagini. 312-468, vol. I, Milano 2006.

A. M. Romanini, L’arte medievale in Italia, Firenze 1988.

G. C. Argan, Borromini e Bernini, in Studi sul Borromini, Atti del convegno (Roma, Accademia Nazionale di San Luca 1967), Roma 1970.

R. Cattani, S. Giovanni in Laterano. La Scala Santa. Il Battistero. Il Chiostro, stampato a Colleverde di Guidonia (s.d.).

Le citazioni del testo biblico dell’Apocalisse sono state tratte della monografia di M. Fagiolo 2013.

Abstract:

The Basilica of St. John in Lateran is the first Early Christian architecture of the world. It was built by the imperator Costantine the Great (306-337) during the IVth century B.C. in Rome, near the walls of the city. Its shape is that of roman “basilica”, with someone alterations: one apse instead of two and one entrance where is the facade of church and not on its sides. During the XVIII century, the pope Innocenzo X Pamphilij decided to restore this church, commissioning the work to Francesco Castelli, called Borromini. The purpose of this restoration was to preserve the Early Christian architecture, improving its past with a marked iconography.

Keywords: Basilica ofSt. John in Lateran, Costantine the Great, Early Christian architecture, Innocenzo X Pamphilij, Borromini

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Giulia Abbatiello

Scritto in data: 27 settembre 2023

Foto di Giulia Abbatiello. Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

La nostra attività sul blog e sui social viene effettuata volontariamente e gratuitamente. Se vuoi sostenerci, puoi fare una donazione. Anche un piccolo gesto per noi è importante.

Ti ringraziamo in anticipo!

Admin. Cristina Cumbo e #LaTPC team

Puoi inquadrare il QR-code tramite l’app di PayPal, oppure cliccare su:

Sostieni #LaTPC blog

Pubblicato da Giulia Abbatiello

Storica dell'arte, Bibliotecaria e abilitata all'insegnamento della Storia dell'Arte (classe A-54) nelle scuole secondarie di secondo grado. Si laurea nel 2020 in Storia dell'Arte con 110 e lode all’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". L'anno successivo consegue il diploma di Master di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” presso l'Università degli Studi di “Roma Tre”. Diplomatasi presso la Scuola Vaticana di Biblioteconomia (2023), ha preso parte al al progetto di catalogazione del libro antico del Fondo "Antichi e Rari" della Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana e collabora attualmente al progetto di catalogazione dei manoscritti miniati del Fondo "Urbinate" nell’ambito del “Censimento e catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Apostolica Vaticana”, sostenuto dall’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e dall’Università degli Studi della Tuscia.