Quella Madonnella scomparsa in via di Panico a Roma

Castel Sant’Angelo svetta all’orizzonte, nel mezzo di un brulicante mare di turisti che invadono il ponte. Scattano foto, passeggiano, sorridono. Sono giunti a Roma, magari dal lontano Oriente. Hanno sentito parlare dei monumenti, li hanno osservati in fotografia e, finalmente, possono percorrere le sue strade costellate di antichità. Purtroppo, però, un lieto fine non c’è per i nostri beni culturali. Come ben sappiamo, l’Italia possiede un patrimonio diffuso e ogni città presenta angoli intrisi di storia che ognuno di noi vorrebbe vedere conservati, tutelati, valorizzati.

Spesso capita che i siti, i monumenti, i reperti di maggior rilievo e, perciò, sotto il fascio dei riflettori siano curati, ma tutto il resto viene abbandonato a se stesso, frequentemente oggetto di atti vandalici. La motivazione ufficiale dietro tutto questo è, prevalentemente, consistente nella mancanza di personale (non si assume… la cultura procede con il volontariato) e di risorse monetarie. Ma si tratta anche di mentalità sbagliata, idee che taluni soggetti sono restii a mutare. Proprio in questi casi accade che i beni culturali non siano intesi come proprietà collettiva, bensì come qualcosa da commerciare per ricavarne illecitamente denaro, privando un paese di un frammento della sua storia.

Riprendiamo però da Castel Sant’Angelo da dove era iniziato il percorso. Attraversato il ponte in direzione Corso Vittorio Emanuele, si giungerà davanti a un tridente di strade: via Paola, la centrale via del Banco di Santo Spirito e via di Panico. Imbocchiamo quest’ultima percorrendola per qualche metro fino all’incrocio con vicolo di San Celso e alziamo la testa: una cornice vuota di una Madonnella, in cui l’iscrizione votiva recita ancora Exultavit Humiles, spesso deturpata con immagini satiriche e scritte di cattivo gusto.

Nel 2016 venne inserita quella delle celebre cantante Madonna Ciccone travestita religiosamente, si pensa, come provocazione per la sparizione dell’opera originale. In ottobre 2017 un cartello recitava un detto in dialetto romanesco, ancora provocatorio, e firmato Pasquino – come la famosa statua parlante rappresentante della vox populi – “Morto n’ papa se ne fa n’altro”.

Le cosiddette Madonnelle costellano gli angoli di Roma, dal centro storico ai quartieri sorti negli anni Trenta del secolo scorso. Costituiscono uno di quei frammenti di storia di cui si parlava, di quella devozione popolare, ma anche di arte eseguita da autori minori.

Di recente, una Madonnella di Trastevere è stata oggetto di un atto vandalico da parte di un writer, deturpata con un orribile scarabocchio bianco che dovrebbe costituire la sua firma.

Per quel che riguarda, invece, la Madonnella di via di Panico dobbiamo risalire al 1867, quando venne eseguita l’immagine della Madonna con il Bambino e San Filippo Neri inginocchiato in adorazione, traendo ispirazione dal dipinto di Guido Reni per la vicina Chiesa di S. Maria in Vallicella (conosciuta come Chiesa Nuova); più in basso, una piccola targa, con uno sportellino, anticamente sigillato da un lucchetto, in cui potevano essere inserite le “Elemosine per S. Filippo Neri”, santo legato alla zona intorno alla già citata Chiesa Nuova e all’Oratorio Filippino, la cui facciata venne eseguita dal Borromini.

Oggi quell’angolo è spesso soggetto al deposito di sacchi dell’immondizia, in una città che spesso ne è sommersa anche in luoghi turistici. Ma l’immagine della Madonna che fine avrà fatto?

La targhetta, sulla sinistra dell’osservatore, riporta oltre alla didascalia descrittiva anche: “Comune di Roma – Sovrintendenza ai Beni Culturali. Restauro Edicole Sacre – Giubileo 2000”.

In un articolo del 2016 uscito sul Corriere della Sera si supponeva che l’immagine fosse stata rimossa proprio in occasione del Giubileo e mai ricollocata, ma è davvero così? Oppure è una delle tante vittime di furti che vede nelle Madonnelle uno degli oggetti preferiti dai ladri di antichità?

In fin di conti, proprio in via di Panico, nei pressi del civico 29, un’altra Madonnella del XVIII secolo, eseguita in olio su tela, era stata trafugata da ignoti nel 1992 e solo durante i restauri del 1999 si era provveduto a inserire la riproduzione fotografica dell’opera rubata, ovvero un’immagine raffigurante la Madonna della pietà.

Non distante da qui, una sorta di oblio sembra aver inghiottito l’edicola di vicolo di S. Trifone. Anticamente collocata accanto all’omonima chiesa scomparsa, oggi non rimane altro che la vuota cornice, con tanto di lucchetto ancora chiuso, in una stradina secondaria ridotta a un misero passaggio scarsamente illuminato. L’edicola accoglieva in passato la raffigurazione della Madonna con il Bambino e il Padre Eterno, sostituita poi negli anni Trenta da un affresco con la rappresentazione della Madonna con il Bambino insieme ai santi Ninfa, Trifone e Respicio. Di tutto questo non rimane altro che qualche frammento affrescato, barbaramente raschiato via, o almeno, questo è ciò che si evince dall’osservazione del lacerto murario attualmente visibile. Eppure, nel volume Per le vie di Roma. Le edicole sacre curato da Luisa Cardilli per la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali nel 2000 era chiaramente riportata la fotografia post restauro del 1999. 

Si deve supporre che la medesima sorte sia tristemente toccata all’edicola posta in via di Panico, all’incrocio con il vicolo di San Celso. Lo stesso volume sopra citato riporta una fotografia completa dell’immagine con la Madonna e San Filippo Neri, corredata della seguente didascalia: “L’edicola dopo il restauro del 1999”. In quell’anno, perciò, la Madonnella era già stata ricollocata e si deve supporre che la targa fosse stata affissa tra il 1999 e il 2000, nell’ambito di un processo di riqualificazione effettuato dalla Sovrintendenza stessa in occasione del Giubileo. 

Nel silenzio della Città Eterna, piccole opere d’arte scompaiono senza lasciare traccia. Frammenti di storia si disgregano, eppure tutto tace.

Bibliografia e siti consultati:

Per le vie di Roma. Le edicole sacre, a cura di Luisa Cardilli, Roma 2000.

Articolo di Paolo Conti sul Corriere della Sera: http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/16_aprile_24/via-panico-se-madonna-ciccone-appare-posto-dell-edicola-sacra-90c56eb0-0a43-11e6-b6e3-5a67b8a1023d.shtml

Autrice dell’articolo e delle foto: Cristina Cumbo. Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Contributo precedentemente pubblicato su “The Journal of Cultural Heritage Crime” in data 21.03.2018 e disponibile al seguente link.

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Pubblicato da Cristina Cumbo

Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.