Tracce medievali nel Battistero di San Giovanni in Laterano

Il mese scorso abbiamo dedicato un articolo alla Basilica di San Giovanni in Laterano, mettendone in evidenza il restauro conservativo eseguito da Francesco Borromini (1599-1667) su commissione di papa Innocenzo X (1644-1655). Lo scopo principale di quell’intervento fu dettato dalla volontà di preservare l’aspetto paleocristiano dell’edificio che, di lì a breve, avrebbe accolto migliaia di fedeli in occasione dell’apertura del Giubileo del 1650.

A pochi metri di distanza dalla Basilica, si erge il Battistero Lateranense, dalla pianta ottagonale, voluto anch’esso dall’imperatore Costantino il Grande (306-337).

Roma, Battistero Lateranense, esterno (foto di Giulia Abbatiello)

Dopo Costantino, fu papa Sisto III (432-440) ad ordinare la costruzione di un nuovo ingresso e di un forcipe (uno spazio a forma di tenaglia) a quello annesso; ad oggi però l’entrata, che dà sulla trafficata strada dell’Amba Aradam, è quella risalente a papa Gregorio XIII (1572-1585).

Roma, Battistero Lateranense, pianta. Si noti sulla sinistra l’ingresso sistino con la tipica forma a tenaglia (Georg Dehio/Gustav von Bezold, Public domain, da Wikimedia Commons)
Roma, Battistero Lateranense, esterno, attuale ingresso di Gregorio XIII (foto di Giulia Abbatiello)

Dopo Sisto III, papa Ilaro (461-468) fece aggiungere le tre cappelle di San Giovanni Battista, dell’Evangelista e di Santa Croce. Al periodo compreso tra il pontificato sistino e quello ilariano, risale la decorazione a mosaico parietale e ad opus sectile (ad intarsi di marmo) che ricopriva letteralmente la struttura, dall’ottagono costantiniano all’ingresso sistino, fino alle cappelle. L’ultima aggiunta medievale fu quella di papa Giovanni IV (640-642) con la cappella intitolata a San Venanzio, decorata a mosaico sotto il suo successore, papa Teodoro (642-649).

Le successive trasformazioni moderne di papa Leone X (1475-1521) e di Paolo III (1534-1549), insieme ai drastici restauri di papa Innocenzo VIII (1623-1644), hanno determinato la perdita quasi totale dell’aspetto paleocristiano del Battistero. Tuttavia, a breve vedremo che resta ancora qualche traccia a testimonianza della lunga fase medievale dell’edificio.

Entriamo all’interno: ci accoglie uno spazio a pianta centrale contenuto in un corridoio ottagonale sulle cui pareti sono affrescate scene di epoca barocca narranti la vita dell’imperatore Costantino.

Roma, Battistero Lateranense, interno, anello più esterno: dettaglio degli affreschi barocchi narranti la vita dell’imperatore Costantino il Grande (foto di Giulia Abbatiello)

Dopo pochi passi, possiamo muoverci incuriositi verso il centro: qui vi è un altro anello ottagonale più piccolo, composto di colonne in porfido con capitello corinzio su cui poggia un architrave con epigrafe; al di sopra si imposta un ulteriore anello, ritmato da colonne bianche di minori dimensioni, i cui capitelli, parimenti corinzi, si impostano alla base della cupola. Poco al di sopra, all’interno di un’elegante dorata intelaiatura, si notano alcune tele dell’artista Andrea Sacchi (1639-1645), i cui originali sono conservati nel vicino Palazzo Lateranense, narranti la vita del Battista.

Abbassando lo sguardo, ci accorgiamo infine di un recinto marmoreo, anch’esso ottagonale, risalente al tempo di papa Urbano VIII e di un fonte battesimale di basalto verde.

Accediamo ora all’interno della cappella della Santa Croce, che ricordiamo essere stata eretta da Sisto III nel V secolo. Entrando, la prima cosa che notiamo è l’originario ingresso, ora chiuso, delimitato da due alte colonne in porfido poggianti su eleganti basamenti d’epoca romana.

Roma, Battistero Lateranense, interno: l’originario ingresso del Battistero, costruito per volere di papa Sisto III (foto di Giulia Abbatiello)

A destra e a sinistra spuntano due piccole absidi quasi speculari, ora in parte chiuse da una cancellata. Iniziamo da quella orientale, quindi da quella che si trova, entrando, sulla sinistra: la sua abside è interamente coperta da un mosaico disposto a formare una fitta vegetazione su fondo blu, che nasce da un cespuglio di foglie d’acanto, non ben osservabile a causa delle statue di angeli d’epoca tardo-barocca, e che si inerpica su uno stelo centrale riconoscibile per l’impiego delle tessere brune.

Roma, Battistero Lateranense, interno, cappella orientale: decorazione dell’abside (foto di Giulia Abbatiello)

Al culmine della curvatura dell’abside, compare un semicerchio da cui pendono delle piccole croci; nel suo interno sono raffigurati un ricco ventaglio a forma di conchiglia, quattro colombe ed un agnello.

Roma, Battistero Lateranense, interno, cappella orientale: dettaglio della decorazione dell’abside (foto di Giulia Abbatiello)

Divergenti sono le ipotesi degli studiosi che hanno cercato di dare un’interpretazione a questa decorazione, forse la rappresentazione del giardino paradisiaco. Senz’altro più semplici sono gli altri elementi simbolici: infatti le quattro colombe alluderebbero agli Evangelisti, l’agnello all’Agnus Dei, le dodici croci agli Apostoli. Molto interessante è infine la lettura dello stelo centrale, in cui si è riconosciuta l’allusione ad una reliquia della Passione e cioè la Santa Lancia con cui il centurione Longino ferì il costato di Cristo. Contestualmente, a Ravenna il tema della decorazione vegetale su fondo blu venne adottata anche nelle lunette del noto Mausoleo di Galla Placidia (440-450) e così nel XII secolo, sotto la spinta della ripresa dell’arte paleocristiana, nell’abside della vicina Basilica di San Clemente in Laterano.

Roma, Basilica di San Clemente, interno: abside (Dnalor 01, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, da Wikimedia Commons)

Spostando lo sguardo verso le pareti, è possibile scorgere ancora la decorazione in opus sectile: il motivo vegetale, ora visto nell’abside orientale, torna con evidenza in questo prezioso ornamento composto di intarsi marmorei. La scelta piuttosto aulica dell’impiego del marmo è coerente con l’ambiente, se pensiamo infatti che questo era l’originario ingresso dell’edificio.

Roma, Battistero Lateranense, interno: dettaglio con tracce della decorazione parietale ad opus sectile (foto di Giulia Abbatiello)

L’altra cappella ad ovest non presenta purtroppo più decorazione. La situazione però doveva essere migliore in epoca moderna, se al 1560 risalgono le parole dell’erudito Onofrio Panvinio: «in dextera sunt depinti pastori, che pascono i loro armenti, con uccelli & uccelliere». Quindi, apprendiamo che a decorare la cappella era probabilmente una scena campestre, in cui alcuni pastori pascolavano il proprio gregge, e a far da compagnia erano uccelli (il termine uccelliere non sappiamo a cosa si riferisca di preciso. Panvinio utilizza il termine depinti, ma con esso avrà in modo generico indicato la tecnica del mosaico, a conferma quindi che le cappelle potrebbero essere state ornate con la stessa modalità). La diffusa iconografia del Buon Pastore fa parte del più antico bagaglio di immagini paleocristiane, impiegato anche in altri edifici battesimali come il Battistero Neoniano di Ravenna della metà del V secolo d. C.

Roma, Battistero Lateranense, interno, cappella occidentale (foto di Giulia Abbatiello)

Uscendo e tornando nel corridoio anulare, entriamo quindi nella cappella intitolata a S. Venanzio: a colpirci è la decorazione che adorna l’abside e l’arco che è tutt’attorno, dove notiamo un impiego diffuso delle tessere dorate che riflettono la fioca luce dell’ambiente.

Roma, Battistero Lateranense, interno, cappella di San Venanzio (foto di Giulia Abbatiello)

L’uso abbondante dell’oro aderisce perfettamente agli influssi dell’arte bizantina che, da tempo, aveva affondato profonde radici in città. L’abside è parzialmente schermata dall’altare dell’artista Carlo Rainaldi (1611-1691), ma è pur sempre godibile se ci si avvicina guardandola lateralmente: qui è il ritratto a mezzo busto di Cristo, affiancato da due angeli dal volto molto espressivo, in un cielo composto di sole nuvole bianche, arancioni, blu e celesti; poco al di sotto, vi è una schiera di nove figure (da sinistra a destra: papa Giovanni IV, San Venanzio, San Giovanni Evangelista, San Paolo, la Vergine Maria, San Pietro, San Giovanni Battista, il vescovo Domnione e papa Teodoro I).

Roma, Battistero Lateranense, interno, cappella di San Venanzio: dettaglio della decorazione absidale (foto di Giulia Abbatiello)

Passando al mosaico dell’arco absidale, continua la teoria di santi (da sinistra a destra: San Paoliniano, San Telio, il monaco Asterio, Sant’Anastasio, il vescovo Mauro, il diacono Settimio, Sant’Antiochiano e San Gaiano) già vista nell’abside, ma qui i personaggi sembrano mostrarsi in un atteggiamento più austero, dichiarando una maggiore fedeltà al rigido stile bizantino.

Roma, Battistero Lateranense, interno, cappella di San Venanzio: dettaglio della decorazione dell’arco absidale (foto di Giulia Abbatiello)

Prossimo a quest’arte è, ad esempio, il mosaico della piccola abside con i santi Primo e Feliciano nella vicina chiesa di Santo Stefano Rotondo, anch’essa infatti del tempo di papa Teodoro, o il mosaico absidale della chiesa di Santa Agnese fuori le mura risalente al tempo di papa Onorio I (625-638).

Roma, Chiesa di Santo Stefano Rotondo, interno, cappella dei Santi Primo e Feliciano (Alekjds, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, da Wikimedia Commons)

Infine, sulla sommità dell’arco, appare il tetramorfo, ovvero i quattro simboli degli Evangelisti.

In conclusione, vogliamo sottolineare la volontà di continuare a parlare di esempi di arte medievale in Italia che, come altri periodi storico-artistici, ha subito numerosi rimaneggiamenti se non addirittura distruzioni. Le cause possono essere state molte: per il Battistero di San Giovanni in Laterano il motivo è consistito nel cambiamento di stili, e quindi di gusti, durante il passaggio delle epoche storiche; altre volte, come vedremo per la Crocifissione di Cimabue nella Basilica di San Francesco ad Assisi, la causa è stata invece la scelta di tecniche pittoriche che non sempre si sono rivelate vincenti.

Bibliografia generale:

Roma. Guida d’Italia, in Guide Rosse Economiche, Touring Club Editore 2015.

M. Andaloro, L’orizzonte tardoantico e le nuove immagini. 312-468, vol. 1, Milano 2006.

G. Matthiae, Pittura romana del Medioevo. Secoli IV-X, 2 voll., Roma 1987.

Abstract:

The Baptistery of St. John in Lateran was build by the imperator Constantine the Great (306-337). During the Vth century, pope Sisto III (432-440) added a new entrance, while pope Ilaro (461-468) three chapels. At the same time, a new decoration of mosaic and marble was put in. During the VIIth century, pope Giovanni IV (640-642) build the chapel of St. Venanzio, and pope Teodoro (642-649) filled it with precious mosaics. Despite the destructions and restoration of the modern time, some traces of this medieval art is still there.

Keywords:

Baptistery of St. John in Lateran, paleochristian art, medieval art, baptistery, architecture.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Giulia Abbatiello

Scritto in data: 5 novembre 2023

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Pubblicato da Giulia Abbatiello

Storica dell'arte, Bibliotecaria e abilitata all'insegnamento della Storia dell'Arte (classe A-54) nelle scuole secondarie di secondo grado. Si laurea nel 2020 in Storia dell'Arte con 110 e lode all’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". L'anno successivo consegue il diploma di Master di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” presso l'Università degli Studi di “Roma Tre”. Diplomatasi presso la Scuola Vaticana di Biblioteconomia (2023), ha preso parte al al progetto di catalogazione del libro antico del Fondo "Antichi e Rari" della Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana e collabora attualmente al progetto di catalogazione dei manoscritti miniati del Fondo "Urbinate" nell’ambito del “Censimento e catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Apostolica Vaticana”, sostenuto dall’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e dall’Università degli Studi della Tuscia.