Aperta al pubblico fino al 5 maggio 2019 la mostra “Carabinieri nell’arte”

Roma. È stata inaugurata lo scorso febbraio presso il Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri in Piazza Risorgimento la mostra temporanea “Carabinieri nell’arte”.

È il Salone d’Onore ad accogliere 25 opere che si dividono tra pittura e scultura, perfettamente integrate con il complesso di oggetti e dipinti facenti parte della mostra permanente narrante la storia della Benemerita.

Al cospetto della grande statua di Carabiniere sulla destra e dei versi di D’Annunzio sulla sinistra, si apre l’esposizione che vede protagonisti proprio i nostri soldati in uniforme nera e rossa. Gli artisti li hanno spesso inseriti all’interno delle proprie rappresentazioni, sempre vicini al popolo in qualità di custodi, sorveglianti, garanti della sicurezza pubblica. Figure a metà tra gli eroi moderni e quelli romantici, i Carabinieri frequentemente raffigurati a coppia, avanzano a passo cadenzato nella bianca Venezia avvolta dalla neve. È una piazza San Marco vuota quella che si prospetta nell’opera di Gaetano Castelli, volta a inquadrare la figura dei due uomini dell’Arma in qualità di silenziose e solitarie sentinelle.

Il cavallo, compagno dell’uomo sin dall’antichità, lo è anche del Carabiniere in pattugliamento o in battaglia con cui si instaura un forte legame di fiducia e affetto: lo vediamo nella Maremma in un dipinto di Giovanni Fattori, o nella sosta ritratta da Mario Bucci, per culminare nella geometrica ripresa di un cubismo echeggiante Picasso di Gaetano Tanzi, terminando infine nel grande e solenne dipinto di Memmo Genua “Punto di riunione”.

I Carabinieri sono, però, prima di tutto uomini. Compiono il proprio dovere, obbediscono in silenzio e in silenzio soffrono, spesso in solitudine. Li chiamiamo eroi perché questo sono. Indossano un mantello e una divisa, ma al di là di tutto vi è un’anima forte che ama la patria e la famiglia, spesso sacrificata per compiere quelle missioni assegnate senza limite di orario, né di festività. Ed è singolarmente che Gianni Vagnetti ritrae la figura di un carabiniere, seduto e attento, ma allo stesso tempo dallo sguardo perso altrove, forse nelle proprie preoccupazioni.

Cosa ci sarà poi sulla scrivania di un Carabiniere che, nel proprio ufficio, a volte trascorre giornate intere? Pochi oggetti in realtà, come ci comunica Pippo Rizzo nel dipinto “Il Tavolo del Maresciallo” in prestito dalla Fondazione Sicilia (Palermo): il cappello sormontato dal pennacchio rosso e blu dell’alta uniforme, un paio di guanti bianchi riposti accanto a un mazzo di carte da gioco siciliane – di cui si distingue la figura del cavaliere di denari – una chiave, probabilmente quella dell’ufficio stesso, e un orologio, emblema del tempo, che segna le ore 02.20 del mattino oppure le 14.20 del pomeriggio… perché un Carabiniere non ha orari, è sempre in servizio. Sulla parete è appeso un quadro in cui è raffigurata un’apparente battaglia tra cavalieri, mentre la didascalia recita “Carlomagno assiste a una giostra fra il paladino Orlando e un potente maomettano”.

Non vi è solo il lato solenne e sublime, di eroe romantico e tormentato che si scorge nell’arte, ma anche quella di personaggio caratteristico e popolare. È quindi in uno stile quasi vignettistico che Nino Caffè riprende due Carabinieri che colloquiano al Pincio con il celebre sfondo della Cupola. Li ritroviamo anche a stretto contatto con l’arte, richiamando lo stretto rapporto instaurato con essa tramite l’operato del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, nei dipinti di Pippo Rizzo “Omaggio a Mondrian”, “Omaggio a Capogrossi” e “Carabinieri all’opera dei Pupi”.

Da ultimo, ma di certo non per importanza, vi è la splendida opera “Zaptiè Libico” di Clemente Tafuri (1937). Un dipinto intriso di storia, quella coloniale che viene appunto ricordata dal bel ritratto di uno zaptiè, militare indigeno arruolato nell’Arma in terra d’Africa , dallo sguardo fiero e attento.

La luce soffusa nel Sacrario, emanata da una lucerna bronzea e perpetua, illumina la grande spada incastonata in un blocco di granito e le medaglie di quanti indossando la divisa dell’Arma morirono per servire lo Stato. Un luogo in cui si respira un’aura di solennità, dove il visitatore è invitato ad ammirare e a riflettere sulle parole in rilievo: “Usi obbedir tacendo e tacendo morir. Obbedimmo”.

Per ulteriori informazioni sul Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri e sulla mostra, si rimanda al sito ufficiale.

Autrice dell’articolo e delle foto: Cristina Cumbo. Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

Contributo precedentemente pubblicato su “The Journal of Cultural Heritage Crime” in data 03.04.2019 e disponibile al seguente link.  

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Pubblicato da Cristina Cumbo

Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.