Arte e tutela della fauna selvatica protetta: il caso dell’avorio

Fidia, scultore noto per il Partenone, fu anche autore di un’opera magnifica e colossale, inserita all’interno dello stesso tempio: la statua di Atena. Quest’ultima non era un manufatto in marmo come si potrebbe pensare, bensì una scultura crisoelefantina, composta quindi d’avorio e d’oro. Si trattava di una dea, di proporzioni gigantesche, nello specifico di 12 m circa, che osservava i fedeli dall’interno della cella del tempio ad essa dedicato, sull’Acropoli; stante come una guerriera, sguardo severo, indossava un elmo, un peplo e l’egida con la testa della Gorgone, teneva con sé scudo e lancia, mentre nella mano sinistra aveva una Nike, simbolo di vittoria. Della statua non rimane nulla, se non la memoria storica trasmessa dalle fonti.

Così come l’Atena Parthénos, a Olimpia esisteva la monumentale statua di Zeus, nel tempio dedicato al padre degli déi, ancora opera dello stesso scultore. Magnifico e imponente, Zeus teneva in mano, come sua figlia Atena, una Nike d’oro e uno scettro su cui poggiava un’aquila, anch’essa del medesimo splendente metallo; il dio era assiso su un trono, con una corona e un manto ricamato. Anche dello Zeus di Fidia sono rimaste solo le fonti a narrarne lo splendore, quello stesso che sgorgava dall’armonia tra l’oro scintillante e il bianco abbacinante del liscio avorio.

Sin dall’antichità, l’avorio è stato quindi adoperato per creare manufatti di pregio, ma dietro alla bellezza dell’opera vi era anche un immenso sacrificio animale che, con il trascorrere del tempo, avrebbe condotto alcune specie verso il rischio di estinzione.

I tempi si sono evoluti, ma di fatto la rendita economica derivante dal commercio dell’avorio risulta ad oggi troppo appetibile per far sì che esso si blocchi, alimentando in tal modo la crudele pratica del bracconaggio, in particolare di elefanti africani e indiani.

Per cercare di porre un freno al fenomeno, l’UE ha inasprito le norme in merito alla circolazione dell’avorio tramite l’adozione di un documento di orientamento sulla disciplina UE relativa agli scambi di avorio (2021/C 528/03) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale C528 del 30/12/2021 e un nuovo regolamento che modifica quello (CE) n. 338/97 relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, nonché del regolamento (CE) n. 865/2006 recante modalità di applicazione del (CE) n. 338/97.

Per quanto riguarda l’Italia, il commercio dell’avorio derivato da specie protette dalla CITES [1] (ovvero la Convenzione di Washington entrata in vigore nel 1980) non è consentito. In generale, però, gli oggetti prodotti totalmente o in parte in avorio prima del 1947, possono avere una deroga che autorizza il loro scambio analizzando i singoli casi previa opportuna certificazione CITES. A tal riguardo rimandiamo al recente comunicato CITES sulle restrizioni al commercio di avorio di elefante grezzo o contenuto in prodotti finiti e/o oggetti di antiquariato.

La detenzione, invece, è altro argomento: non è vietata, a patto che si dimostri il possesso prima del 1947, oppure che sia possibile in qualche modo (anche fotografie storiche) documentarlo, cosicché possa essere rilasciata una licenza di importazione o certificazione CITES. In caso di mancata autorizzazione alla detenzione, la L. 150/92 all’art. 1 prevede alcune sanzioni penali.

Oltre alla normativa che è importante conoscere, vogliamo, però, parlare della questione che riguarda propriamente l’oggetto in avorio, il manufatto, al di là delle zanne di elefante grezzo. Ci riferiamo al prodotto finito, lavorato, che molto spesso – come accade anche per il corallo – diventa opera d’arte.

Ci troviamo di fronte a un manufatto che si troverà “a dover rispondere” della CITES, oppure delle leggi di tutela applicate ai beni culturali?

La domanda sorge spontanea in seguito ad eventi documentati, come l’operazione Golden Tusk, condotta dal Comando Carabinieri TPC insieme al Raggruppamento CITES, oppure il maxi sequestro condotto dal Nucleo CITES di Bergamo, nell’ambito dei quali i due reparti speciali dell’Arma hanno, appunto, collaborato.

Quindi manufatto inteso come semplice materiale derivato da animale tutelato dalla CITES, oppure come bene dal valore storico-artistico?

La risposta potrebbe sembrare ostica, ma in realtà si dà, in un certo senso, “precedenza” alla composizione del manufatto: l’oggetto in avorio, che sia lavorato o meno, essendo prodotto con materiale derivato da fauna protetta, è sottoposto alla normativa CITES. Si ricorda, a tal proposito, che non esiste solo l’avorio di elefante africano, ma anche di elefante indiano e di altre specie, come ippopotami, narvali, trichechi.

Dopodiché, del bene in questione possono essere considerati altri aspetti, avendo esso anche natura di “opera d’arte”. Logicamente, dal punto di vista storico-artistico si dovrà sottolineare che gli oggetti in avorio non sono come i beni archeologici, rinvenuti dopo il 1909, che appartengono automaticamente allo Stato.

Cosa si andrà a “perseguire”, perciò, in relazione alle opere d’arte in avorio nel caso in cui si tratti anche di beni tutelati, quindi dichiarati di interesse culturale? Si seguiranno i criteri comuni alle opere d’arte: se il manufatto è stato legalmente o illecitamente commerciato, se è stato contraffatto, se è stato trafugato, o trasferito fuori dal territorio nazionale senza autorizzazione. Un manufatto in avorio è un’opera d’arte a tutti gli effetti.

Se anche l’oggetto non fosse stato dichiarato di interesse culturale, interverrebbe comunque la normativa CITES. Quest’ultima, ai fini di contrastare e sopprimere il bracconaggio, si indirizza verso la restrizione del commercio dell’avorio, materiale usato per produrre opere d’arte, strumenti musicali come i tasti dei pianoforti, oppure detenuto allo stato grezzo per esibizione personale e collezionismo, in poche parole come status symbol.

Rimane purtroppo attivo il mercato illegale: una volta fatta la legge, si cerca e, a volte, si trova forzatamente il modo per aggirarla. Sono soprattutto i gruppi di criminalità organizzata a condurre tali attività per finanziare, così come accade strettamente per il mercato clandestino dei beni culturali, principalmente armi e droga.

Nonostante sia necessario puntualizzare che alcuni paesi sono ancora in possesso di “riserve” di avorio di epoca coloniale, i dati statistici fanno riflettere: il World Wildlife Crime Report: Trafficking in protected species, 2016 del United Nations Office on Drugs and Crime mostrava come la gran parte dei rifornimenti di avorio provenisse da paesi africani considerati pacifici (es. Repubblica Unita di Tanzania). Il più grande mercato internazionale destinatario delle spedizioni qualche anno fa era, invece, quello cinese (Elephant Trade Information System  – Etis) e l’Italia, nel 2019, risultava come terzo esportatore mondiale legale di avorio lavorato.

La stessa Italia nel 2016 aveva manifestato pubblicamente presso il Circo Massimo a Roma contro il commercio di avorio e, di conseguenza, contro il bracconaggio e lo sfruttamento delle comunità locali africane da parte di gruppi criminali e trafficanti. L’evento, denominato Ivory Crush, aveva previsto la distruzione di oltre mezza tonnellata di avorio confiscato tramite una macchina schiacciasassi, che poi sarebbe stato smaltito definitivamente

Nonostante le battaglie e le dimostrazioni, il percorso è ancora lungo. Il commercio illegale procede attualmente anche online. Un’inchiesta realizzata dalla Bbc ha dimostrato come, il lockdown dovuto al covid-19, abbia accelerato la vendita via web dell’avorio sulle piattaforme. eBay, che pure ha vietato tali inserzioni e ne ha rimosse a migliaia, viene usato comunque dai potenziali venditori che dichiarano il falso: gli oggetti sono definiti come ossa bovine. Non solo eBay, ma anche Instagram, Facebook e le più note piattaforme social, così come per i beni culturali, sono utilizzate per il commercio illecito.

Mentre per i beni culturali ci si sta attrezzando con lo Stolen Works of Art Detection System – SWOADS – che prevede il potenziamento della piattaforma “Leonardo” per la ricerca e la conseguente individuazione dei beni culturali trafugati tramite la raccolta automatica di dati dal web, dal deep web, dai social media e la successiva comparazione automatica delle immagini, nonché dei contenuti descrittivi –, chissà che la stessa cosa non possa essere fatta anche per l’avorio e il commercio di flora e fauna illegale. Certamente si rilevano maggiori difficoltà rispetto a un’opera d’arte: mentre per i manufatti in avorio lavorati il sistema potrebbe quasi sicuramente essere affine a quello utilizzato già per i beni culturali trafugati, per l’avorio grezzo, così come flora e fauna illegale (in cui rientrano, per esempio, animali protetti impagliati e “trasformati” in soprammobili), sono possibili alcune criticità legate proprio alle caratteristiche specifiche di quanto in oggetto.

Inoltre, così come per le opere d’arte e i reperti archeologici, è opportuno sottolineare come la contraffazione venga applicata anche allo stesso avorio. Sono numerosi, infatti, i falsi in circolazione, derivati da avorio artificiale, prodotto già a partire dall’Ottocento, così come sono numerosi i falsi recenti di opere in avorio mimetizzate per opere d’arte più antica. A quale fine? Un valore maggiore per l’antichità e un aggiramento delle norme CITES sull’antichità del supporto in avorio. Le analisi diagnostiche – luce di Wood, XR-F, esame istologico delle sezioni, linee di Schreger (= linee di accrescimento naturale dell’avorio) – possono certamente aiutare per capire se si è in presenza di “avorio vero o falso”; allo stesso modo, l’analisi delle tecniche di lavorazione – per incisione e lucidatura eseguite meccanicamente o meno – sarà d’aiuto per comprendere se l’opera, lavorata come antica, sia stata in realtà prodotta di recente.

Sitografia essenziale:

ANSA, Italia dice no al traffico di avorio, ne distrugge oltre mezza tonnellata. Oggi ‘Ivory crush’ al Circo Massimo (29.03.2016): https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/natura/2016/03/29/italia-dice-no-al-traffico-di-avorio-ne-distrugge-una-tonnellata_7764776b-3f48-4c4e-b8ae-b45ea07475b8.html

Antichità Santoro, Scheda di approfondimento avorio: http://www.antichitasantoro.com/pubblicazioni/schede/59_avorio_1.htm

Avorio, l’Italia è il terzo esportatore mondiale, su Rivistanatura.com (24.02.2019): https://rivistanatura.com/avorio-litalia-terzo-esportatore-mondiale/

CITES – Avviso sulle restrizioni al commercio di avorio di elegante grezzo o contenuto in prodotti finiti: https://www.carabinieri.it/docs/default-source/carabinieri-forestali/avviso-cites-restrizioni-avorio.pdf?sfvrsn=f1afeb23_2

Cites, restrizioni al commercio di avorio di elefante grezzo. L’UE ha inasprito le proprie norme sul commercio di avorio, su Canaledieci (09.02.2022): https://canaledieci.it/2022/02/09/cites-restrizioni-commercio-avorio-elefante-grezzo/#:~:text=Tra%20le%20innovazioni%20pi%C3%B9%20significative,validi%20il%2019%20gennaio%202023.

A. Cittadini, Statue e monili in avorio, maxi sequestro a Brescia per oltre 100mila euro, su Giornale di Brescia (31.05.2022): https://www.giornaledibrescia.it/brescia-e-hinterland/statue-e-monili-in-avorio-maxi-sequestro-a-brescia-per-oltre-100mila-euro-1.3723301

Comunicato stampa del 06.024.2016, Prima distruzione pubblica di avorio in Italia: https://www.mase.gov.it/comunicati/prima-distruzione-pubblica-di-avorio-italia

V. A.  Cumbo, Il Raggruppamento CITES dell’Arma dei Carabinieri: tra attività di educazione ambientale e azione sul territorio, su La Tutela del Patrimonio Culturale – Blog (27.11.2022): https://latpc.altervista.org/il-raggruppamento-cites-dellarma-dei-carabinieri-tra-attivita-di-educazione-ambientale-e-azione-sul-territorio/

Dal CITES un avviso sulle restrizioni al commercio di avorio, su Confcommercio Vicenza.info (17.02.2022): https://www.confcommerciovicenza.info/norme/dal-cites-un-avviso-sulle-restrizioni-al-commercio-di-avorio

Legge 7 febbraio 1992, n. 150: https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/normativa/legge_07_02_1992_150.pdf

Norme nazionali sul traffico di avorio in Stati Non-UE: https://www.greenimpact.it/wp-content/uploads/2021/02/Norme-nazionali-sul-traffico-di-avorio-in-Stati-Non-UE-2.pdf

Operazione Golden Tusk: contrasto al commercio illegale dell’avorio, su La Tutela del Patrimonio Culturale – Blog (comunicato stampa ufficiale) (25.06.2020): https://latpc.altervista.org/operazione-golden-tusk-contrasto-al-commercio-illegale-dellavorio/

Per la tutela dei beni culturali scendono in campo big data, machine learning e blockchain. Al via il progetto S.W.O.A.D.S.: https://fondosicurezzainterna.interno.gov.it/news/la-tutela-dei-beni-culturali-scendono-campo-big-data-machine-learning-e-blockchain

Predatori di zanne: non si ferma il commercio illegale di avorio (30.05.2022), su IGR Rivista Italiana di Gemmologia: https://www.rivistaitalianadigemmologia.com/2022/05/30/predatori-di-zanne-non-si-ferma-il-commercio-illegale-di-avorio/

A. Rubini, Il traffico illegale di avorio corre online. Nonostante i divieti, su Focus (15.06.2022)https://www.focus.it/ambiente/animali/traffico-illegale-avorio-online

A. Saiu, Avorio: il mercato nero e la salvaguardia degli elefanti, su Il BoLive – Università di Padova (19.12.2019): https://ilbolive.unipd.it/it/news/avorio-mercato-nero-salvaguardia-elefanti

Autrice del contributo e delle foto per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Foto di Cristina Cumbo, derivanti dalla mostra “In difesa della bellezza. Diagnostica umanistica e tecnologico-scientifica per lo svelamento del falso nell’arte, organizzata dal “Laboratorio del Falso” – istituito presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre – insieme al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (22 novembre – 18 dicembre 2019). Ne è vietata la diffusione senza l’esplicito consenso dell’autrice e/o l’indicazione dei credits fotografici, nonché del link relativo al presente articolo.

Foto di copertina: WikiImages da Pixabay 

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Scritto in data: 8 marzo 2023

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.


[1] L’avorio non è solo quello derivato dalle zanne di elefante, che è sicuramente il più noto, ma è presente anche l’avorio derivato, per esempio, dalle zanne del facocero, del cinghiale, dell’ippopotamo, etc.

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Pubblicato da Cristina Cumbo

Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.