“Caere. Storie di dispersioni e di recuperi”. Una mostra per raccontare l’etruscologia e il traffico illecito di antichità alla Sapienza Università di Roma

Entrare all’interno della Sapienza Università di Roma è sempre un’emozione: i lunghi viali che conducono alla Minerva, il Rettorato che si staglia maestoso con la Biblioteca Alessandrina, le varie facoltà brulicanti di ragazzi affaccendati a preparare esami o semplicemente a leggere seduti nei prati. La mia direzione è rivolta verso la Facoltà di Lettere. Salgo le scale sempre affollate, supero le bacheche cariche di annunci di ogni tipo, imbocco le scale in discesa verso il Museo dell’Arte Classica, più comunemente conosciuto come “Museo dei Gessi”. Mentre le candide riproduzioni mi osservano, così come i giovani colleghi seduti ai tavoli, tra libri e planimetrie, proseguo ancora, giungendo sul retro e scendendo ancora una scalinata. Sono arrivata.

Mi trovo al Museo delle Antichità etrusche e italiche, forse ai più sconosciuto. Ad accogliermi c’è una riproduzione 3D del frontone di Pyrgi con la raffigurazione del mito dei sette contro Tebe in cui si riconosce, in primo piano, Tideo che morde il cranio di Melanippo (l’originale si trova al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia: https://www.museoetru.it/capolavori/altorilievo-di-pyrgi ). La stampa 3D stereolitografica troverà collocazione nel nuovo Antiquarium di Pyrgi presso il Castello di Santa Severa.

Voltando l’angolo, si entra nel pieno della mostra “Caere. Storie di dispersione e di recuperi, nata da una collaborazione tra il settore di Etruscologia del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale. L’obiettivo è quello di narrare il territorio di Caere che, come Vulci, è stato oggetto, oltre che di ricerche ottocentesche dai tratti talvolta “oscuri”, anche e soprattutto di scavi clandestini.

Si inseriscono al suo interno, infatti, i recuperi del Comando Carabinieri TPC e della Guardia di Finanza, con l’obiettivo di evidenziare essenzialmente due punti: il danno che lo scavo clandestino procura alla collettività, distruggendo il contesto e, di fatto, la storia del sito; l’impegno operato dalle forze dell’ordine per restituire quei beni culturali “dispersi”, estrapolati illegalmente dal nostro paese.

La mostra si snoda attraverso 5 sezioni, la più ricca delle quali prevede l’esposizione di 130 vasi provenienti dalla necropoli della Bufolareccia e del Laghetto a Cerveteri, appartenenti un tempo alla famiglia Ruspoli. Non passa certamente inosservato il cratere a calice a figure rosse firmato da Eufronio, raffigurante la lotta tra Eracle e Kykos (510 a.C. circa) e restituito dal Metropolitan Museum of Art di New York nel 2010. Tale reperto, insieme al più noto cratere con la morte di Sarpedonte, è un emblema del saccheggio intensivo effettuato negli anni ’70 del secolo scorso a Cerveteri e della lotta contro il traffico illecito di antichità.

Un frammento in terracotta policroma riconduce alla storia di Atteone, colpevole di aver sfidato Artemide vantandosi di essere un cacciatore migliore della dea, oppure di averla vista nuda mentre faceva il bagno. Si nota un uomo, con stivaletti da caccia, morso da uno dei suoi cani alla coscia; accanto vi è un altro frammento, sempre riferito alla porzione inferiore di un corpo umano, in cui si notano le gambe dell’uomo, ancora con stivaletti e gonnellino pieghettato. Entrambi i reperti sono recuperi del Comando Carabinieri TPC e, per via di tangenze con altre opere rinvenute nel territorio di Civitavecchia, si può supporre che i due frammenti, facenti parte del frontone di un tempio, provenissero proprio da lì.

Sulla scia della terracotta policroma, approdiamo verso l’area in cui sono esposte le lastre dipinte, alcune delle quali già presentate nel mese di giugno 2022 dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale. Tali pannelli, sulla cui superficie campeggiano raffigurazioni di miti, riti, danze, scene musicali o di gare atletiche, furono in parte recuperati nel 2016 a Ginevra, in stato frammentario e inseriti all’interno di casse, dal Comando Carabinieri TPC.

Nell’agosto 2019 la Guardia di Finanza sequestrava, invece, quattro lastre dipinte nell’area di Cerveteri, mentre erano prossime a intraprendere un viaggio verso le rotte clandestine delle antichità. Insieme ai recuperi, è esposta anche la “lastra del viaggiatore”, un frammento della stessa tipologia, raffigurante un giovane con copricapo e bastone, acquistato dalla Fondazione Luigi Rovati presso la casa d’aste Christie’s e donato in seguito al Ministero della Cultura.

Il nostro territorio è stato letteralmente martoriato e, nonostante i controlli serrati, il fenomeno degli scavi clandestini prosegue. L’inasprimento delle leggi e gli accordi internazionali fanno sì che sia molto più difficile, rispetto al secolo scorso, operare nel commercio illecito di antichità, ma la vera strada da percorrere è una: quella di sensibilizzare la cittadinanza verso una maggiore consapevolezza riguardo l’importanza di tutelare il nostro patrimonio culturale. Quei frammenti non sono oggetti “belli”, né soprammobili, né manufatti che riempiono vetrine dei musei: sono tasselli della nostra identità. Rimuoverli, estraendoli dalla terra e distruggendo gli strati, significa solo cancellare del tutto una parte di quella storia che un archeologo avrebbe potuto, con competenza e passione, ricostruire.

È davvero questo che vogliamo? Non avere più nulla da raccontare ai nostri figli e nipoti? Nel nostro piccolo ognuno può fare la differenza. Tuteliamo il patrimonio culturale e non perdiamo la memoria: ne va del nostro futuro.

La mostra è accessibile gratuitamente e liberamente fino al 28 febbraio 2024 negli orari del Museo: lunedì e mercoledì dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 18:00; martedì e venerdì dalle 16:00 alle 20:00.

È possibile acquistare la guida alla mostra “Caere. Storie di dispersioni e di recuperi” all’interno del museo. Costo euro 5,00.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Cristina Cumbo

Scritto in data: 7 febbraio 2024

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Pubblicato da Cristina Cumbo

Archeologa e ricercatrice; Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana; amministratrice, fondatrice e responsabile del blog #LaTPC, nonché della pagina Facebook "La Tutela del Patrimonio Culturale". Ha frequentato il primo corso di perfezionamento in tutela del patrimonio culturale in collaborazione con il Comando Carabinieri TPC presso l'Università di Roma Tre (2013) e il Master annuale di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” attivo presso il medesimo ateneo (2019). Dal mese di gennaio 2022 al marzo 2024 ha collaborato con l'Institutum Carmelitanum di Roma conducendo ricerche su alcune chiese Carmelitane demolite e ricostruendone la storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'ISPC - CNR, dove si occupa di analizzare storicamente il fenomeno del vandalismo sul patrimonio naturale e culturale in Italia per la redazione di linee guida funzionali alla mitigazione del rischio.