Il ruolo di Giorgio Castelfranco nella difesa e tutela del patrimonio artistico italiano (parte 3)

Come anticipato negli articoli precedenti, in questo terzo e ultimo, andremo a vedere quale fu il ruolo di Giorgio Castelfranco nelle operazioni di salvataggio e recupero delle opere d’arte italiane negli anni dal 1944 al 1947.

Per meglio comprendere in quale contesto si inserì l’operato di Castelfranco, occorre aprire una piccola parentesi su quelle che furono le misure adottate e le forze messe in campo non solo dalle soprintendenze italiane ma anche dall’esercito alleato.

Iniziamo, quindi, con lo spiegare come nacquero i cosiddetti Monuments Men, che contribuirono in maniera determinante alla salvaguardia e al recupero del patrimonio culturale europeo. La American Commission for the Protection and Salvage of Artistic and Historic Monuments in Europe (conosciuta come la Roberts Commission, dal nome del suo presidente Owen J. Roberts) fu istituita dal Presidente Roosvelt il 23 giugno 1943, con lo scopo di salvaguardare il patrimonio culturale nelle aree dove era in corso il secondo conflitto mondiale, senza però interferire con le operazioni militari. La Roberts Commission ebbe così il ruolo di comunicare alle unità militari i luoghi di interesse culturale, monumenti e depositi di opere d’arte in modo che essi non venissero bombardati. Dopo la guerra la Commissione prese parte alle operazioni di restituzione delle opere d’arte che erano state confiscate e trafugate dai nazisti.

La Commissione propose la creazione della Monuments, Fine Arts and Archives (MFAA) section proprio allo scopo di proteggere e restituire ai legittimi proprietari le opere d’arte. Molti ufficiali di questa sezione, conosciuti poi come Monuments Men erano direttori di musei, storici dell’arte, artisti, non solo uomini, ma anche donne. Nel dopoguerra, durante il periodo di occupazione militare della Germania, essi lavorarono presso i Collecting Points, i luoghi, cioè, dove le opere e gli oggetti d’arte erano stati raccolti in attesa di essere restituiti ai paesi di provenienza.

Tra i circa trecentoquaranta uomini e donne che presero parte alla MFAA, per la Toscana giocò un ruolo fondamentale Frederick Hartt. Emozionante è il suo libro Florentine Art Under Fire, resoconto dei successi e fallimenti riportati dagli alleati nel tentativo di proteggere il patrimonio artistico della Toscana, culla del Rinascimento. Analogamente, nel suo Final report, redatto nel 1945 per il capitano Deane Keller, Hartt descrive e racconta il lavoro svolto dagli ufficiali della MFAA in territorio toscano tra il giugno e l’agosto 1944. Via via, infatti, che le città toscane venivano liberate, gli ufficiali alleati iniziarono a compiere sopralluoghi ai vari depositi dove erano state messe in sicurezza le opere delle gallerie fiorentine. Hartt giunse presso il deposito di Montegufoni il primo agosto 1944. Da quel momento il castello divenne una sorta di quartier generale dei Monuments Men impegnati sul territorio. Nei giorni successivi altri ufficiali alleati arrivarono sul posto. Tra questi il colonnello Henry Newton, il luogotenente Robert Lippman, il maggiore Ernest T. DeWald, i capitani Roderick Enthoven, A. Sheldon Pennoyer ed Ellis. Anche Emilio Lavagnino e Giorgio Castelfranco giunsero sul posto, inviati dalla Direzione Generale Belle Arti, per affiancare i Monuments Men nei sopralluoghi ai vari depositi, in particolare presso Montagnana, Montegufoni e Poppiano. Nel frattempo il capitano Dean Keller era impegnato nella provincie di Grosseto e Siena, sul versante Livornese e presso Volterra. Il maggiore Norman Newton portava avanti lo stesso tipo di lavoro nella provincia di Arezzo.

“Il mese di agosto a Montegufoni – scriveva Hartt – rimarrà per sempre nella memoria di coloro che vi furono connessi. Il magnifico paesaggio toscano risuonava del fragore dell’artiglieria. Commovente era il contrasto tra la bellezza dei grandi capolavori dell’arte italiana che riempivano le ville e i castelli e la battaglia che li circondava. Le bombe che cadevano tutto intorno a noi e che avrebbero potuto causare irrimediabili danni al patrimonio artistico nonostante tutte le precauzioni prese, i rocamboleschi viaggi tra carri armati, fucili, camion sotto soffocanti nuvole di polvere e il caldo violento, contribuirono a rendere quei giorni piuttosto intensi”.

Castelfranco arrivò il 6 agosto a Montegufoni e il 7 fu a Montagnana, dove erano in deposito opere degli Uffizi, della Galleria Palatina, degli appartamenti reali di Palazzo Pitti, quali la Minerva e il Centauro di Sandro Botticelli, il Bacco e l’ Amore dormiente del Caravaggio. Alcuni giorni prima proprio questi e altri dipinti (in totale 257!) erano stati trasportati con camion dal rifugio di Montagnana a Marano, paese a circa venti chilometri a sud di Modena.

Soldati tedeschi con la Pallade e il Centauro del Botticelli durante il trasporto in Alto Adige nell’estate del 1944. Fonte immagine: toscananovecento.it.

L’8 e il 9 agosto Castelfranco era presso la villa e il castello di Poppiano, il 10 al castello di Oliveto (Castelfiorentino), dove erano dipinti e casse delle Gallerie, di Chiese Fiorentine e della Fondazione Horne: in tutto 189 dipinti, 9 sculture e trentasette casse. Qui, oltre a Castelfranco e Cesare Fasola, quest’ultimo inviato dal CTNL (Comitato Toscano di Liberazione Nazionale), giunsero in aiuto lo stesso Hartt e il maggiore (nonché pittore e fotografo) Pennoyer. A Oliveto, infatti, la situazione rivendicava una maggiore attenzione: insieme alla Villa Bossi Pucci a Montagnana, era stato uno dei depositi oggetto dei prelievi tedeschi di fine luglio. Le opere, quindi erano state trasferite al nord. Un episodio singolare accadde proprio alle opere in deposito a Oliveto. Lo racconta il soprintendente Giovanni Poggi in una lettera ad Anti del 20 luglio 1944:

“Nella notte della domenica 16 luglio fui avvertito dal Dott. Popp del Consolato Germanico che un convoglio di tre camion sarebbe partito nella stessa notte da una località non bene specificata della Valdelsa per portare opere d’arte al comando germanico di Piazza San Marco in Firenze, dove sarebbero arrivate alle otto della mattina. Mi chiedeva di essere presente all’arrivo. Infatti alle otto arrivarono i camion, accompagnati dal […] Cav. Augusto Conti consegnatario del nostro deposito di Oliveto. Ci fu detto che essendo il Castello di Oliveto sotto il tiro dell’artiglieria nemica il Comando militare della zona aveva disposto l’immediato trasporto a Firenze delle opere d’arte. Questa operazione era stata eseguita […] dal colonnello Von Hofmann. Le opere d’arte furono scaricate nel Museo di San Marco: erano ottantaquattro dipinti, venti tre casse e cinque pezzi di cornici. Il resto era rimasto ad Oliveto. Per fortuna, nonostante che il carico fosse avvenuto di notte e con l’opera di soldati, gli oggetti sono arrivati in buono stato, con lievi danni che possono essere facilmente riparati. Il Cav. Conti cha accompagnava il convoglio mi disse però che non era esatto che il Castello di Oliveto fosse già sotto tiro dell’artiglieria e che anzi la zona, che è appartata e non su strade di grande comunicazione, era ancora abbastanza tranquilla. Egli aveva però dovuto eseguire gli ordini impartiti dal Comando militare. Aggiunse poi, che oltre agli oggetti trasportati erano anche stati presi due dipinti di Luca Cranach l’Adamo ed Eva della Galleria degli Uffizi, i quali erano stati caricati su una autoambulanza per ordine del colonnello Von Hofmann e non erano arrivati a Firenze. […] Impressionato dalla cosa non appena arrivò a Firenze il Langsdorff (che fu il lunedì 17) gliene parlai. Egli si rese subito conto della gravità del fatto e nella notte fra il 17 e il 18 luglio si recò ad Oliveto. Tornato mi fece sapere […] che non era il caso di provvedere al trasporto delle altre cose rimaste ad Oliveto, perché la località era ritenuta abbastanza sicura: quanto ai due Cranach, egli ne era già sulle tracce e restava personalmente responsabile della loro restituzione”.

La maggior parte delle opere che i tedeschi prelevarono dai vari depositi toscani durante la ritirata, vennero portate, in Alto Adige, nei depositi di Campo Tures e San Leonardo di Passiria, territorio che, politicamente parlando, era già annesso all’Austria. Era quindi necessario prelevare le opere in tempi abbastanza stretti. Hartt e, il funzionario della Soprintendenza fiorentina, Filippo Rossi, arrivarono, però, in Alto Adige solo nel giugno del 1945. Trovarono le opere nascoste in un castello e in alcune prigioni, senza protezioni o imballaggi. Così erano state trasportate fino a lì. Ad un primo controllo risultarono mancare l’Ercole e Anteo e l’Ercole e l’Idra del Pollaiolo. Le due piccole tavolette furono recuperate anni dopo da Rodolfo Siviero. Hartt decise di far rientrare le opere a Firenze il prima possibile. Rossi radunò un gruppo di esperti, i quali iniziarono le operazioni di imballaggio delle opere, che viaggiando su treno, nonostante la difficoltà di linee interrotte e ponti distrutti, arrivarono a Firenze, accolte con una toccante cerimonia in piazza della Signoria il 22 luglio 1945.

Il ruolo di Castelfranco in questa vicenda, fu, quindi, quello di verificare nei vari depositi, confrontando i vari elenchi che erano stati redatti dalla soprintendenza fiorentina al momento della consegna delle opere, quali di queste mancassero all’appello perché prelevate dai nazisti, e lo stato di quelle rimaste in loco. Un lavoro, questo, che consentì poi l’individuazione delle opere in Alto Adige e la realizzazione degli elenchi di quelle mancanti, per le quali occorreva procedere a operazioni di individuazione e recupero. Ecco, quindi, che, portati a termine i sopralluoghi ai depositi toscani, Castelfranco fu chiamato a prendere parte proprio alle operazioni di recupero delle opere d’arte ancora mancanti, perché portate oltre i confini italiani. Tra il 1946 e il 1947 fu uno dei membri della prima Missione italiana per il recupero delle opere d’arte in Germania presso il Central Collecting Point di Monaco.

Egli scriveva, alla fine del 1946 in un articolo pubblicato l’anno seguente, a proposito del ritrovamento delle opere trafugate in Germania:

“[…] posso dire, benché io abbia messo piede al Central Collecting Point alla fine di questo ottobre, quando già erano state rispedite migliaia e migliaia di opere, di non aver mai visto un deposito di opere d’arte di simile vastità. Anzitutto vi sono le opere d’arte dei molti musei di Monaco e in gran parte dei musei e delle chiese della Baviera, e poi tutte le smisurate e confuse collezioni di Göring, e poi tutto quello che i nazi hanno portato via dalla Francia, dal Belgio, dall’Olanda, e soprattutto le collezioni di ebrei francesi, fra cui l’assieme Rotschild, di una ricchezza imponente, e interi musei di paesi occupati, nemici o satelliti […]”.

Operazioni di numerazione e catalogazione presso il Collecting Point di Monaco. Fonte immagine: A. Castellani. F, Cavarocchi, A. Cecconi, a cura di, Giorgio Castelfranco un monument man poco conosciuto catalogo della mostra (Firenze, Museo Casa Siviero, 31 gennaio-31 marzo 2015).

Il lavoro di Castelfranco, in qualità di rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione,  si concentrò sulla ricerca e catalogazione di pezzi di provenienza italiana; si trattava di un lavoro complesso, data la necessità di ispezionare per la prima volta i materiali custoditi al Collecting Point. I minuziosi appunti annotati nel taccuino, che Castelfranco portò con sé per tutta la durata della missione, e le relazioni che egli stilò in questa fase testimoniano quanto il lavoro fu svolto in maniera puntigliosa e sostenuto da ampie competenze tecniche e storico-artistiche. Esso era in continuità con la preziosa opera di inventariazione del patrimonio effettuata già a partire dagli anni ’30 presso le varie soprintendenze presso cui Castelfranco aveva lavorato, ma anche e soprattutto di quel patrimonio che era stato asportato, disperso o danneggiato dalle offese belliche e che Castelfranco aveva avuto modo di ispezionare nell’estate del ’44. Si presentava, adesso, la necessità di accompagnare le richieste di restituzione formulate dal governo italiano attraverso una documentazione dettagliata, che ricostruisse la storia e la provenienza dei singoli pezzi, a partire dalla loro collocazione prebellica, ma anche e soprattutto le circostanze e la cronologia delle asportazioni.

Nel lavoro di indagine e identificazione delle opere d’arte di provenienza italiana, Castelfranco non si concentrò unicamente sui casi di pezzi provenienti dalle collezioni pubbliche, come le gallerie napoletane o di Venezia e Firenze, ma anche su opere provenienti da collezioni private di antiquari e collezionisti italiani e in particolare fiorentini. Raccolse, così, informazioni circa le opere che erano confluite nelle collezioni di Hitler e Goering e che questi o i loro emissari avevano scambiato con personaggi del commercio antiquario, quali Contini Bonacossi,  Bellini e Ventura. Di particolare importanza fu il lavoro svolto da Castelfranco nella raccolta di informazioni circa le opere delle scambio Goering-Ventura, di cui abbiamo già ampiamente trattato in un precedente articolo pubblicato su questo blog. Ricordiamo brevemente che la risoluzione dell’ Affare Ventura creò quel precedente secondo cui si riconosceva la legittimità della restituzione allo Stato italiano di quei beni che fossero stati trasferiti in Germania con la violenza o la costrizione da rappresentanti del regime nazista oppure attraverso scambi e compravendite intercorsi tra cittadini italiani e tali personalità dello stato germanico anche prima dell’8 settembre 1943. La restituzione di questa categoria di opere fu, però, possibile solo nel 1954, in seguito cioè al Trattato di pace di Parigi, sottoscritto il 10 febbraio 1947, e l’accordo De Gasperi – Adenauer del 1953.

D’altra parte grazie al prezioso operato di Castelfranco, fu immediatamente possibile la restituzione all’Italia di un primo cospicuo nucleo di opere d’arte, a cui si aggiunsero cinque campane provenienti dalla provincia di Lucca rinvenute a Regensburg. La maggior parte di queste opere proveniva dalle gallerie napoletane: quattro statue in bronzo di epoca romana, gli ori di Ercolano e Pompei, appartenenti al Museo nazionale, vari dipinti provenienti dalla Pinacoteca di Napoli, fra i quali la Danae di Tiziano, ma anche la Parabola dei Ciechi di Bruegel, un Ritratto femminile di Parmigianino e opere di Filippino Lippi, Raffaello, Sebastiano del Piombo, Palma il Vecchio.

Le opere furono ufficialmente consegnate alla delegazione italiana il 7 agosto 1947; l’8 agosto la spedizione giunse a Bolzano, dove esse furono esposte due giorni per poi proseguire il viaggio verso Roma; qui avvenne un pubblico passaggio di consegne, presenziato dal ministro della Pubblica Istruzione Guido Gonella. Nelle settimane successive fu Castelfranco stesso a curare, nella sua veste di alto funzionario del Ministero, la preparazione e l’allestimento della prima Mostra delle opere d’arte recuperate in Germania, che si tenne dal 10 novembre 1947 al 10 gennaio 1948 presso la Villa della Farnesina di Roma.

Per i riferimenti archivistici e bibliografici si rimanda alla prima e seconda parte di questo approfondimento (link).

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Caterina Zaru

Scritto in data: 11 ottobre 2020

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.

La Regione Toscana, proprietaria del Museo Casa Siviero e di tutte le opere e i documenti lì conservati, concede alla dott.ssa Caterina Zaru le immagini digitalizzate delle stampe fotografiche conservate a Casa Siviero per essere utilizzate a scopo illustrativo sul blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”.

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

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