La fu Villa Ludovisi: ricordo di una villa principesca a Roma

Documentarsi e ricostruire monumenti, ville e strade rimosse dalla topografia di Roma è coinvolgente ma al tempo stesso sconvolgente. Grande è infatti la perdita del patrimonio culturale e paesaggistico della città, che non è rimasta certo indenne ai millenari passaggi storici e quindi ai cambiamenti che questi portarono con sé. Oggi torneremo sulle tracce di un’altra villa urbana che non esiste più: Villa Ludovisi, la fu Villa Ludovisi.

Ci troviamo a pochi passi da Piazza Barberini, al cui centro possiamo osservare la bella fontana del Tritone che Gianlorenzo Bernini scolpì negli anni Quaranta del Seicento. All’incirca nello stesso periodo un cardinale, Ludovico Ludovisi, decise di costruire una villa che, una volta ultimata, giunse ad occupare ben 26 ettari classificandosi seconda in grandezza dopo la villa di Sisto V. L’area di cui ci accingiamo a parlare si estendeva, in lunghezza, da Piazza Fiume all’attuale Via Francesco Crispi, mentre in larghezza dalle Mura Aureliane (dirimpetto a Villa Borghese) a Palazzo Margherita, oggi sede dell’ambasciata americana.

Come Villa Montalto, anche Villa Ludovisi aveva due edifici, uno principale ed un altro di dimensioni ridotte, che il cardinale decise di ristrutturare essendo entrambi preesistenti. Ad oggi rimane in piedi solo la costruzione più piccola, il Casino dell’Aurora, così chiamata per l’opera di Guercino, datata al 1621, rappresentante l’Aurora trainata su di un carro da due cavalli.

Roma, Casino Ludovisi, l’Aurora di Guercino, 1621 (Guercino, Public domain, via Wikimedia Commons)

L’edificio è anche noto poiché, al suo interno, si conserva un’altra pittura murale, l’unica nota attribuita a Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, ovvero Giove, Nettuno e Plutone con il cane Cerbero.

Roma, Casino Ludovisi, il Giove Nettuno e Plutone con il cane Cerbero di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, 1599 ca. (Caravaggio, Public domain, via Wikimedia Commons)

La presenza di quest’opera si deve al fatto che un importante committente di Caravaggio, il cardinale Francesco Del Monte, aveva riacquisito il complesso dal cardinale Aldobrandini cui, in precedenza, lo stesso Del Monte aveva dovuto cederlo. Quindi, attorno al 1599 pensò di impreziosire questo gioiello architettonico con un’opera dell’artista, da pochi anni giunto a Roma. Il dipinto adorna il soffitto di un piccolo camerino con la raffigurazione di tre divinità, ognuna corrispondente ad un elemento: Plutone la terra, Nettuno l’acqua e Giove l’aria. Nella trattatistica alchemica, questi elementi verrebbero letti nel passaggio dei tre stadi della materia, quindi dal solido al liquido fino all’aereo. Dopo i tre passaggi della materia, di cui l’artista ha saputo rappresentare il dinamismo del cambiamento nel fare concitato dei personaggi, si giunge alla trasmutazione finale, la pietra filosofale, simbolo dell’alchimia stessa, che nell’opera è la sfera al centro della composizione. Alcuni studiosi ritengono che una così peculiare scelta iconografica potrebbe essere stata dettata dalle inclinazioni del cardinale all’esoterismo, che lo stesso metteva in pratica proprio in quest’ambiente.

Pochi anni fa, dopo la morte dell’ultimo dei principi, Nicolò Boncompagni Ludovisi, il Casino è stato messo all’asta con una stima pari a 451 milioni di euro. Allo stato attuale, dopo notevoli ribassi, il complesso rimane ancora invenduto, ma nel frattempo molti sono stati gli auspici di chi vorrebbe che lo Stato esercitasse il diritto di prelazione: a favore di quest’ultimo scenario, lo scorso anno Change.org ha lanciato una petizione raccogliendo oltre 40.000 firme a favore. Di questa storia, una nota positiva è che il Casino è stato dichiarato di interesse culturale, motivo per cui su di sé hanno vigore i vincoli previsti dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (si rimanda a: L. Miucci, “L’acquisto di beni culturali in via di prelazione”; L. Miucci, “La verifica e la dichiarazione dell’interesse culturale: una breve esegesi degli artt. 12 e 13 del Codice dei beni culturali e del paesaggio”).

Alla fine del XIX secolo l’edificio più grande venne inglobato in una nuova struttura, che è Palazzo Margherita dell’architetto Gaetano Koch: attuale ambasciata degli Stati Uniti di America, agli inizi del Novecento esso ha assunto questo nome per via di una sua coinquilina speciale, la regina Margherita di Savoia la quale, a seguito della morte del marito Umberto, decise di vivere lì e non al Quirinale.

Roma, Palazzo Margherita (Lalupa, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons)

Tuttavia, del precedente palazzo rimane ancora una traccia visibile se con un drone sorvolassimo l’area.

Al centro dell’immagine è Palazzo Margherita, sede dell’ambasciata americata in Roma. I due edifici retrostanti ed addossati allo stesso sono ciò che rimane di Palazzo Ludovisi (foto Google Maps)

Il Palazzo era anche noto con il nome di Palazzo Piombino: infatti i Boncompagni Ludovisi (il doppio cognome venne assunto nel Settecento) erano proprietari anche di un altro immobile, oggi non più in piedi, che si affacciava lungo Via del Corso all’altezza di Piazza Colonna.

Esso era così chiamato perché la famiglia deteneva il ducato di Piombino. Al suo posto, dopo essere stato demolito alla fine dell’Ottocento, nel 1922 venne inaugurata Galleria Colonna, oggi nota anche con il nome di Galleria Alberto Sordi. Perciò, quando il palazzo su Via del Corso venne distrutto, Koch fu incaricato di progettare il palazzo in Villa Ludovisi.

Con il passare dei decenni, attorno alla villa accrebbe un alone di mistero e curiosità al punto che molte furono le leggende che iniziarono a fioccare. Ad esempio si ricorda un episodio, forse avvenuto nel Settecento, che vedrebbe protagonista nientemeno che il papa: questo, passando davanti alla villa con il desiderio di visitarla, non avrebbe avuto il permesso di entrare perché privo di un invito ufficiale; il giorno dopo gli fu recapitato un messaggio indirizzatogli da un Boncompagni Ludovisi che recitava «sebbene Sua Santità possedesse le chiavi del Paradiso e dell’Inferno non aveva mai posseduto le chiavi della Villa Ludovisi»[1]. Tale fascino misterioso avrà probabilmente interessato anche re Vittorio Emanuele se, nel 1872, indicò in Villa Ludovisi la dimora in cui risiedere insieme alla seconda moglie Rosa Vercellana, la bea Rosin, pagando 50 mila lire all’anno.

Ma di lì a breve Villa Ludovisi iniziò il suo lento declino a causa dell’abolizione della norma del fedecommesso attraverso la quale, in sintesi, si obbligava le generazioni ad ereditare le proprietà di famiglia. Perciò alla morte del padre Antonio, il principe Rodolfo Boncompagni Ludovisi cedette la villa alla Società generale immobiliare che la frazionò in tanti lotti edificabili. Inoltre, il risultato di questa vendita fu fallimentare perché presto sulla città si abbatté una storica crisi edilizia che, dopo un innalzamento vertiginoso dei prezzi, ne vide l’improvviso crollo. I principi, detentori ancora dell’ultima proprietà rimasta alla famiglia, Palazzo Boncompagni Ludovisi (alias Palazzo Piombino), da poco ricostruito dal Koch, pensarono bene a disfarsene vendendolo a dei buoni acquirenti, i Savoia. Nell’arco di pochi anni, il resto degli ettari fu occupato dal nuovo rione Ludovisi, l’elegante quartiere che però, soltanto nel nome, riecheggia quel che fu questa villa principesca.

Bibliografia essenziale:

S. Caviglia, Guida inutile di Roma. Luoghi e storie dalla città di un tempo, Napoli 2020.

R. Vodret, Caravaggio. L’opera completa, Cinisello Balsamo 2009.

M. Calvesi, Arte e alchimia, Milano 1998.

Sitografia:

M. Garacci, Caravaggio e il Casino Ludovisi: la vendita del secolo, su MicroMega.net (10.01.2022): https://www.micromega.net/caravaggio-casino-ludovisi-vendita/

L. Montagnoli, Un’altra asta deserta per il Casino dell’Aurora che conserva un dipinto murale di Caravaggio, su Artribune.com (18.01.2023): https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/politica-e-pubblica-amministrazione/2023/01/asta-deserta-il-casino-aurora-dipinto-caravaggio/

Skytg24, Andata nuovamente deserta l’asta per il Casino Ludovisi, il prezzo sarà ribassato (07.04.2022): https://tg24.sky.it/roma/2022/04/07/asta-casino-ludovisi-roma


[1] CAVIGLIA 2020, p. 52.

Abstract:

The Villa Ludovisi was the second biggest villa in Rome. It was built during the XVII century by the cardinal Ludovico Ludovisi. Its extension was from Fiume Square to Francesco Crispi’s street and from the Aurelian Walls (near Villa Borghese) to Margherita’s Palace (the actual American embassy). At the moment, the Casino of the Aurora is the only existent trace of the villa and it takes the name from Guercino’s masterpiece The Aurora. Inside it, there is another artwork, Giove, Nettuno e Plutone con il cane Cerbero by Caravaggio. The Casino of the Aurora is declared of cultural value, but is actually on sale. The Villa Ludovisi started its decline during the XIX century when Boncompagni Ludovisi sold it. Today, in its place, there is an elegant district, the rione Ludovisi, which reminds to the name of a princely villa.

Keywords: Villa Ludovisi, XVII century, Ludovico Ludovisi, Casino of the Aurora, Guercino, Caravaggio, Boncompagni Ludovisi, Margherita’s Palace, rione Ludovisi.

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Giulia Abbatiello

Scritto in data: 9 luglio 2023

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Pubblicato da Giulia Abbatiello

Storica dell'arte, Bibliotecaria e abilitata all'insegnamento della Storia dell'Arte (classe A-54) nelle scuole secondarie di secondo grado. Si laurea nel 2020 in Storia dell'Arte con 110 e lode all’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". L'anno successivo consegue il diploma di Master di II livello in “Strumenti scientifici di supporto alla conoscenza e alla tutela del patrimonio culturale” presso l'Università degli Studi di “Roma Tre”. Diplomatasi presso la Scuola Vaticana di Biblioteconomia (2023), ha preso parte al al progetto di catalogazione del libro antico del Fondo "Antichi e Rari" della Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana e collabora attualmente al progetto di catalogazione dei manoscritti miniati del Fondo "Urbinate" nell’ambito del “Censimento e catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Apostolica Vaticana”, sostenuto dall’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e dall’Università degli Studi della Tuscia.