La lacuna dell’opera d’arte a 60 anni dalla Teoria del restauro: un dibattito sempre aperto

A distanza di 60 anni dalla pubblicazione della Teoria del restauro di Cesare Brandi, un convegno di tre giorni, organizzato a Roma dal Parco Archeologico di Ostia Antica, fa il punto sullo stato dell’arte del settore, con un focus preciso su quello che è, da sempre, elemento di discussione e di confronti ancora aperti: la lacuna.

Il restauro è una pratica in continua evoluzione: muta nel tempo al mutare della cultura e della tecnica. A tal proposito, qualche anno fa, Marco Ciatti, storico dell’arte e Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, scriveva che il concetto di restauro è «figlio della cultura del proprio tempo e in ogni secolo gli uomini sono stati convinti di eseguire correttamente il restauro salvo poi rendersi conto successivamente che le loro scelte potevano essere non condivisibili». [1]

Il restauro è inoltre profondamente legato alla concezione dell’opera d’arte che è, a sua volta, mutevole. Citando ancora Ciatti: «un certo modo di intervenite sull’opera d’arte riflette sempre un certo modo di vederla, di intenderla» [2].

Dal 24 al 26 gennaio si è svolto a Roma il convegno Χάσμα. Il trattamento della lacuna: principi, metodologie del restauro e attualità della teoria di Cesare Brandi che è stato un’importante occasione per riflettere e confrontarsi, a distanza di 60 anni dalla pubblicazione della Teoria del restauro brandiana, sullo stato dell’arte del settore.

L’evento, dislocato in due diverse sedi (nell’Aula Magna del Dipartimento di Architettura di Roma Tre, presso l’ex Mattatoio a Testaccio e nell’Aula Magna della Facoltà di Architettura dell’Università Sapienza) è stato organizzato dal Parco archeologico di Ostia antica e promosso e sostenuto da CoRes-Project (Conservazione & Restauro).

Roma, Testaccio, Ex Mattatoio/Facoltà di Architettura, Università degli Studi Roma Tre (Nicholas Gemini, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, da Wikimedia Commons)

Come intuibile dal titolo, il focus del dibattito è stato il trattamento della lacuna, intesa in tutte le possibili declinazioni (interruzione del testo pittorico, mancanza di strati preparatori, parte mancante di un’architettura) e da sempre questione centrale per chi si occupa di restauro del patrimonio artistico. Essa costituisce, infatti, il punto di contatto per eccellenza tra l’operatività e la riflessione concettuale che ogni intervento conservativo pretende.

Uno degli obiettivi del convegno era rimettere in evidenza che il restauro, prima di farsi pratica, è “atto critico di un percorso in primis cognitivo come ha affermato nell’introduzione Tiziana Sòrgoni, curatrice dell’evento insieme ad Alessandro D’Alessio, Maria Carolina Gaetani e Alessandro Lugari. [3]

Ad aprire i lavori sono stati Massimo Osanna, Direttore Generale Musei, Giovanni Longobardi, Direttore del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre e Alessandro D’Alessio, Direttore del Parco Archeologico di Roma.

Proprio D’Alessio, insieme a Stefano Borghini, funzionario architetto del Parco Archeologico del Colosseo, ha presentato il primo di una lunga serie di interventi che si sono susseguiti nelle tre giornate di lavori. Nella sua trattazione, D’Alessio ha sottolineato l’importanza del coraggio di avanzare ipotesi di ricostruzione delle lacune anche in ambito archeologico poiché “la formulazione dell’ipotesi come integrazione di una lacuna di conoscenza, basata sull’intuito è scienza tanto quanto quella di un’ipotesi dimostrata, perché è l’espressione pioneristica e coraggiosa che permette, per abduzione appunto, di indagare e interpretare l’ignoto”.

(Courtesy of Parco Archeologico di Ostia Antica)

Se la lacuna è quindi un trampolino di lancio per una “fantasia partecipe”, essa è anche fonte di importanti e precise informazioni, come ha spiegato Eliana Billi, presentando i primi risultati di un’interessante ricerca che unisce arte e neuroscienza. Lo studio, condotto da un gruppo multidisciplinare di esperti dell’Università Sapienza, si è avvalso dell’utilizzo dell’Implicit Association Test (IAT), riuscendo a valutare “la ricezione visiva intuitiva e spontanea” di tre categorie di osservatori – fruitori comuni, storici dell’arte e restauratori – messi dinanzi ad un dipinto lacunoso. Dai dati raccolti è emerso, in breve, che i restauratori non solo non sono disturbati dalla presenza di parti mancanti, ma fissano su di esse il proprio sguardo, più spesso e più a lungo, poiché le lacune offrono loro accesso diretto alla materia costitutiva e alla storia conservativa dell’opera d’arte.

Non è possibile in questa sede fornire una presentazione completa ed esaustiva degli interventi presentati provenienti da diverse regioni, davvero numerosi e spesso stimolanti, capaci di spaziare dal restauro pittorico a quello musivo, dalla statuaria alle reintegrazioni in ambito architettonico.

Per chi lo desidera, sul canale Youtube del Parco Archeologico di Ostia, sono disponibili le registrazioni delle tre giornate di lavori.

Abstract:

After 60 years since the publication of Cesare Brandi’s “Teoria del restauro” (1963), a three-day conference titled “Χάσμα. Il trattamento della lacuna: principi, metodologie del restauro e attualità della teoria di Cesare Brandi,” organized in January in Rome by the Archaeological Park of Ostia Antica, assesses the current state of the art in the field. The conference specifically focuses on what has always been a subject of discussion and ongoing debates: the lacuna. The lacuna is indeed one of the strongest points of contact between operational aspects and criticism in all application sectors of restoration. It is possible to review the interventions presented during the conference on the archaeological park’s YouTube channel.

Keywords: lacuna; Cesare Brandi; restoration; archaeology; research; conference; neuroscience

Autore del contributo per il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”: Matilde Atorino

Scritto in data: 31 gennaio 2024

Le immagini, delle quali è indicata la fonte, sono inserite per puro scopo illustrativo e senza alcun fine di lucro.

Il contributo è scaricabile in formato pdf al seguente link.


[1] M. Ciatti, Appunti per un manuale di storia e di teoria del restauro, Firenze 2009.

[2] Ibidem.

[3] In collaborazione con il Dipartimento di Architettura di Roma Tre, il Dipartimento di Storia Disegno e Restauro dell’Architettura e la Scuola di Specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio Sapienza Università di Roma.

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Pubblicato da Matilde Atorino

Laureata presso l'Istituto Centrale per il Restauro nel settore dei dipinti, ha svolto la professione di restauratrice dal 2006 al 2020, in proprio e per 4 anni come dipendente dei Musei Vaticani. Nel 2022 ha conseguito il titolo del Master di I livello "La scienza nella pratica giornalistica" presso La Sapienza, con una tesi sulla comunicazione del restauro. Ama viaggiare, soprattutto in bici.